Qualche «mente raffinatissima», per usare le parole di Giovanni Falcone, ha visto nella lotta di Alfredo Cospito contro il carcere duro lo strumento per indebolire le misure antimafia. I segnali arrivano dall’osservazione e il monitoraggio dei detenuti al 41 bis. Relazioni e documenti investigativi che riportano voci, commenti, strategie dei padrini in cella. Dai mafiosi di cosa nostra, alcuni protagonisti degli attentati a Falcone e a Paolo Borsellino, ai camorristi non solo del clan dei casalesi. In diverse carceri, dove è presente il regime speciale del 41 bis, dalle parole degli affiliati alle cosche emerge il piano: sostenere Cospito. 

Le mafie hanno deciso di usare il corpo e la battaglia dell’anarchico Cospito per abbattere il carcere duro, quel 41 bis da sempre nemico giurato delle organizzazioni criminali mafiosi.

Alla Camera dei deputati il deputato di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli, ha fatto riferimento agli incontri, all’interno del carcere di Sassari, di Cospito con un camorrista del clan dei Casalesi, Francesco Di Maio, e uno ‘ndranghetista, Francesco Presta. L’anarchico è ristretto al 41 bis, ha cumulato condanne definitive per 30 anni ed è in attesa del processo nel quale il procuratore generale di Torino ha chiesto la pena dell’ergastolo per l’attentato alla caserma allievi di Fossano nel 2006.

Da quanto risulta a Domani, però, non sono gli unici padrini delle cosche ad aver incontrato Cospito, autore della gambizzazione del manager dell’Ansaldo, Roberto Adinolfi. I criminali con cui l’anarchico è entrato in contatto durante la sua permanenza a Sassari sono  mafiosi e camorristi di primo piano che sono stati nelle scorse settimane compagni d’aria di Cospito. Il carcere duro, infatti, consente due ore d’aria e un’ora di socialità al giorno che ogni detenuto, sotto la continua vigilanza del Gom, il gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria,  trascorre insieme ad altri tre reclusi. 

Lo stragista di Capaci

Cospito ha, per esempio, condiviso i momenti di socialità con Pietro Rampulla: non è un mafioso qualunque, è l’artificiere della strage di Capaci, l’attentato che uccise Giovanni Falcone, la moglie, Francesco Morvillo, e gli agenti della scorta.Rampulla è l’anima nera di Cosa nostra, già iscritto a ordine nuovo, il movimento neofascista, colui il quale ha confezionato l’ordigno disposto sotto l’autostrada di Capaci, sospettato di rapporti anche con i servizi segreti. Anche lui ha sostenuto e incitato Cospito nella sua battaglia contro il 41 bis, il carcere duro introdotto per i mafiosi proprio dopo la strage di Capaci. 

Rampulla è considerato l’anima nera del gruppo stragista. I pentiti hanno parlato di lui e dei suoi rapporti con gli apparati deviati dello spionaggio. 

Nel gruppo dei 4 che hanno trascorso le ore ai passeggi con Cospito c’è anche Pino Cammarata, reggente del famigerato clan omonimo di Riesi, in provincia di Caltanissetta, membro dell’alta mafia, gente che conta nell’organizzazione criminale siciliana. 

Proprio a Sassari, ma senza avere contatti con Cospito, c’è anche un capo dei capi della mafia stragista, Leoluca Bagarella. 

Fermento mafioso

Segnali e vicinanze che non sono state ignorate dagli inquirenti, documenti nelle mani del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, guidato dal magistrato Giovanni Russo. In diverse carceri italiane, sezione 41 bis, camorristi non solo del clan dei Casalesi hanno espresso soddisfazione e sostenuto la battaglia di Cospito attraverso gesti, parole durante i servizi tv mandati in onda sulla battaglia condotta dall’anarchico, condannato per strage. Tutto monitorato e documentato. 

Il quadro che emerge, dunque, è chiaro: al di là della vicenda personale dell’anarchico, le organizzazioni mafiose vorrebbero sfruttare il momento per ottenere benefici. La camorra, la mafia e la ‘ndrangheta vogliono sfruttare le rivendicazioni anarchiche per raggiungere l’obiettivo storico di demolizione dell’istituto del 41 bis che consente di applicare limitazioni alle comunicazioni dei capi clan detenuti. 

I gruppi dei 4 vengono formati evitando vicinanze tra mafiosi dello stesso clan o della stessa consorteria criminale, valutando i provvedimenti di 41 bis comminati e le avvertenze fornite dalle distrettuali antimafia. 

Nomi che si aggiungono a quelli fatti in aula questa mattina da Donzelli: in particolare Francesco Presta, killer della mafia calabrese, che ha esortato Cospito a mantenere la linea dura, ad andare avanti, ricevendo rassicurazioni dall’anarchico terrorista che avrebbe spiegato che fuori non si stanno muovendo solo gli anarchici, ma anche altre associazioni. Quest’ultimo riferimento potrebbe riguardare varie sigle dell’antagonismo, pronte a intervenire nel caso estremo della morte dell’anarchico. 

Cospito in carcere ha affrontato l’altro tema caro ai boss, l’ergastolo ostativo: la necessità di portare il caso in Europa. Francesco Di Maio, boss del clan dei Casalesi, ha incoraggiato Cospito pochi giorni fa. Diceva il boss dei Casalesi: pezzetto dopo pezzetto, si arriverà al risultato,che sarebbe l'abolizione del 41-bis. Cospito avrebbe replicato così: deve essere una lotta contro il regime 41-bis e contro l'ergastolo ostativo, non deve essere una lotta solo per me. Per me, noi al 41-bis siamo tutti uguali. 

É ormai chiaro, perciò, che la situazione è incandescente. Il non avere agito subito da parte del governo ha lasciato margini di manovra ai boss reclusi al 41 bis, che hanno individuato nel tentativo trasformare Cospito in un martire il varco straordinario per ottenere i benefici richiesti fin dai tempi di Totò Riina. 

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