Su Domani continua il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la serie sull’omicidio di Mario Francese e quella sul patto tra Cosa Nostra e i colletti bianchi, raccontiamo adesso la seconda guerra di mafia, quarant’anni dopo.

Il 1° ottobre 1981 - alle ore 13,30 circa - alcune telefonate anonime giunte alla Stazione dei Carabinieri di Carini segnalavano come da poco fosse stato consumato un omicidio nei pressi del passaggio a livello di detto centro.

I carabinieri, giunti sul posto, constatavano che all'altezza del civico 21 della via Provinciale sostava una BMW targata PA-544227 - posta in mezzo a detta strada - con senso di marcia verso la SS.113.

Sul sedile anteriore sinistro giaceva, privo di vita, GALLINA STEFANO, dagli stessi carabinieri ben conosciuto perché diffidato.

Si apprendeva, altresì, che la moglie della vittima, SIMONETTA MARIA, era rimasta a sua volta ferita ed era stata accompagnata presso l'Ospedale di Carini.

L'autovettura, come detto, era ferma al centro della strada, con il senso di marcia verso Palermo, e presentava numerosi fori prodotti da colpi di arma da fuoco sul parabrezza e sulla carrozzeria, mentre i vetri degli sportelli anteriori erano frantumati e il pneumatico anteriore sinistro risultava forato.

Il GALLINA, in sede autoptica, risultava essere stato attinto in varie parti del corpo da sette proiettili calibro 38.

In località "Foresta" di Carini, veniva, inoltre, rinvenuta una Alfa Romeo Giulietta completamente distrutta dal fuoco ed i VV.FF. provvedevano a spegnerne le ultime fiamme.

L'auto era di proprietà di MERCADANTI NATALE ed allo stesso era stata sottratta la notte del 18 agosto 1981 in Palermo.

Trattavasi, molto probabilmente, dell'auto usata dai killer per l'agguato al GALLINA, stante le modalità della sua distruzione nello stesso arco di tempo in cui era stato consumato il delitto.

SIMONETTA MARIA riferiva che il giorno dell'omicidio, verso le ore 14, dopo aver assistito al matrimonio del nipote SIMONETTA DOMENICO presso la Chiesa Madre di Carini, con il marito si stava dirigendo in località "Foresta" ove, nel ristorante "LA CAMPAGNOLA", si sarebbe dovuto tenere il banchetto nuziale.

Lungo la via, la BMW del marito veniva sorpassata da altra autovettura i cui occupanti, dopo aver bloccato il mezzo, esplodevano numerosi colpi di arma da fuoco.

In preda al panico, la donna non sapeva dare nessuna altra utile indicazione sui killer, sulle armi adoperate o sulla dinamica del fatto.

LICASTRI EMILIO riferiva che, precedendo con la sua auto quella di GALLINA STEFANO, stava recandosi al ristorante "LA CAMPAGNOLA" per partecipare al banchetto nuziale.

A circa 250 metri dal passaggio a livello ferroviario notava una autovettura ferma in senso trasversale rispetto all'asse della strada. Detta auto impegnava il senso di marcia opposto al suo, anche se con la parte anteriore rivolta verso la SS.113.

Notava, altresì, quattro uomini fermi sul margine destro della strada, uno accanto all'altro, intenti a guardare verso il centro della carreggiata, tanto da dargli l'impressione che si fosse verificato un incidente stradale.

Subito dopo aver superato detta auto e, comunque, dopo circa 60/70 metri, udiva dei colpi di arma da fuoco per cui, istintivamente, bloccava il suo mezzo e si rannicchiava per proteggersi.

Proprio in quel momento, percepiva il rumore di un'autovettura che proseguiva ad alta velocità in direzione della SS.113 e riusciva a leggere, a distanza di circa 40 metri, le ultime due cifre della targa, indicandole in "38".

Il mezzo che si allontanava era lo stesso poco prima avvistato fermo in mezzo alla carreggiata ed era di colore giallo.

Il LICASTRI, quindi, riferiva di essere sceso e di essersi avvicinato alla BMW del GALLINA ed aveva constatato come questi fosse morto, mentre la moglie veniva soccorsa da un parente.

Sul luogo del delitto, poco dopo, sopraggiungeva il carabiniere TAORMINA ANGELO - originario di Carini ed in servizio presso la Stazione di Palermo - Borgo Nuovo - il quale riferiva che:

- Verso le ore 13,30 si trovava a transitare a bordo della sua auto, proveniente da Palermo per far ritorno a Carini;

- Giunto a circa 200 metri dal passaggio a livello di Carini aveva notato una BMW con a bordo una donna in preda a forte agitazione;

- Nel frattempo aveva notato a circa 15-20 metri dalla sua auto una Alfa Romeo Giulia di colore giallo con a bordo un individuo dalla apparente eta' di 30-35 anni che effettuava una repentiva inversione di marcia per poi dirigersi velocemente verso Palermo;

- Aveva intuito che era accaduto qualcosa di grave e, quindi, effettuata a sua volta l'inversione di marcia, si era posto all'inseguimento della Giulia, riuscendo a riprendere contatto con la stessa nei pressi della Zona Industriale di Carini;

- Aveva constatato che gli sarebbe stato impossibile raggiungere l'auto che procedeva a velocita' sostenuta ed aveva desistito dall'inseguimento, mentre la predetta auto imboccava lo svincolo autostradale per Palermo;

- Era riuscito, comunque, a rilevare il numero di targa che indicava in PA-453236.

- Le immediate indagini facevano rilevare come detta targa appartenesse proprio ad una Alfa Romeo Giulietta di colore giallo intestata ad ALIMENA PROVVIDENZA, residente in Isola Delle Femmine, via Volta n.6.

BRUNO ANTONINO – marito della ALIMENA - dichiarava che detta auto era stata prelevata il mattino del 1 ottobre dal figlio BRUNO FRANCESCO.

Il BRUNO non veniva rintracciato, nè i di lui genitori erano in grado di fornire utili indicazioni per localizzarlo, anche se, concordemente, dichiaravano che lo stesso era uscito di casa quel 1 ottobre verso le ore 7-7,30.

L'alibi smascherato

[…] Le indagini istruttorie, dunque, avevano acclarato come il BRUNO si fosse presentato in cantiere la mattina del 1 ottobre e, allontanatosi, non era stato più visto, nè quel giorno, nè nei successivi giorni.

Il tentativo di fornire un alibi al BRUNO da parte dei suoi soci VITALE e BIONDO era miseramente naufragato: i due, infatti, erano stati smentiti dai dipendenti della impresa sulla presenza del BRUNO in cantiere nel corso della giornata del 1 ottobre, come pure erano stati smentiti dal LUPARELLO sulla recinzione del villino per tracciare la quale tutti e tre i soci sarebbero rimasti a lavorare sino al primo pomeriggio di quel fatidico 1 ottobre.

Tornando alla scena del delitto e, segnatamente, alla BMW del GALLINA, si deve osservare come sulla stessa fossero state rinvenute tracce di una lunga striatura dalla lunghezza di mt.2 sulla fiancata sinistra, dal parafango posteriore allo sportello posteriore, prodotta verosimilmente da collisione con altro autoveicolo, nonché tracce di vernice, presumibilmente beige.

Veniva disposta perizia tecnica per accertare la natura e le caratteristiche chimico-fisiche e meccaniche di alcune impronte e tracce esistenti sulla carrozzeria della BMW.

Il perito riferiva come l'esame, effettuato con adeguata attrezzatura, avesse permesso di accertare che l'impronta in argomento consisteva in un "riporto di smalto di finitura di tipo sintetico termoindurente a tono cromatico giallo chiaro e doveva ritenersi l'esito di un urto di tipo superficiale, ad andamento continuo, fra l'unita' in esame ed altra autovettura, con carrozzeria definita a mezzo prodotti sintetici (smalti) a tono cromatico giallo".

In breve, il perito rilevava come la striatura fosse stata prodotta dall'urto con altra autovettura di colore giallo.

[…] La relazione permetteva di far naufragare anche questo ulteriore tentativo di maldestra difesa approntato dal BRUNO e dai suoi genitori. […] Il BRUNO, cioè, 12 o 16 mesi prima dell'accertamento, aveva provveduto a far riparare la carrozzeria e a far riverniciare di giallo l'auto, con prodotti diversi da quelli impiegati dalla casa costruttrice.

Così facendo, l'imputato eliminava le tracce di striature riportate a causa dell'impatto con la BMW del GALLINA e sostituiva la vernice, sicché non vi fosse più corrispondenza alcuna tra le tracce di vernice lasciate sulla BMW e la vernice della sua "Giulia": tali si rivelavano le conclusioni da trarre e dalla perizia e dai successivi accertamenti richiesti dal P.M. ed effettuati dal G.I.

[…] L'auto, subito dopo l'impatto con la BMW del GALLINA, era stata fatta riparare ed era stata nascosta in un garage non di pertinenza del BRUNO, si che era stato impossibile rinvenirla.

Se il BRUNO, non avesse avuto nulla da temere, avrebbe subito messo a disposizione degli inquirenti detta auto.

Aveva, invece, occultato la stessa anche per non farne rilevare i lavori di riverniciatura effettuati e, dopo oltre 16 mesi, quando già si conoscevano i risultati degli accertamenti cromatici effettuati sulla BMW del GALLINA, aveva tentato di giocare la carta dell'esame peritale sulla stessa, sicuro della diversità delle vernici e della eliminazione delle striature.

Che il BRUNO sia l'autore materiale dell'omicidio del GALLINA, comunque, è evidenziato anche dal falso alibi allo stesso fornito dal VITALE e dal BIONDO e di cui si è ampiamente detto. […].

Il movente dell'omicidio

GALLINA STEFANO apparteneva ad una famiglia (I "Malavita") tristemente famosa nella zona di Villagrazia di Carini per vari episodi delittuosi. GALLINA VITO - suo cugino - era stato ucciso in Fabriano il 4.2.74, mentre un altro suo cugino - GALLINA GIOVANNI - era stato ucciso a Carini subito dopo, il 26.5.74.

GALLINA SALVATORE, fratello dei suddetti VITO e GIOVANNI, era stato tratto in arresto dai CC. di Palermo il 22.10.80 perché implicato in fatti connessi al traffico di stupefacenti, mentre un altro GALLINA SALVATORE, pure cugino della vittima, risulta essere latitante perché colpito da mandato di cattura emesso dal G.I. di Palermo per traffico di stupefacenti.

PIPITONE ANGELO ANTONINO - elemento di spicco della mafia di Carini - e imputato nel presente procedimento penale, è implicato nel traffico di stupefacenti: lo stesso è un altro cugino della vittima.

Nell'agosto del 1980, proprio dietro l'abitazione del predetto PIPITONE veniva scoperta una raffineria di eroina (GERLANDI ALBERTO ed altri), mentre nei pressi di detta abitazione e della raffineria si trovava la villa "bunker" di BADALAMENTI ANTONINO (ucciso il 18 agosto 81), reggente della famiglia mafiosa di Cinisi, succeduto a GAETANO BADALAMENTI nel controllo di detta famiglia.

L'omicidio del GALLINA, quindi, si inquadra perfettamente nella strategia di eliminazione dei "fedelissimi" di GAETANO BADALAMENTI.

Ed, invero, dopo la eliminazione di alcuni dei suoi cugini, dopo l'arresto e la latitanza di altri, GALLINA STEFANO aveva assunto un ruolo di preminenza all'interno di detta famiglia, venendo, cosi', ad essere un punto di riferimento e di forza per tutti gli altri amici del BADALAMENTI.

Non va, infatti, dimenticato come per isolare il potente boss di Cinisi siano stati eliminati BADALAMENTI SILVIO (Marsala 2.6.83), BADALAMENTI NATALE (Carini, 21.11.1983) BADALAMENTI AGOSTINO (20.2.84) BADALAMENTI SALVATORE (Cinisi, 19.11.1982) BADALAMENTI ANTONINO (Carini, 18.8.1981).

La stessa successione cronologica tra gli omicidi di BADALAMENTI ANTONINO e STEFANO GALLINA è altamente indicativa se rapportata anche al ruolo assunto dai due all'interno della famiglia di Cinisi.

Secondo quanto riferito dal BUSCETTA e quanto oggettivamente emerso dalle indagini relative all'omicidio di BADALAMENTI NINO, come si è visto questi aveva sostituito, per decisione della Commissione, GAETANO BADALAMENTI come capo della "famiglia" di Cinisi.

Trattavasi, però, pur sempre di un BADALAMENTI e, con l'ex capo ancora libero ed attivo, rappresentava una minaccia alle mire egemoniche dei corleonesi.

BADALAMENTI NINO viene, cosi', ucciso il 18.8.81 e, dopo due mesi appena, viene ucciso anche STEFANO GALLINA, mentre BADALAMENTI NATALE, altro componente della famiglia, viene ucciso nel novembre del 1983.

Il ruolo del GALLINA, si ripete, va valutato proprio in relazione alla soppressione di NINO BADALAMENTI, all'arresto e alla latitanza di alcuni cugini del primo: tutto ciò aveva posto il GALLINA stesso in una posizione di preminenza all'interno del clan BADALAMENTI e, quindi, nella logica dello sterminio degli amici e congiunti del vecchio capo, la sua eliminazione era inevitabile.

Testi tratti dall'ordinanza del maxi processo

© Riproduzione riservata