Il 19 febbraio scorso, la deputata del Movimento cinque stelle, Stefania Ascari, in qualità di legislatore e componente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, insieme ad altri colleghi, ha presentato un disegno di legge per modificare l’articolo 414 del codice penale, «in materia di circostanza aggravante dell’istigazione o dell’apologia riferite al delitto di associazione di tipo mafioso o a reati commessi da partecipanti ad associazioni di tale natura».

In particolare, la richiesta è quella di aggiungere a quelli già esistenti, altri due comma, con l'obiettivo di inasprire le pene per chi, pubblicamente, inneggi ad atteggiamenti di tipo mafioso o idolatri boss ed esponenti di organizzazioni criminali in pubblico. 

Casi emblematici

In più parti d'Italia, ancora oggi, capita che durante una ricorrenza religiosa, soprattutto in realtà a elevata incidenza mafiosa, si festeggi il «boss» della zona.

Il 20 agosto 2015, Roma è balzata agli onori della cronaca per un episodio particolare: i funerali di Vittorio Casamonica. Un evento che ha offerto uno spettacolo delirante: una gigantografia del boss, all’ingresso della chiesa, recante la didascalia «Vittorio re di Roma», il feretro trasportato da una carrozza trainata da sei cavalli, una banda che ha accompagnato la processione funebre con le note del popolare film «Il padrino» e petali di rose lanciati da un elicottero per omaggiare un’ultima volta il capoclan della potente famiglia malavitosa romana.

E, ancora, nel mese di marzo 2016, durante le festività pasquali, a San Michele di Ganzaria, un paese in provincia di Catania, la processione del venerdì santo ha subìto una deviazione per omaggiare un mafioso della zona. Il simulacro, infatti, è stato portato a spalla in piazza Monte Carmelo, davanti all’abitazione del boss sottoposto al regime speciale di detenzione, abbandonando così, momentaneamente, il percorso ufficiale della processione.

Le reazioni a questo inno alla mafia non sono mancate: il parroco ha abbandonato la processione, mentre il sindaco, togliendosi la fascia tricolore, ha preso immediatamente le distanze dalla deviazione, decisa arbitrariamente dai portatori della statua.

Mafia e cantautori

Sono sempre di più i cantautori che scrivono o interpretano testi i cui contenuti inneggiano ai vari esponenti della malavita e della criminalità organizzata, tanto da indurre alcuni soggetti istituzionali e sociali a presentare esposti alla magistratura per chiedere di accertare eventuali fattispecie di reato, tra cui l’istigazione a delinquere.

Canzoni che sembrerebbero andare oltre la libertà di opinione o di espressione, così come i commenti lasciati dai fans di questi artisti sotto i post o i video pubblicati sui social network. Contenuti pubblici che rischiano di fomentare ulteriormente il clima di illegalità. Basti pensare alle centinaia di migliaia di followers degli stessi cantanti su Instagram o Facebook, per comprendere la rilevanza e l'impatto che questi possano avere di fonte al loro pubblico. 

Partendo da questi fatti, emblematici ma non unici, i deputati del Pd chiedono l'intervento delle piattaforme online per censurare tali contenuti. 

«Non si può più tollerare che messaggi così pericolosi vengano spacciati per arte e questo vale per la musica, per il cinema, per i social network e per ogni altro mezzo di comunicazione di massa. Il principio della libertà di espressione, anche artistica, trova un limite laddove si istiga a compiere reati e ad esaltare un modello di società non fondata sul diritto», scrivono i deputati nel testo che accompagna la richiesta di modifica dell'articolo. 

Pene più severe

Ascari chiede di introdurre nell’articolo 414 del codice penale l’aggravante dell’istigazione o dell’apologia del delitto di associazione di tipo mafioso e delle sanzioni amministrative per gli operatori della comunicazione, con l’obiettivo di introdurre ulteriori sanzioni per chi verrà accusato in futuro di questo reato. In particolare, viene chiesto che la pena venga raddoppiata se l'istigazione o l’apologia riguardano il delitto previsto dall’articolo 416-bis dello stesso codice. E che venga  aumentata di due terzi se il fatto è commesso durante o mediante spettacoli, manifestazioni o trasmissioni pubbliche o aperte al pubblico ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.

Se il reato è commesso attraverso l’utilizzo di social network, emittenti radio o televisive, o a mezzo stampa, il soggetto responsabile della divulgazione del contenuto non conforme è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria che potrà variare dai 5mila ai 10mila euro, con l’obbligo di rettifica.

«È necessaria una presa di posizione forte da parte delle istituzioni, in primis, da parte del legislatore, affinché si smetta di esaltare e, talvolta, di indicare come miti o «modelli» personaggi che sono solo dei criminali che spezzano vite, rubano e minacciano senza nessuno scrupolo. Personaggi del genere non sono eroi, non devono essere intervistati nelle trasmissioni televisive per promuovere i loro libri né ricevere applausi o l’inchino di simulacri religiosi, ma devono soltanto essere trattati per quello che sono, ossia dei delinquenti», conclude Ascari.

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