«Lo scanniamo come un vitello». Così i mafiosi di Bagheria progettavano un omicidio, per risolvere una volta per tutte i conti in sospeso con un pregiudicato che continuava a dare fastidio agli affari della famiglia.

È uno dei particolari che emerge dall'operazione dei Carabinieri che all'alba di oggi ha portato all'arresto di otto persone, ritenute ai vertici dell'organizzazione mafiosa di Bagheria. Per loro le accuse sono anche di detenzione e vendita di armi clandestine, lesioni aggravate, maltrattamenti, estorsione.

A capo dell'organizzazione, secondo gli investigatori, Massimiliano Ficano, 46 anni, e un curriculum criminale del quale si vantava con gli altri membri dell'organizzazione: per un periodo, infatti, era stato fidato postino di Bernardo Provenzano.

Proprio Ficano aveva deciso la condanna a morte di un giovane pregiudicato di Bagheria, spesso ubriaco e violento, che aveva anche picchiato la compagna, il padre, e altre persone. Da qui la decisione di dargli una «lezione»: un pestaggio violento. Ma era servito a poco.

Il giovane, infatti, minacciava di dare fuoco a un locale dello stesso Ficano, mettendo a rischio la «credibilità» dell'organizzazione criminale. Così, era stato deciso l'omicidio: «Lo portiamo in campagna e lo scanniamo come un vitello», dicono, intercettati. Ma il blitz dei Carabinieri ha interrotto i loro piani.
Oltre a Ficano sono stati arrestati: Gino Catalano, Bartolomeo Scaduto, Giuseppe Cannata, Salvatore D’Acquisto, Giuseppe Sanzone e Carmelo Fricano.

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