Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. In questa serie, seguiamo gli sviluppi del processo Borsellino quater, dopo la strage di via d’Amelio: uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana.

La sentenza di Corte d'Assise lo definisce «uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana», è la strage di mafia che più di ogni altra solo di mafia non è. A 29 anni dall'esplosivo che ha fatto saltare in aria il procuratore Paolo Borsellino e i cinque poliziotti che erano con lui quella domenica d'estate – Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina – sappiamo tanto e poco.

Dal passato emergono frammenti di verità con molta fatica, inchiesta dopo inchiesta, processo dopo processo. È accertato che «soggetti inseriti negli apparati dello Stato» indussero il pupo Vincenzo Scarantino a rendere false dichiarazioni, già preconfezionate. È accertato che su invito del procuratore capo di Caltanissetta Giovanni Tinebra parteciparono alle indagini agenti dei servizi segreti guidati da quel Bruno Contrada che, qualche mese dopo, sarebbe stato arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa. È accertato che l'obiettivo del massacro, il procuratore Borsellino, non fu mai ascoltato dalla magistratura che investigava sulla strage di Capaci durante quei cinquantasette giorni che separarono la sua uccisione da quella dell'amico Giovanni Falcone.

La nuova serie del nostro Blog Mafie riporta ampi stralci delle 1856 pagine della sentenza di primo grado della Corte d'Assise di Caltanissetta (presidente Antonio Balsamo) che ha condannato i boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino all'ergastolo e a dieci anni per calunnia i falsi pentiti Francesco Andriotta e Calogero Pulci.

Indagini complesse, con un pezzo dello Stato che cerca la verità su quel «mosaico che nel suo complesso continua a rimanere in ombra in alcune sue parti», e un altro pezzo dello Stato che quella verità ha cercato e cerca ancora di nasconderla. Sospetti che ci dirigono sempre lì, agli uomini delle istituzioni. Talpe e suggeritori, inchieste pilotate e avvelenatori di pozzi, pentiti improbabili e "pupi vestiti”, magistrati e poliziotti smemorati o distratti. Sono passati quasi tre decenni da via D'Amelio ma, dopo lo sbugiardamento di falsi testi e clamorose revisioni di processi, i cosiddetti "mandanti altri” sono sempre nell'ombra.

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