Anche Onu e Usaid danno soldi alle «ong di Hamas»: i dubbi sul caso Hannoun

Per decifrare la natura enigmatica delle fonti utilizzate nell’inchiesta di Genova sui presunti finanziamenti ad Hamas elargiti da Hannoun e dalla sua rete di associazioni benefiche è utile fare un balzo al 2018. Nel marzo di quell’anno il governo israeliano fonda il National Bureau for Counter Terror Financing (Nbctf), un’unità che fa capo al ministero della Difesa e che ha l’obiettivo di contrastare i flussi di denaro verso le organizzazioni terroristiche. Il nome del Bureau compare nelle trecento pagine di ordinanza come l’ente che ha fornito un documento cruciale su Hamas e la sua rete finanziaria, che confermerebbe l’impianto accusatorio degli inquirenti. Tuttavia, secondo gli avvocati di Hannoun si tratta di «una collaborazione inedita». Da qui i dubbi sull’origine di quei documenti. Il caso si inserisce nel dibattito sulla legittimità delle prove fornite dagli 007 israeliani, sulle quali diversi giuristi e accademici, sentiti da Domani, esprimono perplessità. «Le prove di Israele non sono prove». Hannoun, perché i giudici avevano archiviato (due volte) Il Bureau In poche parole il Bureau identifica e sanziona tutti gli enti accusati di finanziare le organizzazioni considerate terroriste da Israele. Fino a sei mesi fa a capo dell’autorità c’era Paul Landes, uno dei volti più noti in Israele nel contrasto ai crimini finanziari. Entrato nel ministero della Difesa nel 2009, sei anni più tardi ha guidato la Harpoon Unit del Mossad, con lo stesso obiettivo di sempre: intercettare i flussi finanziari sospetti. Ma negli anni il Bureau gestito da Landes è stato più volte criticato per alcune decisioni adottate. Il caso più eclatante nel marzo 2022: aveva etichettato come terroristiche sei ong palestinesi perché accusate di appartenere al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Le proteste di Amnesty International, Onu, istituzioni Ue, diversi governi europei e della stessa società civile israeliana non hanno prodotto alcun dietrofront. E così, ancora oggi, la Union of Palestinian Women's Committees (UPWC), la Addameer - Prisoner Support and Human Rights Association, il Bisan Center for Research and Development, la Al-Haq Organization, la Defense for Children International - Palestine (DCI-P), e l’Union Of Agricultural Work Committees sono ritenute legate ai terroristi. Il loro impegno in Palestina, però, è riconosciuto a livello internazionale. Ognuna di queste società ha ricevuto cospicui finanziamenti da parte di enti statali europei e da fondi Ue di Bruxelles. Soldi partiti anche dall’Italia e facilmente tracciabili. Ma secondo il Bureau di Landes «si presentano come agenti per scopi umanitari; tuttavia, servono da copertura per la promozione e il finanziamento delle attività del Fronte Popolare». Una disinformazione che si alimenta anche nei gruppi Telegram, molto attivi in Italia, e che di fatto non sono altro che megafono della propaganda dell’estrema destra israeliana. Contro le sei ong, negli anni, si è scagliata anche Ngo Monitor, un gruppo che ha l’obiettivo di fornire analisi sulle attività delle ong palestinesi per bloccare i fondi europei. Come ha fatto con l’Unrwa nell’ultimo anno. L’organizzazione fornisce anche, con i suoi dossier, materiale per le autorità israeliane. Tuttavia, nei mesi scorsi Domani ha raccontato la collaborazione tra la Ngo Monitor i servizi militari – tra le sue fila ci sono ex generali dell’Idf – e persone legate alla rete dell’estrema destra israeliana. «I pm hanno riscontrato gli atti israeliani?». Hannoun e i dubbi sulle prove di Tel Aviv Il caso italiano Torniamo al caso Hannoun, che martedì 30 dicembre è comparso davanti al gip al quale ha ribadito di non aver mai finanziato direttamente Hamas. Secondo gli inquirenti, l’architetto giordano ha fornito soldi all’organizzazione tramite «triangolazioni» finanziarie e, per farlo, si sarebbe servito di associazioni con sede in Turchia e Palestina che sono dichiarate illegali da Israele. La lista degli enti che compaiono nell’inchiesta è lunga. Inoltre, secondo fonti aperte, alcune delle entità considerate illegali hanno ottenuto soldi da enti autorevoli come Onu e la Opec Fund for International Development, quest’ultima finanzia anche un progetto per la creazione di un impianto fotovoltaico in Egitto nel quale a dicembre è entrato a far parte anche il governo Meloni con un investimento di 110 milioni di euro. È il caso della Mercy Association for Children, che dall’Opec fund ha ricevuto 80mila dollari per i progetti di educazione ai bambini disabili di Gaza. Oppure quello della Assalama Charitable Society che ha ricevuto sempre dal medesimo fondo 100mila dollari per due progetti e dalle Nazioni unite 230mila dollari per un programma umanitario aperto nel 2023. E poi c’è la Alwea'am Charitable Society, che nell’ambito dello stesso programma Onu ha ricevuto 420mila dollari ed è stata inserita nella black list d’Israele lo scorso giugno. Tutte associazioni che sarebbero al centro delle triangolazioni di Hannoun. Nuove prove contro Hannoun. A destra parte lo sciacallaggio L’inchiesta italiana si collega anche a un caso giudiziario statunitense controverso, che ha coinvolto nei primi anni Duemila la Holy Land Foundation (Hlf), a cui capo c’erano cinque palestinesi statunitensi. I vertici della fondazione erano accusati di aver finanziato con milioni di dollari gli stessi comitati della Zakat che compaiono nell’inchiesta ligure. Secondo l’accusa i finanziamenti della Hlf avevano permesso ad Hamas – che controllava i comitati – di conquistare «i cuori e le menti» dei palestinesi. Tuttavia l’indagine non è riuscita a dimostrare che i soldi sono stati impiegati per le attività terroristiche di Hamas. Queste le motivazioni della Corte d’appello statunitense con cui sono stati condannati i vertici: «Sebbene queste organizzazioni svolgessero alcune legittime funzioni benefiche, erano in realtà istituzioni sociali di Hamas. Sostenendo tali organizzazioni, gli imputati hanno facilitato le attività di Hamas, accrescendone la popolarità tra i palestinesi e fornendo una risorsa finanziaria». Nonostante diversi errori riscontrati in fase processuale, il caso si è chiuso con pesanti condanne, anche fino a 65 anni. Negli anni, Human Rights Watch e altre organizzazioni a difesa dei diritti umani hanno chiesto la scarcerazione degli imputati citando una serie di criticità: prima fra tutte l’utilizzo di prove raccolte dagli 007 israeliani in maniera opaca e l’utilizzo di un testimone anonimo, noto con lo pseudonimo di Avi, di cui era noto solo il suo impiego nell’Agenzia per la sicurezza israeliana. Arresto di Hannoun, la destra si scaglia contro le piazze per Gaza e le opposizioni. «Propaganda indecente» Peraltro si è trattato di un vero cortocircuito: infatti Usaid, il programma di cooperazione del governo statunitense, ha finanziato gli stessi comitati che hanno ricevuto soldi dalla Hlf e dalle associazioni di Hannoun. I soldi sono confluiti anche dopo le accuse rivolte alla Hlf. Quanto peserà questo precedente americano sul caso italiano è presto per dirlo. Oltretutto Hannoun è stato già due volte archiviato negli anni per accuse simili. Intanto, la Corte d'Appello di Caltanissetta ha confermato il no al rimpatrio in Egitto dell’imam di Torino Mohamed Shahin. Non indagato, compare anche lui nelle carte di Genova. Nei giorni scorsi la destra era tornata all’attacco chiedendone il rimpatrio.