L’analisi stilistica di un romanzo-documentario monumentale e spietato: Scurati rifiuta l’empatia, riduce l’invenzione, e racconta Mussolini senza indulgenze, tra retorica barocca, epica negativa e rigore documentario, negando al lettore ogni possibilità di identificazione emotiva
Questo articolo è tratto dal nostro mensile Finzioni, disponibile sulla app di Domani e in edicola.
Se c’è una cosa che non si può dire di Antonio Scurati è che non abbia consapevolezza teorica di quel che scrive e del perché lo faccia così. Una consapevolezza accanita e perfino esagerata fin dal suo primo romanzo del 2002, Il rumore sordo della battaglia (Mondadori poi Bompiani), e soprattutto dalla riscrittura del 2006 dotata di una postfazione intitolata La letteratura dell’inesperienza (Bompiani), presto trasformata in libretto autonomo. Il romanzo, nella sua prima edizione, alternava capi



