Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la serie sull’omicidio di Mario Francese, quella sul patto tra Cosa Nostra e i colletti bianchi e quella sulla seconda guerra di mafia, si passa adesso al racconto dei Casamonica.

Nei racconti sulla criminalità c'è sempre il tentativo goffo di rivendicare una presunta età dell’oro che, in realtà, non c'è mai stata. Mentre quello che c'è sempre stato è la violenza e la prevaricazione. Siamo a Roma, anno del signore 2013. E' settembre, il 20 settembre. La città si è riempita di nuovo, ha spento le illusioni di una metropoli vivibile, ogni agosto la capitale sembra rifiorire, poi tornano in massa i cittadini e non regge. È sepolta, cronicamente, dai problemi di sempre. Quell’anno come gli altri. La Romanina dista 10 chilometri da piazza Venezia, dalla Procura della Repubblica, dal Consiglio Superiore della Magistratura, dalla Banca d’Italia, dal Parlamento, da tutto quello che conta, davvero, qualcosa in questo paese. Ma la Romanina è zona franca. Luca, questo il nome, e un ragazzo ventiduenne, a bordo del suo scooter. A Roma, per sfuggire al traffico e al pachidermico trasporto pubblico, bisogna avere in garage almeno un due ruote. Luca sta tornando a casa. Percorre via Baccarini. In mezzo alla strada vede un nugolo di persone, rallenta. A Luca si avvicina un giovane barbuto, scuro, che gli sferra un colpo sul casco iniziando a urlare. Lo accusano di aver sparato a un familiare, al figlio di Consilio che era stato raggiunto da colpi di arma da fuoco.

Così Luca toglie il casco, si presenta: «Sono del quartiere, non c'entro niente», ma il gruppo lo accerchia. Il ragazzo si dice estraneo e spiega di “appartenere alle forze armate”. È la fine. Si avvicina un Casamonica e gli sferra una testata in bocca, cominciano a volare calci e pugni senza sosta. Una tonnara. Viene linciato, colpito ripetutamente. È un assalto, un agguato. Per venti minuti e un frastuono di colpi, tutti contro uno. Luca riesce a comporre il 113, si avvicina uno “sbarbatello” che lo strattona per fargli chiudere la telefonata. Arriva un altro che inizia a percuoterlo con una spranga al polso. Quando arrivano i carabinieri, Luca identifica Enrico Casamonica, con abiti sporchi di sangue e una ferita alla testa e, il fratello, Consilio Casamonica. Proprio Consilio, quello che «sono gli sbarbatelli a fare le risse». Vengono arrestati in flagranza. Luca, appena inizia il processo, accetta 18 000 euro e ritira la querela, ma la Procura procede d’ufficio visto che i giorni di prognosi sono quaranta ed è esclusa la competenza del giudice di pace. Una testata, esattamente come quella che indignerà, a giusta ragione, l’Italia quando un altro della famiglia, Roberto Spada, colpirà prima il giornalista Daniele Piervincenzi e poi il videomaker Edoardo Anselmi.

Nel caso di Luca però le immagini non ci sono e il fatto non diventerà mai neanche una notizia. Enrico e Consilio vengono condannati in primo grado a un anno e mezzo con l’attenuante per il pronto risarcimento della vittima. E proprio in quell’occasione Consilio si poteva emancipare dagli “sbarbatelli”, esponente anziano e rispettabile della famiglia, ma scrivono i magistrati nella sentenza di condanna di primo grado: «Quand’anche non fosse provata, come peraltro lo è, la sua partecipazione materiale ai fatti, non v’è dubbio che la semplice presenza sul luogo del delitto ha esercitato un indubbio rafforzamento del proposito criminoso degli altri».

Lui, l’anziano, nulla ha fatto per fermarli offrendo loro un senso di sicurezza. «Io non c'ero» è stata la difesa di Consilio Casamonica, era lontano dai fatti per accompagnare suo figlio al pronto soccorso. Si trovava li quando sono arrivati i carabinieri perché era tornato indietro per evitare il ferimento di altri congiunti. Mentre Enrico ha detto che la testata l’ha presa lui. Variazioni sul tema, prima di pagare 18 000 euro a titolo di risarcimento con seguito di remissione della querela e chiusura della questione. Nella sentenza di primo grado si legge: «I pervenuti hanno riportato plurime condanne per delitti», e poi: «L’azione criminosa appare come una manifestazione di pura e semplice prepotenza e come la volontà di ribadire un controllo quasi padronale sul loro quartiere […] gli imputati sono soggetti particolarmente inclini all’uso della violenza».

Loro sono i padroni della Romanina, anche questo episodio si iscrive negli innumerevoli casi che evidenziano la loro indifferenza per regole, leggi e civiltà. In secondo grado, pero, Consilio la spunta e viene assolto mentre viene confermata la condanna di Enrico. A leggere la sentenza si scopre la ragione dell’assoluzione: per i giudici non bastano le parole della vittima per condannare. Troppo poco e il Meraviglioso viene assolto.

La vittima riconosce Consilio Casamonica come quello che lo strattona e gli intima di chiudere la telefonata con i carabinieri, ma appare sulla scena dopo che Enrico Casamonica gli aveva sferrato la testata picchiandolo con gli altri per venti minuti.

Non è certo se tra gli altri ci fosse anche il Meraviglioso e viene assolto per non aver commesso il fatto. Meraviglioso che, nel 2016, si è dovuto difendere dall’assalto di un procedimento di prevenzione, la Procura voleva la sorveglianza speciale, bocciata dal Tribunale che pero gli ha sequestrato terreni e immobili. Nelle pieghe si legge dove tutto è iniziato: «Il predetto inizia la sua carriera criminale con il delitto di furto in concorso nel 1975, per il quale riporta la sua prima condanna definitiva. Dall’epoca si assiste a una progressione impressionante nel compimento di attività illecite».

La presunta “cultura” della tribù 

Nei fatti accaduti al Roxy bar, nell’aprile 2018, avviene un episodio analogo. Anche in quel caso si tenta la riconciliazione dietro corresponsione di denaro, ma il rifiuto della vittima scatenerà l’inferno e un nuovo pestaggio, quello della barista dopo la violenta aggressione alla donna disabile. «A me mi ha partorito mia mamma, le donne si rispettano. Sono un padre di famiglia anche io, abbiamo le femminucce in casa» ripete Consilio il Meraviglioso indicando la legge morale dentro di sé. Eppure, altro inciampo, nell’agosto 2010. Ogni tanto i Casamonica si azzuffano in famiglia e non si risparmiano. In quell’occasione successe esattamente così. «Zozzona, bocchinara, se vuoi rivedere l’auto mi devi portare dodicimila euro.» A pronunciare queste parole sarebbe stato il Magnifico accompagnato dalla figlia Loreta, all’indirizzo della cugina Laura Casamonica che fu costretta a scendere dall’auto, mentre era all’interno con i tre figli piccolissimi, presa in “ostaggio” dal nostro. Consilio, in quel modo, voleva farsi giustizia di un prestito che il padre di Laura, Luciano, non aveva ancora restituito. Insomma, quisquilie di famiglia, sfociate in una denuncia con tanto di processo che i magistrati hanno voluto comunque aprire per reati come usura ed estorsione per una vicenda che secondo i Casamonica, sentiti a processo, si era già chiusa come volevano. Loro proprio mal sopportano questa pretesa dei gagi di ricondurre tutto a un’aula di tribunale quando esiste un codice interno, una prassi che tutto ripiana. «Tutto risolto», racconteranno. Luciano, il capofamiglia, spiegherà al processo: «Quando si litigano due ragazzini, uno è della famiglia, lo dividono e finisce la storia, e tutto qua. Fra noi succede così. E una cultura nostra. Poi se la cultura vostra c’avete un’altra cosa…». È la cultura loro, il loro modo di vivere, lo style life firmato Casamonica di cui parleremo, ma e il racconto della loro identità. Luciano Casamonica, insomma, esplicita un quadro di regole di matrice etnica che delineano la modalità di condotta e di appartenenza, un quadro di regole condiviso da tutti, e che conclude alterchi e dissidi all’interno della famiglia. Il Tribunale e corpo estraneo così come la legge.

E così viene spiegata l’esistenza «di una specie di organo di giustizia arbitrale familiare (formato dai due cugini Casamonica coinvolti e da due zii anziani, tra cui il defunto Vittorio, n.d.r.) deputato a risolvere e definire le controversie minori cui apparentemente sfuggono solo i fatti di sangue, che aveva trovato una composizione bonaria».

Testi tratti dal libro di Nello Trocchia "Casamonica. Viaggio nel mondo parallelo del clan che ha conquistato Roma". Testi, nomi e processi sono riportati nella serie del blog Mafie così come presentati nel libro, aggiornati dunque al 2019.

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