Ben prima delle 21.32 del 21 gennaio la pista di atterraggio dell’aeroporto di Tripoli era gremita di persone. Tutte in trepida attesa dell’eroe della giornata, il capo della polizia giudiziaria di Tripoli Njeem Osama Almasri Habish, rientrato in patria direttamente su un volo dall’Italia. Non solo per una questione procedurale, soprattutto per una volontà politica chiara: Almasri è riuscito a sfuggire alla giustizia della Corte penale internazionale (Cpi), che aveva emesso nei suoi confronti un mandato di cattura per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, commessi in Libia dal febbraio 2015.

Neanche il tempo di scendere dall’aereo che Almasri è stato preso dalla folla e caricato sulle spalle. Proprio sulla pista dell’aeroporto internazionale di Mitiga, la stessa che alcuni migranti, salvati negli anni dall’ong Mediterranea, hanno raccontato di aver costruito, ai lavori forzati, nei loro giorni di detenzione nel vicino centro di prigionia diretto dal generale libico. Il caso, fin dall’inizio era stato avvolto da un evidente silenzio da parte delle istituzioni per via dei rapporti economici e politici con il governo di Tripoli e per evitare una crisi diplomatica.

Tuttavia il rilascio ne ha innescata un’altra di crisi con la Cpi, che ha chiesto spiegazioni all’Italia. In una nota la Corte ha precisato di essersi «deliberatamente astenuta dal commentare l’arresto dell’indagato» in questi giorni. E di aver offerto aiuto alle autorità italiane «nel caso in cui dovessero individuare problemi che potrebbero ostacolare o impedire l’esecuzione della presente richiesta di cooperazione». In quel caso, da Roma avrebbero dovuto «consultare la Corte senza indugio per risolvere la questione».

Così non è stato: «Il 21 gennaio 2025, senza preavviso o consultazione con la Corte, Osama Elmasry Njeem sarebbe stato rilasciato e riportato in Libia», si legge nella nota. Cosa è accaduto, se lo domandano anche all’Aia: «La Corte sta cercando, e non ha ancora ottenuto, una verifica da parte delle autorità sui passi che sarebbero stati compiuti».

Cosa è accaduto

Almasri è stato rilasciato per un errore procedurale che poteva essere evitato se solo il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, fosse intervenuto tempestivamente.

È quello che emerge anche dall’ordinanza della Corte d’appello di Roma, nello specifico dal parere del procuratore generale: il «ministro interessato da questo Ufficio in data 20 gennaio, immediatamente dopo aver ricevuto gli atti dalla questura di Torino, e che, ad oggi (21 gennaio, ndr), non ha fatto pervenire nessuna richiesta in merito. Per l’effetto non ricorrono le condizioni per la convalida e, conseguentemente, per una richiesta volta all’applicazione della misura cautelare».

Sono tante le domande intorno al caso e a leggere le parole del procuratore sorgono diversi dubbi sulle azioni del ministero. Come è possibile che il ministro non abbia risposto a oltre un giorno di distanza? Perché, nonostante l’errore iniziale di procedura, non è intervenuto per trattenere Almasri in Italia e consegnarlo alla giustizia internazionale, vista la gravità delle accuse? Le opposizioni hanno chiesto in una conferenza stampa congiunta che la premier Giorgia Meloni riferisca in parlamento sul caso. «Chiediamo massima trasparenza su questa vicenda estremamente opaca», ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein.

Volontà politica

«La procura generale, nel parere, ha scritto nero su bianco che, pur avendolo informato, non ha ricevuto nessuna richiesta da parte del ministro. Se Nordio avesse richiesto alla procura di istruire la pratica chiedendo una misura cautelare, avrebbe potuto sanare la procedura», spiega a Domani Nicola Canestrini, avvocato esperto di diritto penale internazionale e ammesso al patrocinio davanti alla Cpi.

«Non si tratta di un errore o un cavillo procedurale, il ministro deve richiedere l’arresto di una persona ricercata dalla Cpi. Pur dopo l’imperdonabile errore della Digos, sarebbe bastato notificare al ricercato un ordine di carcerazione, in base alla nuova richiesta su iniziativa del ministro», aggiunge.

Il caso di Almasri è diverso rispetto alla vicenda dell’arresto di Mohammad Abedini, il cittadino iraniano fermato all’aeroporto di Malpensa su mandato di cattura degli Stati Uniti e che l’Italia ha consegnato in cambio della liberazione di Cecilia Sala.

«A differenza di quanto accaduto con Abedini, dove il ministro aveva la facoltà di scarcerare il ricercato dall’Fbi, in questo caso Nordio ha omesso di compiere un atto dovuto. Quindi l’Italia ha violato l’obbligo giuridico di cooperare con la Cpi, perdendo di fatto ogni credibilità internazionale: siamo il paese che ha ospitato la conferenza che ha dato vita allo statuto di Roma e il quarto paese firmatario dello statuto, e c’è da essere preoccupati per il futuro». E questo lo hanno sottolineato i giudici internazionali: «È dovere di tutti gli stati parte di cooperare pienamente con la Corte nelle sue indagini e azioni penali».

Ricostruzione

Il mandato d’arresto per Almasri è stato chiesto dal procuratore della Cpi lo scorso 2 ottobre e approvato dalla Camera preliminare il 18 gennaio. Da lì la richiesta di arresto inviata a sei stati, tra cui l’Italia, mentre il generale libico era giunto a Torino dalla Germania. Una volta sul territorio italiano è stato arrestato in hotel dove alloggiava insieme ad altri tre uomini. Qui è nato l’errore procedurale della Digos.

In attesa di una risposta mai arrivata dal ministero, la Corte d’appello di Roma non ha potuto far altro che scarcerare Almasri, mentre per lui era già pronto un aereo italiano per riportarlo a Tripoli. «Non ho mai visto una persona ricercata da una corte penale internazionale per reati così gravi essere rimpatriato alle spese del contribuente su un aereo di stato», conclude Canestrini. Oltre il danno la beffa, che sa di cortesia istituzionale ai libici, strategici in chiavi anti migranti. Di fronte agli attacchi delle opposizioni il governo dovrà rispondere.

Lo farà il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha una priorità assoluta sul dossier libico: fermare i flussi migratori. A tutti i costi, soprattutto umani.

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