Due assessori regionali, consiglieri regionali, le nomine di commissari e dirigenti delle aziende sanitarie locali, ma anche concorsi telecomandati e appalti a comando con una talpa a spifferargli tutto sulle indagini. Il sistema di Salvatore Cuffaro, conosciuto come Totò vasa vasa, ha un lato penale e uno politico. Quello giudiziario ha visto l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare a suo carico, dopo gli interrogatori di garanzia. Cuffaro è finito ai domiciliari insieme a due sodali, per altri tre, invece, sono scattate misure più leggere. In tutto sono 18 gli indagati a vario titolo per associazione a delinquere, turbativa d'asta e corruzione. «Cuffaro era l'artefice delle trame che intesse il sodalizio con pubblici funzionari, politici, imprenditori, era al vertice di tale struttura», scriva la giudice Carmen Salustro. 

Ma quello che più conta è il lato politico. E riguarda il governo della regione Sicilia dove le destre sono al potere con Renato Schifani, ma Cuffaro è stato, fino allo scoccare dell’indagine, il presidente ombra. Presidente ombra che decide, dispone, guida, indirizza e sceglie. Il suo crollo, con l’inchiesta che lo ha portato ai domiciliari, rappresenta il fallimento del governo delle destre. A partire da Fratelli d’Italia, è siciliano il presidente del Senato, Ignazio La Russa, partito che celebra Paolo Borsellino, magistrato ucciso dalla mafia, e poi si serve dei voti di Cuffaro e del suo sistema.

Un sistema di potere che ha sorretto la regione Sicilia, Totò vasa vasa è stato accolto a braccia aperte, era pronto l’accordo con la Lega di Matteo Salvini, nonostante la condanna per favoreggiamento alla mafia. Dopo quella condanna Cuffaro, dimenticata la promessa di ritirarsi, era stato riabilitato ed era tornato più forte di prima. «Non serviva l’indagine giudiziaria. Nei territori del suo feudo elettorale, l’agrigentino e non solo, Cuffaro decideva ogni nomina. E il sistema era quello di sempre», racconta un amministratore del posto. 

La regione ai piedi di Totò

Schifani, dopo l’inizio dell’indagine giudiziaria, ha chiesto un passo indietro agli assessori democristiani: Nuccia Albano e Andrea Messina. Un tentativo di mostrare discontinuità in un sistema di potere intriso di cuffarismo. Nel motivare le esigenze cautelari, la giudice Salustro lo descrive così: «Egli, invero, con pervicacia e spregiudicatezza, ha sistematicamente "sfruttato" il "potere politico" da più parti riconosciutogli e approfittato delle conoscenze dirette esistenti con pubblici ufficiali, dallo stesso reputati "influenzabili" in ragione del supporto politico garantito, per assecondare e favorire le richieste avanzate da privati, concludendo accordi illeciti, con grave compromissione dell'interesse pubblico».

Quell’interesse pubblico che il governo regionale doveva rappresentare, ma che era in mano a Cuffaro e ai suoi uomini. Per la giudice: «È l'accertata sussistenza di un'organizzazione connotata da un vincolo stabile (...) diretta alla realizzazione di un indeterminato programma criminoso» sfruttando l'ascendente politico dell'ex governatore e delle entrature da questi vantate nei settori della politica, della sanità e, in generale, presso gli uffici pubblici regionali. 

Ai domiciliari è finito l'ex direttore generale dell'azienda ospedaliera Villa Sofia-Cervello di Palermo Roberto Colletti. Per nominarlo Cuffaro ha mostrato tutto il suo potere di condizionamento, ha chiamato Schifani per perorare la nomina e poi contattava «il Colletti, rassicurandolo che il lunedì successivo avrebbero formalizzato la delibera per la sua conferma». 

L’indagine

Le vicende principali dell’indagine riguardano l’assegnazione di una gara, bandita dall’azienda sanitaria di Siracusa per il servizio di ausiliarato e reception. Lo schema era semplice. Il funzionario pubblico, sponsorizzato da Cuffaro, indirizzava l’appalto in favore di una ditta amica. In cambio l’azienda garantiva la promessa di assunzioni, contratti, subappalti e altri vantaggi patrimoniali. Cuffaro e sodali hanno coinvolto l’intera commissione di gara, i cui componenti sono indagati nell’inchiesta, per favorire la ditta Dussmann. Tra gli indagati c’è Alessandro Caltagirone, prima commissario straordinario e poi direttore generale dell'azienda sanitaria di Siracusa, per lui il gip ha respinto le esigenze cautelari. L’altra vicenda riguarda un concorso pubblico truccato, secondo gli inquirenti. «Ho fatto una minchiata», ha detto Cuffaro quando sono arrivati a casa sua i carabinieri del Ros, ma poi l’ex presidente della regione si è avvalso della facoltà di non rispondere. Nell’indagine è coinvolto anche il deputato, coordinatore nazionale di Noi Moderati, Saverio Romano, ma per lui il gip ha respinto le esigenze cautelari. Agli arresti domiciliari oltre a Cuffaro e Colletti è finito anche l'attuale direttore del Trauma center del Villa Sofia Antonio Iacono. Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per Vito Raso, storico collaboratore di Cuffaro, Marco Dammone, funzionario commerciale della Dussmann, e Mauro Marchese, rappresentante legale della stessa azienda. 

Gli avvocati di Cuffaro hanno precisato che alcune richieste sono state accolte in particolare una condotta di corruzione è stata rubricata in traffico d’influenza e c’è stato anche il rigetto della richiesta di sequestro preventivo. 

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