Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata al depistaggio sulla strage di via D’Amelio, nella quale morirono Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Ci siamo già soffermati, nel corso della precedente inchiesta di questa Commissione, sulla rilevanza delle testimonianze rese nell’ambito del processo di primo grado del “Borsellino quater” da parte del sovrintendente Francesco Paolo Maggi, all’epoca in servizio presso la squadra mobile di Palermo, e del vice sovrintendente Giuseppe Garofalo del reparto volanti della locale questura.

I due poliziotti, lo ricordiamo, sono tra i primi ad accorrere sul luogo della strage. Ma non sono i soli ad arrivare tempestivamente: perché quella domenica pomeriggio si aggirano indisturbati tra le macerie di via D’Amelio anche soggetti che si qualificheranno come appartenenti ai servizi.

Maggi ne nota più d’uno: (“quattro o cinque”, “gente di Roma” dirà al dibattimento). Garofalo ne incrocia uno soltanto. Coincide la descrizione: rigorosamente in giacca e cravatta (nonostante fosse il 19 luglio!), non sembrano per nulla scioccati e neppure interessati a prestare soccorso ai residenti feriti.

Qual è allora il motivo della loro presenza? Probabilmente il contenuto della cartella di Paolo Borsellino, rimasta all’interno della Fiat Croma che il magistrato guidava quel pomeriggio (l’autista ministeriale non era in servizio).

La loro è una corsa contro il tempo: bisogna far presto prima che altri possano mettere le mani sull’inseparabile agenda rossa del giudice e magari venire a conoscenza di tutte quelle informazioni che il procuratore aggiunto di Palermo ha scrupolosamente raccolto fino al momento della sua tragica uccisione.

Abbiamo provato a ricostruire quei momenti con uno dei due testimoni, Giuseppe Garofalo, oggi ispettore superiore della Polizia di Stato, all’epoca capo pattuglia della volante 32.

FAVA, presidente della Commissione. Torniamo a quello che è successo il 19 luglio. Voi eravate in servizio da quanto tempo quella mattina?

GAROFALO, ispettore di Polizia. Noi facevamo l’orario 13 – 19. Quindi, dalle 13, dall’una alle sette del pomeriggio.

FAVA, presidente della Commissione. Avevate un settore della città?

GAROFALO, ispettore di Polizia. Sì, la volante 32 si occupava di quella zona lì, ma anche della zona Mondello, insomma, abbastanza larga come zona.

FAVA, presidente della Commissione. Venite avvertiti dalla sala operativa o andate perché sentite il rumore dell’esplosione?

GAROFALO, ispettore di Polizia. Noi siamo stati allertati dalla sala operativa anche se il botto si è sentito… All’inizio si è pensato all’esplosione di una bombola del gas, qualcosa del genere, solo che poi quando le notizie sono iniziate a confluire parlando della via D’Amelio abbiamo capito che c’era qualcosa, insomma, che era collegata al dottore Borsellino. E quindi, immediatamente abbiamo fatto strada… eravamo in zona, a Mondello, tenga presente che abbiamo messo pochissimo ad arrivare perché non c’era traffico.

FAVA, presidente della Commissione. Pochi minuti?

GAROFALO, ispettore di Polizia. Sì, sì, non c’era traffico quindi siamo arrivati subito, abbiamo trovato già la volante 21 che era già arrivata, però oltre alla 21 ancora non c’era nessuno.

La “volante” 32

La volante 32 ci mette poco ad arrivare. Sul posto ci sono già i colleghi della 21. Ed è in quel momento che, a pochi metri dall’autovettura di Paolo Borsellino, Garofalo si imbatte in uomo che si qualifica come appartenente ai servizi. Afferma di essere in cerca della borsa del giudice o, addirittura, Garofalo non lo rammenta bene, ne è già entrato in possesso.

GAROFALO, ispettore di Polizia. C’è stato questo momento che ripeto all’inizio pensavo fosse qualcosa di immaginario…

FAVA, presidente della Commissione. Si ricorda se l’uomo le mostrò un distintivo, un tesserino?

GAROFALO, ispettore di Polizia. Allora, su questo non ho dubbi perché se non fosse stato così, ovviamente, io l’avrei immediatamente bloccato quanto meno controllato o identificato.

FAVA, presidente della Commissione. Per cui ha mostrato qualcosa?

GAROFALO, ispettore di Polizia. Sì, sì, sì.

FAVA, presidente della Commissione. E lo vide vicino all’auto del giudice… a quello che restava dell’auto del giudice?

GAROFALO, ispettore di Polizia. Allora, consideri che in quel momento lì io lo ricordo sempre come una scena di un film di guerra perché vi erano i palazzi con le vetrate sfondate, le auto incendiate, fumo, fiamme… lo shock emotivo è stato enorme… vero è che (l’incontro, ndr.) è durato un secondo perché poi l’obiettivo era quello di aiutare le persone che erano rimaste all’interno delle abitazioni, perché ci siamo resi conto che chi era sulle macchine o era fuori purtroppo era già deceduto. Quindi, sì, questo soggetto lo incontro proprio, c’era la macchina di Borsellino, e ho avuto questo incontro.

FAVA, presidente della Commissione. Lo vede in abiti civili.

GAROFALO, ispettore di Polizia. Abito civile, vestito con una giacca, ecco, la cosa che ha attirato la mia attenzione è stata proprio che aveva una giacca e in estate nessuno porta la giacca e questo è stato il momento in cui io ho avuto un minimo di attenzione… ma anche perché era lì, ora non ricordo se mi ha chiesto della borsa del dottore Borsellino, o piuttosto era in possesso della borsa.

Fermiamoci un istante perché dietro a quello che può apparire come un ricordo sfuocato potrebbe celarsi la fase embrionale del depistaggio. Ossia – così come avrà modo di chiarirci meglio il procuratore generale Roberto Scarpinato – il momento in cui l’agenda rossa di Paolo Borsellino scompare (o, per meglio dire, viene fatta sparire) dalla scena del crimine.

FAVA, presidente della Commissione. Il suo ricordo è che in qualche modo c’entra questa valigetta.

GAROFALO, ispettore di Polizia. Sì.

FAVA, presidente della Commissione. …perché lui le ha chiesto dove fosse o perché lei lo ha visto con la valigetta.

GAROFALO, ispettore di Polizia. Ma parliamo sempre di attimi, di frazione di secondo, istanti.

FAVA, presidente della Commissione. Però certamente c’è un interesse di questa persona: perché la valigetta ce l’ha già o perché chiede a lei dove si trovi.

GAROFALO, ispettore di Polizia. Sì. In ogni caso doveva comunque far parte dell’entourage, delle indagini, perché in quel momento lì…

FAVA, presidente della Commissione. Di questo incontro lei ha fatto menzione in una relazione di servizio?

GAROFALO, ispettore di Polizia. No.

FAVA, presidente della Commissione. Nemmeno verbalmente?

GAROFALO, ispettore di Polizia. Allora non ho fatto menzione nella relazione perché di fatto alla fine, visto che si trattava di personale dei Servizi non c’era motivo di riportare in quel momento lì un fatto che era normale per Palermo, io ho lavorato alla sezione omicidi per un paio di anni qui a Palermo, quindi, capitava sovente che sui luoghi, sui posti dove c’era stato un omicidio piuttosto che qualcosa di particolare vi era personale dei servizi…

Le dichiarazioni di Maggi

Anche in questa sede è tuttavia utile riportare alcuni stralci della deposizione di Francesco Paolo Maggi dinanzi la Corte di Assise del Tribunale di Caltanissetta nel dibattimento del Borsellino Quater (udienza del 20 maggio 2013, pp. 72, 77-79):

TESTE MAGGI F.P. - Cioè la cosa strana è che io notai molta gente che si aggirava giacca e cravatta dei Servizi. Ho detto: "Ma questi come hanno fatto a... a sapere già...?", Ma dopo dieci minuti io già ne avevo visto un paio là che gironzolavano.

P.M. Dott. GOZZO - Lei ha ricostruito che si trattasse dei Servizi o...?

TESTE MAGGI F.P. - Sì, perché un paio li conosco, di Roma. Io ho lavorato sette anni a Roma.

P.M. Dott. GOZZO - E a questo punto la invito a fare i nomi di queste persone, se li riconosce.

TESTE MAGGI F.P. - E non li conosco, conosco di... di faccia, è gente questa che... manco ti dà confidenza.

P.M. Dott. GOZZO - E quando ha notato queste persone? Dal punto di vista del timing, diciamo così.

TESTE MAGGI F.P. - Dopo dieci minuti che era avvenuto tutto il fatto.

P.M. Dott. GOZZO - E quindi quando siete arrivati voi, praticamente.

TESTE MAGGI F.P. - Sì, sì, subito dopo. Io uscii da... da 'sta nebbia che... e subito vedevo che arrivavano tutti 'sti... tutti chissi giacca e cravatta, tutti cu' 'u stesso abito, una cosa meravigliosa.

[…]

TESTE MAGGI F.P. - … ripeto, io sono stato uno dei primi ad arrivare là. E poi in questo andirivieni, che saranno passati cinque - dieci minuti, forse pure un quarto d'ora, non riesco a quantificare i minuti, notavo questa gente giacca e cravatta che... che si avvicinava, che cercava, che... Cioè non.. (…) In primo tempo mi volevo avvicinare a queste persone per chiedere: "Ma voi che state facendo? Che state cercando?" Poi ho visto che era gente di Roma, perché li conoscevo di vista, e ho lasciato perdere.

P.M. Dott. GOZZO - Eh, ma mi scusi, ecco, allora a questo punto esploriamo meglio questa cosa. Stavano cercando cosa? Cioè non dico che lei sapesse cosa stavano cercando, dico, ma cosa facevano?

TESTE MAGGI F.P. - No, tipo che si aggiravano in tutto... in tutta la... come vogliamo dire.

P.M. Dott. GOZZO - In tutta l'area.

TESTE MAGGI F.P. - In tutta l'area, sì.

P.M. Dott. GOZZO - Attorno al cratere, diciamo.

TESTE MAGGI F.P. - Ecco, nelle macchine parcheggiate.

P.M. Dott. GOZZO - Anche vicino a questa macchina azzurrina che lei...?

TESTE MAGGI F.P. - Certo, qualcuno si avvicinò pure là. Va beh, si avvicinarono quando il fumo già forse era un po'

meno, sennò i vestiti si sporcavano.

P.M. Dott. GOZZO - Quindi forse cercavano qualche traccia, come stava facendo lei.

TESTE MAGGI F.P. - E penso di sì, essendo... essendo poliziotti pure loro.

P.M. Dott. GOZZO - Ecco, essendo lei un poliziotto può capire anche l'atteggiamento che si...

TESTE MAGGI F.P. - Non è che gli posso dire a un collega: "Oh, ma che stai facendo? Che fai qua?" Non glielo posso

dire.

P.M. Dott. GOZZO - Diciamo che ha notato, ha registrato questa presenza, ma chiaramente non ha fatto altro.

TESTE MAGGI F.P. - Sì, ho detto: "Ma chissi... ma che ci avevano la radio?" Non lo so io, va', mi sono posto questa domanda, ho detto: "Ma come mai?" E me la sono posto ora. Ai tempi non lo so perché, forse ero troppo giovane, ora, con il tempo, 'sta cosa.

P.M. Dott. GOZZO - Senta, a questo punto, visto che lei ha un ricordo abbastanza nitido, mi pare, se può specificare, ecco, adesso quante sono queste persone, se può in qualche modo quantificarle.

TESTE MAGGI F.P. - Perché arrivavano man mano, diventarono poi un esercito.

P.M. Dott. GOZZO - Allora, diciamo, nell'immediatezza lei già ha individua...?

TESTE MAGGI F.P. - Quattro o cinque potevano essere.

P.M. Dott. GOZZO - Quattro o cinque persone.

TESTE MAGGI F.P. - E c'era qualcuno pure che non conoscevo, ah? Solo che parlavano tra di loro e ho detto: "Mi', su'

puru colleghi", erano vistuti uguali, avevano ddocu 'a spilletta, perché poi...

P.M. Dott. GOZZO - Avevano anche la spilletta di riconoscimento?

TESTE MAGGI F.P. - Penso del Ministero degli Interni o...

P.M. Dott. GOZZO - Del Ministero degli Interni.

TESTE MAGGI F.P. - ...dell'ufficio che facevano parte questi, non lo so.

P.M. Dott. GOZZO - Senta, riesce a descriverli, cioè a dire com'erano, insomma, che...? Oppure ha un ricordo semplicemente numerico, diciamo così?

TESTE MAGGI F.P. - Sì, grossomodo è numerico, dottore, io non... non riesco a vedere... a riconoscere i visi. Mah,

statura normale, tipo la mia.

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