In mezzo alla monnezza di quegli anni bui della crisi dei rifiuti, di quella stagione lontana dal turismo, dall'euforia del calcio, dalle vacche grasse del cinema napoletano, spuntò un fiore.

Un fiore forte e luminoso, che coinvolgeva, creava, faceva stare insieme le persone, che gridava a tutti che bisognava svegliarsi dal torpore, che la vita può cambiare, che tutto può cambiare, sempre, e che dipende solo da noi stessi.

Gaetano Di Vaio ha preso di forza i riflettori e li ha puntati sulla città che nessuno vuol vedere. Ha strappato il tappeto sotto ai piedi delle persone "per bene" e ha fatto vedere tutto il sudiciume che vi era nascosto. Ha costruito mondi, inventato storie, raccontato cosa significa subire la violenza della strada, della vita, del carcere, dei potenti, e cosa vuol dire non piegarsi mai a nessuna violenza, ricominciare ogni giorno, ogni volta, anche subendo il sarcasmo e lo scetticismo della borghesia napoletana (“Non mi avrete mai”, Einaudi).

Gaetano Di Vaio è stato il Bronx nei salotti, come la sua casa di produzione “Bronx Film”, il pugno in faccia agli indifferenti, l'abbraccio vero per tutti quelli che si sentono a disagio nel mondo, nelle gerarchie costruite ad arte per far sentire le persone inferiori e soggiogate. Una cosa incredibile: un uomo dal passato così tormentato, che diventa produttore cinematografico, senza avere nessun capitale di partenza.

Ha inventato un cinema nuovo, differente, ha costruito film impensabili, come “Il loro Natale”, che raccontava il carcere da una prospettiva inedita. Ha lanciato il talento di Guido Lombardi, vincendo il Leone del Futuro alla Mostra del Cinema con “Là Bas”, un film meraviglioso, tutto recitato da attori afrodiscendenti e africani, sulla dura realtà degli immigrati in Italia, che ricostruiva la strage di Castel Volturno.

E poi l’incontro con Abel Ferrara, le decine di iniziative sociali e artistiche, film su argomenti scomodi, come “Veleno”, di Diego Olivares, sulla Terra dei Fuochi, “Rosa Pietra Stella” di Marcello Sannino, e finanche la commedia di Carlo Luglio “Ladro di Cardellini”.

E storie di Rom, di inquilini abusivi, di ultimi, storie di vita. Attore per Guido Lombardi (Take Five), mattatore anche politico (molto importante il suo impegno al fianco di Luigi de Magistris nella sua Napoli Nord), ma soprattutto un uomo dalla simpatia travolgente, affascinante e vitale, leale e generoso.

Poi, un banale fosso in una via sgarrupata, l’ennesimo ostacolo sulla sua strada, ha incontrato il suo scooter, e stavolta lo ha fermato per sempre. Lascia tre figli, e lascia noi, gli strani, gli storti, gli irregolari, senza punti di riferimento.

Sarà a lungo ricordato come un benemerito da tutte le donne e gli uomini che operano nella cultura, un esempio di cittadinanza attiva e un grande modello positivo per tutti. Niente è deciso, dipende da noi, anche se costa fatica. Siamo stati tutti in qualche modo detenuti in qualche galera, fisica, emotiva, caratteriale. Siamo stati tutti figli di un Bronx qualsiasi.

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