Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la serie sull’omicidio di Mario Francese, quella sul patto tra Cosa Nostra e i colletti bianchi e quella sulla seconda guerra di mafia, si passa adesso al racconto dei Casamonica.

Camicia aperta, due bottoni bastano e avanzano, petto villoso, splendido e splendente come il monile che penzola dal collier d’oro, asciugamano come una gonna gitana a coprire le gambe.

Un tatuaggio sul braccio destro con scritto “Maria”. Su YouTube scorrono le sue foto, mentre Julio Iglesias canta: «Abbracciami, c’è poco da capire solo abbracciami. Un’ora può valere molto se ci dà felicita, abbracciami. Le cose belle quelle che ti piacciono, abbracciami».

Eccolo Consilio Casamonica, detto Tony il Meraviglioso, il Magnifico, insomma un superlativo per ricoprire tutto d’oro, come l’anello il suo anulare. Meraviglioso o magnifico come la dimora dove lo incrocio, abusiva in parte e condonata, un giardino sconfinato, galline che chiocciano, statue svettanti, capitelli e arazzi scolpiti a esaltare il potere del nipote di “zio” Vittorio. Figlio di Nando, non riconosciuto, uomo di punta di una famiglia che è un groviglio di nomi, di unioni civili, di prole disconosciuta, di mogli scambiate, di spose in dono e rapite. Capire la loro cultura aiuta a capire il loro dominio decennale. Consilio non ha più moglie, ora è unito con una donna straniera con la quale divide i giorni, sostegno nelle “tragedie” giudiziarie. Sorridono, abbracciati, mentre Julio canta. E un Tony meraviglioso quello che correda le note di Iglesias. C’è Tony con stivali e cappello da cowboy, memore della passione equina, tanto cara alla famiglia; c'è Tony con giacca di pelle pitonata, foulard e croce bianca; c'è Tony al telefono in abito rosa, camicia e scarpe bianche e, sullo sfondo, uno specchio dorato, una cristalliera e uno champagne magnum; c'è Tony con vestito bianco candido in un corridoio con console e lampadario d’oro. Lo incontro nella casa di Nando in via Domenico Baccarini, edificata su un terreno, che poi è del comune di Frascati, uso civico, dove “il cavallaro”, fratello di Vittorio, ha costruito una villa da imperatore. […].

L'intervista a Consilio

Quando arrivo, Consilio Casamonica mi saggia dall’accento e ribalta tutto: «Tu fai il Casamonica» ammonisce il Magnifico, e «io faccio il giornalista». Lui, abituato a tenere testa a imprenditori, faccendieri e filibustieri. Lui, abituato a farla franca nonostante arresti, sequestri, grandi retate e presunte operazioni finali. Lui, romano più di chi è nato ai Parioli o a Testaccio, infilato in questa città come un pugno nel guantone. Dà agli altri quello che gli altri cercano, l’affare, il soldo facile, un giro in prima classe e li ammansisce, li “addobba”, li gabba, li aggira. E con me fa lo stesso, tanto i gagi sono tutti uguali. Che cerchi? Il mafioso da inquadrare, il fenomeno, il Casamonica da film? E lui si presta, ma cambiando prospettiva. Il microfono lo regge lui. Così, appena varco la soglia del cancello della villa, il Meraviglioso mi dice che le domande le fa lui. E mentre chiede, risponde; mentre parla, domanda; mentre guarda, scruta. Lui che di truffe ha vissuto, conosce bene quelle linguistiche, sa come corrompere il prossimo. E così inizia questo incontro surreale con il Magnifico, chiamato così per lo sfoggio di abiti e vestiti, per l’armadio sempre a tiro.

«Guarda questo viso, poi dicono che i Casamonica hanno la faccia da criminali» mi dice mentre mi stringe la mano. Come esordio niente male.

[…] Generalizzare non ha senso, le responsabilità penali sono personali, ma raccontare l’epopea della casata è d’obbligo. Le cinghiate, i cazzotti, la testa al muro, episodi che, per Consilio, sono da inquadrare in un generale svuotamento di valori.

Fa il sociologo, il Magnifico. «Ma questi sono quattro sbarbatelli, tutti drogati, dove stanno più i valori, ci sono i valori oggi? Non ci sta più niente, le regole sono cambiate, ma in tutto il mondo», e chiude con la solita solfa immancabile: «E poi come si fa a toccare una donna, dimme, che opinione che posso avere de questi».

Consilio si ferma, poi torna a muoversi agitando il girocollo d’oro e lo smeraldo incastonato che gli arreda il collo. Mi guarda quasi a volermi svelare un mistero insoluto e inizia a ricordare gli inciampi giudiziari. «Io ti devo raccontare la mia vita. Non sono uno stinco di santo, ma una cosa e certa: di storie, di pistole, di mafia io non sono niente. Io sono anni che mi sono ritirato, non voglio più avere niente a che fare perché non sta più niente.»

Mentre nei procedimenti che l’hanno colpito gli inquirenti non smettono di evidenziare che Consilio non è mai stato in grado di dimostrare la «dedizione ad attività economiche lecite e adeguate alle possidenze», lui, il Magnifico, la racconta diversamente. «Tu vieni qua e mi chiedi della mia casa? Tu che ne sai quanto sangue ho dovuto buttare, sempre in mezzo ai cavalli, puzzavo come il colera. I sacrifici che ho fatto, tu governa cento cavalli, vediamo se ce la fai. Facevamo il mercato dei cavalli, le fiere, non si dormiva, ci siamo fatti un mazzo così.» Ma i ca valli si sa poi alla lunga ti stremano e non guadagni. «Io non ci uscivo, i cavalli mangiano tutti i giorni, ma pure i miei figli. Sai come fanno? Paiono gli uccellini. così ho fatto qualche truffa, truffetta, ma questa è mafia? Se tu hai i miliardi non li hai fatti puliti, se hai mille pecore, io te ne tolgo una, che fa? È mafia questa? Dimmi, è mafia?»

[…] Consilio ricorda solo le truffette, giustificate con i cinguettii affamati dei figli. Il suo primo guaio e datato 1975 con una condanna per furto. Quel cip cip che stringe il cuore e ti obbliga a scelte sbagliate. Come in una vicenda successiva riguardante la compravendita di due autocaravan, quando alla venditrice chiari origini e valori della casa: «Noi siamo una famiglia potente, con parenti in tutta Italia, possiamo ucciderti e darti in pasto ai maiali così di te non si troverebbe più neppure un orecchio». Si sa, i maiali non lasciano mai una traccia. Rimedia anche una misura di sorveglianza speciale con obbligo di dimora per la sua pericolosità sociale. Nel 2002 ebbe uno spavento quando uno sconosciuto entrò dentro casa e comincio a sparare, per fortuna Consilio e la compagna scamparono alla morte. Un capo e organizzatore, ma adesso Consilio dice di essersi ritirato. Definitivamente.

Ora, uno con questa carriera dovrebbe volare basso, invece Consilio strabuzza gli occhi e pretende che nessuno lo accosti alla mala pianta dei Casamonica che fanno le risse nei bar. Quelli della generazione della droga. Il Magnifico odia le etichette.

«Quando si parla dei napoletani che dicono? Quelli rubano. Tu lo sai chi ha scoperto l’America? Chi?» Ingenuo, rispondo: «Colombo». Consilio scuote la testa e illumina la scena dopo due secondi di pausa. «Tu sai di dove era Geronimo?» E cita il capo indiano, ribelle e resistente. Ha ragione, non siamo tutti uguali e uno non è sbagliato solo perché è un Casamonica. E lo dice lui, Consilio Casamonica, classe 1957, che ha attraversato i guadi della giustizia uscendo con un girocollo con smeraldo appeso al collo, diviso tra l’Italia e l’eldorado sudamericano della nuova compagna. «Questi sono quattro sbarbatelli» dice dei violenti, protagonisti del pestaggio. Sbarbatelli, così dice Consilio. E garantisce per casa sua.

«Gli zingari mica sono tutti uguali? Ma io se faccio la mignotta mica siamo tutte mignotte? Se vai in tutta la borgata e parli della mia famiglia, chiedi se abbiamo fatto qualcosa di male. Prima si ballava dentro le case…» ricordando i fasti antichi.

Testi tratti dal libro di Nello Trocchia "Casamonica. Viaggio nel mondo parallelo del clan che ha conquistato Roma". Testi, nomi e processi sono riportati nella serie del blog Mafie così come presentati nel libro, aggiornati dunque al 2019.

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