Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata al depistaggio sulla strage di via D’Amelio, nella quale morirono Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Prima di proseguire nella nostra trattazione, è importante rileggere – facendo tesoro di quanto riferito nel precedente paragrafo – le motivazioni della sentenza di secondo grado del Borsellino Quater, laddove si fa riferimento alla “scomparsa” dell’agenda rossa.

Sono state, inoltre, ricostruite da parte dei primi giudici le “zone d’ombra” esistenti sulla “sparizione” dell’agenda rossa, smaterializzata dal luogo infuocato della strage dalla borsa del magistrato, ricomparsa dopo alcuni mesi nelle mani del dott. La Barbera che la riconsegna alla moglie del magistrato. Non può dimenticarsi che le numerose dichiarazioni raccolte dai testi escussi – intervenuti nell’immediatezza della terribile esplosione nella via D’Amelio, fra fumi e macerie e con lo sconcerto per il terribile fatto accaduto – hanno rivelato numerose contraddizioni che non è apparso possibile superare, gettando al tempo stesso l’ombra del dubbio che altri soggetti possano essere intervenuti sul luogo della strage, nell’immediatezza dell’esplosione, “in giacca” nonostante la calura del mese estivo e l’ora torrida, non appartenenti alle forze dell’ordine, e individuati anzi da taluni agenti intervenuti nell’immediatezza come “appartenenti ai servizi segreti”. E tale ultimo particolare appare ancora più inquietante se si considera che di “un uomo estraneo a Cosa Nostra” ha riferito anche il collaboratore Gaspare Spatuzza, indicandolo come presente nel magazzino di via Villasevaglios quando, come già detto, il pomeriggio precedente la strage, veniva consegnata la FIAT 126 che sarebbe stata, di lì a poco, imbottita di tritolo.

Delle “numerose contraddizioni” cui accennano i giudici della Corte di Assise di Appello di Caltanissetta abbiamo già riferito nella relazione conclusiva della prima inchiesta, cui espressamente si rinvia. Quello che qui ci preme comprendere meglio è l’importanza dell’agenda rossa, nella prospettiva dell’organizzazione e della pianificazione del depistaggio stesso.

Cruciale, a tal riguardo, è stata l’audizione del procuratore generale Roberto Scarpinato, il quale preliminarmente ci dà una sua lettura sul perché quell’agenda abbia, per coloro che l’avrebbero sottratta, un’importanza vitale.

SCARPINATO, Procuratore Generale presso la Corte d’Appello Palermo. Borsellino ha capito cosa c’è dietro la strage di Capaci. Ha capito che dietro la strage di Capaci ci sono entità esterne a Cosa nostra, ci sono spezzoni dei servizi, pezzi deviati dello Stato e annota tutto questo nella sua agenda rossa con uno sgomento che è progressivo.

Appunti e dettagli

Borsellino prende nota di tutto. Al momento debito riverserà tutte le sue informazioni all’Autorità giudiziaria competente. Bisogna fermarlo a tutti i costi. Ed è qui che la fase esecutiva della strage si interseca, ed armonizza, con il furto dell’agenda.

SCARPINATO, Procuratore Generale presso la Corte d’Appello Palermo. Non basta uccidere Borsellino. Perché se tu lo uccidi, vabbè, Cosa nostra ha fatto quello che doveva fare. Ma se l’agenda rossa nella quale Paolo Borsellino aveva annotato tutti i dialoghi informali e così via finisce nelle mani della magistratura è finita. È finita perché… le chiavi che lo avevano sgomentato sono in grado di aprire scenari che non colpiscono soltanto gli interessi di Cosa nostra ma colpiscono e portano ad individuare i mandanti ed i complici esterni di quella strage.

Scarpinato è categorico: i fatti riportati all’interno dell’agenda sono tali da determinare un terremoto che potrebbe risultare letale non solo per Cosa nostra ma anche per quel sistema di deviazione istituzionale che in questa vicenda gioca un ruolo centrale. Una ricostruzione in aperto contrasto col tentativo di Avola di ricondurre il tutto ad una visione semplificata e confortante: fu solo mafia.

SCARPINATO, Procuratore Generale presso la Corte d’Appello Palermo. È estremamente interessante la sequenza della sparizione dell’agenda che io credo che il pubblico non conosca bene… Il pubblico ritiene che viene sottratta la borsa, viene portata negli uffici di polizia, e poi l’agenda scompare: non è così! L’agenda viene prelevata pochi minuti dopo l’esplosione e qui notate la cooperazione tra mafiosi e soggetti esterni: i mafiosi fanno esplodere la bomba ma non si possono incaricare, dopo l’esplosione, anche di prelevare l’agenda perché è troppo pericoloso. Questo compito può essere assolto soltanto da soggetti insospettabili, perché hanno la veste istituzionale per andare sul luogo e fare questa operazione di prelievo… E poi il carattere selettivo dell’intervento perché nella borsa ce n’erano due agende: c’era l’agenda rossa e l’agenda marrone, ma l’agenda marrone viene lasciata lì dentro. Quindi non è un’operazione protocollare dei servizi: perché l’operazione protocollare dei servizi è che per esigenze di Stato si prende tutto e poi si vede. Invece l’agenda marrone viene lasciata e viene tolta l’agenda rossa.

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