«Apra la sua porta, faccia presto / Non importa cosa crede lei di questo movimento», cantava Max Gazzè. Dopo 30 mesi di pausa a causa della pandemia, i Testimoni di Geova tornano a bussare alle porte di tutto il mondo. La svolta è stata decisa a livello internazionale e sarà applicata in Italia, come confermano ad esempio a Bologna. Roberto Guidotti, portavoce locale della congregazione, ha detto all’Ansa che i 20mila testimoni emiliano-romagnoli hanno ripreso questa parte della loro attività dal primo settembre.

Anche questo è un segno di un progressivo ritorno alla normalità, proprio nei giorni in cui molte persone hanno abbandonato lo smart working per tornare al lavoro in presenza. Negli ultimi anni i Testimoni di Geova hanno preferito l’incontro virtuale: si sono preparati con corsi di teologia e incontri a distanza. Ma la predicazione “porta a porta” fa parte delle attività fondamentali della congregazione, che ne ritrova le radici direttamente nella Bibbia.

Negli Stati Uniti

(Ap)

Così, venute meno le restrizioni per la sicurezza, i Testimoni di Geova di tutto il mondo hanno ripreso a bussare alle porte. Robert Hendriks, portavoce per gli Stati Uniti, ha spiegato ad Ap che per loro «andare di porta in porta è un’espressione dell’imparzialità di Dio. Andiamo da tutti e lasciamo che scelgano se vogliono ascoltarci o meno». 

La canzone di Max Gazzè era un racconto ironico di questo tipo di predicazione, immaginando il dialogo fra due persone a cui non veniva aperta la porta. Ma la questione sull’accoglienza dei Testimoni di Geova durante il “porta a porta” rimane una questione centrale per i predicatori, ancora di più dopo la pandemia. «Ci vorrà un ulteriore livello di coraggio», dice Hendriks.

Anche perché nel frattempo altri gruppi religiosi, come i mormoni della Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni, hanno preferito abbandonare questo tipo di predicazione ancora prima del Covid. «Negli ultimi anni i social media sono diventati un modo più efficace per raggiungere le persone interessate a saperne di più sulla Chiesa», spiega il portavoce americano, Sam Penrod. «Gli incontri virtuali sono diventati preziosi nei primi mesi della pandemia».

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