I “natalini” sono già tra noi, marciano insieme a noi, prendono gli autobus, cercano parcheggio. I “natalini” sono quelli che Amazon assume proprio in questi giorni, a migliaia, per assicurare che siano recapitati puntualmente pacchi e pacchetti del periodo natalizio e quelli del vero picco di consegne, in vista del Black Friday del 27 novembre. I magazzinieri e gli altri dipendenti che lavorano su turni ventiquattr’ore su ventiquattro nei centri di smistamento italiani di Amazon li chiamano così: “natalini”. Perché di rado vengono confermati, i loro contratti iper precari scadono dopo Natale. 

I natalini

Un dipendente di Amazon regolarmente assunto in uno dei grandi magazzini di smistamento può guadagnare fino a 1.550 euro lordi al mese di paga base se ottiene un contratto a tempo pieno, cento neuro lordi più del minimo contrattuale. Ma i precari neo-assunti passano tutti dalle agenzie interinali - Adecco, Mainpower e Gi Group: nel migliore dei casi vengono presi a tempo determinato per tre mesi, ad esempio 10 novembre-10 gennaio, e spesso non arrivano ai mille euro netti senza straordinari e notturno. Se sono molto veloci, precisi, flessibili e non manifestano segni di insofferenza o sindacalizzazione, se accettano senza protestare anche contratti a forfait orario settimanale, forse otterranno un rinnovo e l'inizio di una gavetta che potrebbe sfociare nell'assunzione a tempo indeterminato, comunque senza l'articolo 18. 

Di padre in figlio

Libero Di Rosa, vent’anni, è figlio di Pino, il sindacalista dell’Ugl di Piacenza che durante il primo lockdown ha organizzato con Cgil, Cisl e Uil le proteste, fino a quel momento mai viste, contro la multinazionale: le misure di sicurezza anti contagio lasciavano a desiderare. «Dal punto di vista del Covid adesso è tutto sistemato - assicura il ragazzo -  dalle mascherine alle distanze di sicurezza, agli ingressi scaglionati ogni dieci minuti per evitare assembramenti».

L’azienda alla sicurezza ora tiene molto, però non dice quante saranno le assunzioni per i picchi natalizi né quanti saranno confermati tra chi ha già lavorato durante il lockdown e quindi conosce le nuove modalità di lavoro. «Come sindacati puntiamo sulla stabilizzazione, l’azienda ritiene invece che sull’organizzazione del lavoro non dobbiamo interferire», spiega Libero che dice “noi” ma non è un sindacalista. Il padre Pino è ricoverato per Covid e il figlio gestisce i contatti per lui, gli fa da filtro per non affaticarlo sotto il respiratore. E impara. Per un periodo anche lui ha lavorato nel grande centro di Castel San Giovanni, vicino a Piacenza. «Amazon ha fatto un sacco di soldi durante il Covid - sottolinea Libero - e adesso che siamo di nuovo in parziale lockdown, a Castel San Giovanni siamo già quasi ai ritmi di lavoro prenatalizi. L’anno scorso il picco di Natale è durato fino a febbraio e poi è continuato con il lockdown fino a giugno. Ora sta ripartendo». 

Effetto Covid 

Il colosso mondiale delle vendite online fondato da Jeff Bezos nel 1994 ha avuto un vero e proprio boom da quando è scoppiata l’epidemia da coronavirus, ed è forse la ragione per cui è finito nel mirino della commissaria europea alla concorrenza Margrethe Vestager: eccesso di posizione dominante e indebita profilazione dei dati per indirizzare la clientela. Si stima che gli acquisti online siano quasi raddoppiati con la pandemia. Il valore delle azioni Amazon è volato,  Bezos ha consolidato il suo primato nella classifica dei più ricchi del mondo della rivista Forbes raggiungendo a metà ottobre i 192 miliardi di dollari di patrimonio personale, con un'impennata del 69 per cento da inizio marzo. 

In previsione del Natale e del Black friday, Amazon sta assumendo a pieno ritmo attraverso le sue due ramificazioni principali, Amazon Italia logistica e Amazon Prime Now. I sindacati prevedono un raddoppio natalizio delle maestranze nei sei hub italiani (oltre a Castel San Giovanni, Torrazza Piemonte, vicino a Torino, Passo Corese vicino a Roma, Vercelli e Castel Guglielmo nei pressi di Rovigo). Con i “natalini” gli addetti alla logistica dovrebbero superare il totale di 8 mila addetti allo smistamento.

La galassia Amazon in Italia é frazionata in circa 11 società a cui fanno capo anche i circa 900 impiegati della divisione “customer care” che rispondono dai call center dislocati a Cagliari e le centinaia di amministrativi della sede di Milano. Poi c’è tutto l’indotto dei corrieri, stimato in oltre 25 mila addetti. Eppure un’azienda di queste dimensioni non ha ancora nominato in nessun paese d'Europa un solo responsabile per le relazioni industriali, ha solo delegati ai rapporti con gli impiegati, i sindacati non sono contemplati. I tentativi di animare attività sindacali sono in salita e si scontrano con la paura di assemblee, che spesso pur richieste poi vanno deserte.

Dati e sorveglianza

A Passo Corese, Massimo Pedretti della Filt Cgil (sindacato dei trasporti), per verificare se i “natalini” stiano superando il tetto del 30 per cento del totale della forza lavoro fissato dalla legge per i lavoratori in somministrazione, ha ingaggiato un duello epistolare con l’Ispettorato regionale del lavoro, che finora ha dato ragione all’azienda: i numeri non sono stati rivelati. Amazon risponde che estrapolare il dato è impossibile, visto che da settembre sono partite le assunzioni, tutte interinali ma a scadenza variabile, dai due ai quattro mesi. 

 Amazon sta aprendo nuovi centri di smistamento (“delivery station”), come a Colleferro (Roma), a Castegnato in provincia di Brescia o a Genova, un magazzino appena inaugurato dal sindaco Marco Bucci. Nel grande hub di Passo Corese, che serve i centri più piccoli del centro-Sud, gli addetti sarebbero già passati da 1.200 a 2.500. Stessa cosa sta succedendo nell’hub di Castel San Giovanni, provincia di Piacenza, che finora con 1.800 persone ha gestito le merci provenienti dal porto di Genova. Lì si applica anche il contratto del commercio, ma solo lì. In tutti gli altri hub i lavoratori hanno il contratto merci e logistica. 

 Nei 22 depositi di Jeff Bezos in Italia a settembre scorso è stata annunciata l’istallazione di un sistema di videosorveglianza. Si chiama Proxemics e nella comunicazione dell’azienda dovrebbe servire per evitare gli assembramenti controllando il mantenimento dei due metri di distanza tra una postazione e l’altra. I sindacati sospettano che, con la scusa del Covid, si vogliano sorvegliare i movimenti, i ritmi di lavoro, le pause e i contatti dei delegati sindacali.

Ma la vera guerra di potere riguarda le consegne. Amazon ha sempre fatto ricorso all’appalto esterno, utilizzando ditte divenute nel frattempo medio-grandi, da oltre 100 dipendenti ognuna, che in genere lavorano anche per altri committenti come Dhl o Tnt. Amazon però è il cliente che consente di fare il salto, con l’unico  “consiglio” aziendale ai fornitori di aderire all’associazione datoriale di riferimento, Assoespressi. Questo sistema ha prodotto negli anni, specialmente in Lombardia, la stabilizzazione di quasi tutti i dipendenti dei corrieri e una diffusa sindacalizzazione, con la firma di quattro rinnovi contrattuali. Da settembre  Amazon ha lanciato una campagna per ampliare il suo parco "corrieri", offrendo ai propri dipendenti un finanziamento iniziale di 15 mila euro per mettersi in proprio. 

Spiega Emanuele Barosselli, segretario della Filt Cgil Lombardia: «Amazon punta a creare una rete di corrieri più piccoli, quindi più controllabili». Per il momento in Lombardia sono soltanto due le nuove aziende di ex dipendenti Amazon. Ma se dovessero proliferare, magari sbaragliando la concorrenza, si potrebbe ripetere il fenomeno già visto con i "rider": se il corriere é gestito in tutto e per tutto dalla multinazionale, come il collega “rider” in bicicletta, potrebbe finire assunto per effetto di una sentenza del tribunale del lavoro.

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