Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è incentrata sul giudice Giovanni Falcone e sulla strage di Capaci di trent’anni fa.


La Cassazione è l’ultima spiaggia per la mafia di Palermo.

Dopo le pesanti condanne in primo grado e l’«aggiustatina» che il maxi processo ha subito in Appello, tutte le attese degli uomini d’onore si sono concentrate sulla Suprema Corte e nella persona di Carnevale, il presidente della prima sezione penale. Già a inizio del 1991, Carnevale ha rimesso in libertà Michele Greco e 42 boss per decorrenza dei termini di carcerazione. Giovanni Falcone studia una contromossa e il ministro Martelli ordina di riportarli all’Ucciardone dopo appena cinque giorni.

«Il mandato di cattura del governo», commentano i mafiosi con rabbia.

Lo sanno tutti che dietro Martelli c’è Falcone.

Corrado Carnevale disprezza il giudice di Palermo e non ne fa mistero.

Dice: «La Costituzione vuole il magistrato in toga e non in divisa».

Lo sbeffeggia: «C’è chi si è messo in testa di fare l’angelo vendicatore dei mali che affliggono la società». Aspetta pazientemente il maxi processo in Cassazione per farlo a pezzi.

Ma, al ministero, da qualche mese, è partito un monitoraggio sui provvedimenti della prima sezione penale della Suprema Corte. Ne scelgono 12.500. Falcone e i suoi collaboratori li esaminano tutti, uno per uno. Si accorgono che i magistrati di quella sezione giudicano ogni singolo indizio autonomamente senza incrociarlo con gli altri. Una «tecnica valutativa» stravagante e sospetta, che finirebbe per demolire il maxi processo.

Niente “Maxi” per Carnevale

Quante sentenze ha invalidato il presidente Carnevale fino a quel momento? Quasi 500.

Ha assolto Licio Gelli dall’accusa di sovversione e banda armata, ha annullato la condanna a Michele Greco per l’omicidio

Chinnici e il processo per la strage dell’Italicus, ha cancellato i provvedimenti di arresto del prete mafioso calabrese don Stilo e

del camorrista Giuseppe Misso, ha ordinato un nuovo processo per la strage del rapido 904 Napoli-Milano, ha azzerato 19 ergastoli a Mommo Piromalli e agli affiliati della sua cosca, ha respinto il ricorso di Enzo Tortora che vuole il suo processo lontano da Napoli e al contrario ha trasferito quello sui «fondi neri» dell’Iri da Milano a Roma.

Gli chiedono: «Ma quante sentenze ha ammazzato, presidente?» Risponde: «Per ammazzare qualcosa, bisogna che questo qualcosa sia vivo». Corrado Carnevale si muove nell’ombra per ottenere il maxi processo. Ma non ci riesce, ci va un altro magistrato a presiederlo.

Nelle carceri i boss si sentono perduti.

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