Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la serie sull’omicidio di Mario Francese, quella sul patto tra Cosa Nostra e i colletti bianchi e quella sulla seconda guerra di mafia, si passa adesso al racconto dei Casamonica.

Il rito rom, il culto dell’oro, la vita dei “nullafacenti”. Giovanni, l’interprete, conosce bene la galassia rom e sinti, la cultura, la bellezza di quel mondo e ha incrociato anche chi da quel mondo è partito per diventare altro, impasto di crimine e sopraffazione. I Casamonica hanno i piedi nella tradizione, nella cultura, nelle radici, ma si proiettano in altri universi per sentirsi diversi, affrancarsi, sembrare altro in questa smania di potere e lusso. «Loro, in primis, sono zingari, poi diventano mafiosi nei modi, negli atteggiamenti.» E che vuol dire essere zingari? «Gli zingari, come me, vivono in famiglie allargate. C’è un grande rispetto per i vecchi ed è per questo che anche nei Casamonica chi conta in ogni famiglia è il più anziano. Amano i bambini e hanno dei valori. Il primo è di non rubare ad altri rom, di non fare male a qualcuno, di non ingiuriare, di non fare adulterio.» E se accade? «Si va dai vecchi, quelli che sono più saggi e si fa questa lamentela, si esprimono dubbi, a quel punto chiedi di venire nel giudizio.»

Giovanni racconta il processo rom che, come le unioni, è un punto centrale nelle comunità di appartenenza: «Nel processo accusato e accusatori sono obbligati a mettersi faccia a faccia davanti alla comunità. Il giudizio avviene in un campo aperto alla presenza dei parenti degli uni e degli altri, il moderatore, il presidente». Senza prove, senza indizi, senza niente. Alla fine i giudici improvvisati decidono la sanzione. E l’interprete teme di essere scoperto, di finire davanti al giudizio rom e di essere ammazzato, di non aver scampo. «Neanche i miei genitori sanno che mestiere faccio.» Questa degli interpreti è una vita complicata, lo Stato non ne riconosce il ruolo e le mafie straniere brindano godendo di uno strumento straordinario per inabissarsi: la lingua.

I tratti distintivi di una cultura si esaltano e si mischiano con il potere conquistato dalla casata. In questa luce l’interprete spiega l’origine di una grande passione, quella per l’oro. E la spiegazione e semplice, fattuale.

«L’oro era la moneta internazionale e con quella si andava ovunque, si varcavano i confini. Per un popolo nomade avere l’oro significa entrare ovunque. All’inizio era un’esigenza, ora è vanto e motivo di affermazione. I Casamonica vogliono fare quello che non sono: i signori. Dicono: “Io sono ricco e potente, devo avere calice d’oro, anello d’oro, collana d’oro”.» L’oro per la casata è tutto, all’inizio moneta di scambio, oggi tratto di boria e affermazione. E l’oro, in quantità enorme, veniva usato per avere liquidità. A raccontarcelo è un dipendente di banca che lavorava presso la filiale di una banca capitolina dove la casata andava a impegnare l’oro. «Di solito portavano corone, una volta si presentarono con una cintura d’oro con dentro incastonati pesos, monete luccicanti.»

Oro, donne e cavalli li trasformano in potenti, li avvicinano all’olimpo del crimine.

Per questo adorano il Rolex, l’altro segno distintivo. C’è da sottolineare un particolare che li eleva dalla valutazione superficiale che li ha accompagnati per anni. Non c’è passione che non sia anche utile per il consolidamento dello status sociale, ma anche criminale. I cavalli, le auto servono per riciclare, coprire, occultare affari; le donne, la coca per fare soldi e sottomettere.

E i Rolex? L’orologio ti fa entrare ovunque, in ogni parte della società, in ogni luogo della città. Ma serve anche ad altro. Consente di riciclare denaro sporco, evitare di essere tracciati, contenere sequestri.

Quando, per anni, si è scritto “sono zingari”, loro diventavano Casamonica. «’Sti cazzi, un domani c’ho sempre i soldi… a quello serve teso» dice al telefono a un amico Guerino Casamonica, parlando di Rolex e chiarendo l’utilità di questi oggetti preziosi: elevarsi di rango e avere un investimento non perituro. «Mio cugino c’aveva quindici orologi.»

Consultando Facebook e Instagram ci sono decine di foto nelle quali i Casamonica mostrano ricchezza, ostentano potere criminale, impunita diffusa.

Una, in particolare, e molto rappresentativa. Raffigura cinque polsi e i rispettivi Rolex con il commento di Ciccillo Spada, titolare del profilo: «Di sabato sera stiamo cosi». Ciccillo, al secolo Ottavio Spada, e indagato nell’operazione Gramigna, scattata nel luglio 2018. Gli altri polsi sono di Pasquale, Massimiliano, Emanuel e Guerino Casamonica. Nullafacenti e senza reddito, di loro la testimone Debora Cerreoni dira: «Non fanno neanche finta di lavorare», eppure indossano preziosi al polso da esibire e rivendicare. I Rolex non mancano mai neanche ai matrimoni «dove», come racconta chi li conosce bene, «devi presentarti con un regalo d’oro e pesante altrimenti si offendono». Sono le serate boria, cazzotti e musica. In controluce si rivede la vita del “re”, di Vittorio Casamonica, condita di violenza e modernità.

Lui che aveva una passione per le note, per la musica, compagna di ogni attimo, dalla nascita al funerale.

Testi tratti dal libro di Nello Trocchia "Casamonica. Viaggio nel mondo parallelo del clan che ha conquistato Roma". Testi, nomi e processi sono riportati nella serie del blog Mafie così come presentati nel libro, aggiornati dunque al 2019.

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