Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. In questa serie, tocca al racconto della strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta: Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo.

Un primo dato certo dal quale iniziare tale indagine è costituito dall’individuazione in Giovanni FALCONE del soggetto che doveva essere eliminato nell’attentato di Capaci. [...] Peraltro, l’organizzazione mafiosa di cui ci si occupa aveva già da tempo progettato vari attentati ai danni del predetto Magistrato, come risulta da molteplici dichiarazioni di collaboratori di giustizia convergenti in tal senso.

In particolare MUTOLO Gaspare ha riferito di un progetto risalente al 1984/85 che prevedeva l’uccisione del Magistrato con dei piccoli lanciamissili del tipo Katiuscia lungo il tratto di strada alberato della Favorita che lo stesso doveva percorrere per raggiungere un villino di Valdesi, ove in quel periodo villeggiava, sito nei pressi di un gioielliere a nome FIORENTINO. Detto progetto era stato però accantonato perché il dottor FALCONE era scortato da vari agenti e si volevano evitare le conseguenze dello scontro armato che inevitabilmente ne sarebbe derivato.

Analoghe indicazioni ha fornito il FERRANTE, secondo il quale nel periodo estivo compreso tra il 1983 ed il 1986, periodo durante il quale GAMBINO Giuseppe aveva retto il mandamento di San Lorenzo, in cui ricadeva il territorio interessato, questi lo aveva incaricato di verificare la possibilità di compiere un attentato al Magistrato mentre soggiornava in una villetta di Piazza Valdesi, nella discesa di Mondello, sita nei pressi del ristorante LA SIRENETTA, di cui era direttore il cognato del FERRANTE a nome MINNECI Sebastiano, che gli avrebbe consentito di osservare dalle finestre di quel locale gli spostamenti del dottor FALCONE. Ed ha aggiunto il FERRANTE che si era pensato a due diverse modalità di esecuzione dell’attentato, la prima prevedeva l’uso di un fucile di precisione dal piano superiore rispetto all’ufficio del MINNECI per colpire il Magistrato allorché questi saliva nel terrazzo alle spalle della villetta per fare della ginnastica, progetto che però era stato poi scartato perché avrebbe consentito agli investigatori di individuare facilmente il luogo da cui sarebbero stati esplosi i colpi e, quindi, di risalire al MINNECI. Il secondo piano prevedeva l’impiego di due bazooka mentre il Magistrato percorreva la strada della Favorita che collega Palermo alla villetta, progetto questo che era stato abbandonato dopo che si era verificata la scarsa potenzialità dei bazooka.

I piani per uccidere il giudice

Le indicazioni del FERRANTE trovano riscontro in quelle di BRUSCA Giovanni, il quale, nel confermare il progetto riferito dal FERRANTE ha anche riferito che il bazooka era stato provato nel 1985, proprio in vista di un attentato al dottor FALCONE, su degli speroni rocciosi di una collina, all’interno di un terreno sito in San Giuseppe Iato di proprietà di suo zio BRUSCA Pasquale e se ne era accertata l’inidoneità, poiché l’arma non possedeva l’effetto dirompente voluto.

Della prova del bazooka aveva riferito anche DI MAGGIO Baldassare nelle sue dichiarazioni rese al P.M. in data 4 maggio 1993, dichiarazioni acquisite al fascicolo del dibattimento, essendosi lo stesso avvalso della facoltà di non rispondere, ai sensi dell’art. 513 c.p.p., poiché era stata data lettura di tali dichiarazioni prima dell’entrata in vigore della legge n. 267/1997 e prevedendo in tal caso le disposizioni transitorie di cui al secondo comma dell’art. 6 della legge medesima l’utilizzabilità degli atti, salvo che le parti non richiedano la citazione del dichiarante per un nuovo esame, richiesta che nella fattispecie non è stata avanzata all’udienza del primo settembre 1997, prima che la Corte si ritirasse in Camera di consiglio per la deliberazione finale.

Nelle predette dichiarazioni il DI MAGGIO ha riferito di tale prova del bazooka, verificatasi alla sua presenza, ed in proposito sono stati effettuati dei rilievi tecnici e fotografici in atti che hanno accertato gli effetti dell’esplosione provocata dall’arma sugli speroni rocciosi.

Dell’attentato al Magistrato nel periodo in cui si trovava nella villetta estiva di Mondello ha riferito anche ANZELMO Francesco Paolo, che ha detto che si erano occupati dell’organizzazione del medesimo il GAMBINO e MADONIA Antonino e che egli aveva fatto un sopralluogo con i predetti, nonché con GANCI Raffaele, per osservare la villetta in cui trascorreva le vacanze il dottor FALCONE, vicina alla SIRENETTA.

Cosa Nostra voleva eliminare Falcone dopo Chinnici

Il BRUSCA ha anche riferito di un altro progetto di attentato, precedente a quello di Piazza Valdesi, perché risalente al 1983, poco dopo la strage in cui aveva trovato la morte il Giudice Rocco CHINNICI, capo dell’Ufficio Istruzione degli Affari penali del Tribunale di Palermo in cui lavorava anche il dottor FALCONE. All’epoca, secondo le dichiarazione del BRUSCA, questi aveva ricevuto l’incarico dal RIINA insieme a MADONIA Antonino di controllare gli spostamenti del dottor FALCONE ed era stato progettato di ucciderlo collocando dell’esplosivo, da innescare con un telecomando a distanza, in un vespone o in un furgoncino posteggiato tra i pilastri all’ingresso del Tribunale. Questo progetto era stato poi abbandonato, dopo un periodo di osservazione protrattosi per una decina di giorni, per non coinvolgere un numero assai elevato di persone, tra cui i familiari dei detenuti che frequentavano le aule giudiziarie.

Il BRUSCA ha, inoltre, riferito nella stessa udienza di altro antico progetto di attentato, che prevedeva l’uso di fucili e mitragliatori, da eseguire sulla strada che da Palermo a Castellammare, che a volte percorreva il Magistrato per andare a trovare degli amici nella zona del Trapanese, ove lo stesso aveva lavorato in precedenza per alcuni anni.

Di altro progetto di attentato, risalente al periodo 1985/86 e da eseguirsi in via Notarbartolo di Palermo, ove il Magistrato abitava, hanno riferito GANCI Calogero e lo ANZELMO. Il primo ha dichiarato che all’epoca, dopo la collaborazione del BUSCETTA ed avendo il dottor FALCONE istruito il maxiprocesso di Palermo contro COSA NOSTRA, si era pensato di ucciderlo all’uscita dalla predetta abitazione, appostandosi con dei mitragliatori nella villa POTTINO sita all’angolo opposto del portone dello stabile, progetto questo che era stato però accantonato in considerazione dell’efficace controllo delle forze dell’ordine che si effettuava nella zona.

Lo ANZELMO ha dichiarato che nel 1985, dopo l’omicidio del Commissario CASSARA’, si era progettato di uccidere con la stessa tecnica il dottor FALCONE, colpendolo non appena usciva dall’abitazione di via Notarbartolo e prima che salisse in auto, ma il Magistrato, dopo la tragica fine del predetto funzionario di polizia, aveva adottato ulteriori cautele ed aveva fatto salire l’auto blindata sul marciapiede antistante il portone d’ingresso, in modo da non rimanere allo scoperto.

Il fallito attentato dell’Addaura

Mentre però tutti i progetti summenzionati non erano mai giunti ad uno stadio giuridicamente rilevante, neanche sotto il profilo del tentativo, discorso diverso vale per l’attentato all’Addaura, sul quale occorre sia pur brevemente soffermarsi. In data 21 giugno 1989 personale della Polizia di Stato rinveniva tra gli scogli, a pochi metri dalla riva, una borsa sportiva, collocata a fianco del passaggio obbligato per la discesa al mare che avrebbe dovuto percorrere il Magistrato dalla villa presa in locazione per il periodo estivo. All'interno del borsone si trovava un ordigno esplosivo, costituito da cinquantotto cartucce, per un presumibile peso complessivo di oltre undici chili, con detonatori collegati ad un’apparecchiatura elettrica azionabile con comando a distanza e forse innescabili anche con dispositivo a contatto. Dagli accertamenti compiuti emergeva, altresì, che l’ordigno, che era stato fatto brillare poco dopo il rinvenimento, era stato collocato in quel luogo tra le ore 11 e le ore 14 del giorno precedente e che dal 18 giugno si trovava a Palermo una delegazione di Magistrati e di funzionari di polizia elvetici, condotti dalla dottoressa Carla DEL PONTE, per effettuare una rogatoria nell’ambito di indagini sul riciclaggio internazionale di denaro proveniente dal traffico di stupefacenti. Per questa ragione la delegazione si era incontrata con Giovani FALCONE, che stava conducendo indagini collegate nell’inchiesta denominata “Pizza Connection”, al fine di organizzare una serie di interrogatori.

In ordine alla matrice di tale attentato vanno segnalate, per la loro provenienza da fonti direttamente informate dei fatti e qualificate ad avere una conoscenza dei medesimi, le dichiarazioni del FERRANTE e del BRUSCA.

Il primo ha riferito che pochi giorni prima che i mass media dessero la notizia del fallito attentato dell’Addaura egli aveva prelevato per ordine del BIONDINO un quantitativo di circa 30-40 chili di esplosivo in candelotti da circa 3-4 centimetri, esplosivo che, secondo quanto riferitogli dal BIONDINO, era stato richiesto da MADONIA Antonino, figlio del capomandamento di Resuttana, nel cui territorio ricadeva l’Addaura.

Il BRUSCA ha dichiarato di aver incontrato il RIINA pochi giorni dopo questo attentato e di aver sentito lo stesso esprimere disappunto per la sua mancata riuscita, in quanto egli diceva che sarebbe stato il momento giusto per attuarlo, essendo il Magistrato bersaglio di critiche delegittimanti provenienti da una parte dell’ambiente giudiziario e potendosi più facilmente attribuire la responsabilità dell’attentato a personaggi dei servizi segreti. Sullo stesso argomento il BRUSCA era tornato a parlare con il RIINA quando era stata divulgata la lettera anonima in cui si muovevano delle accuse all’operato di magistrati palermitani, tra i quali il dottor FALCONE, ed in quell’occasione il RIINA, oltre a rammaricarsi ancora del fallimento dell’attentato gli diceva chiaramente che esso era stato posto in essere da COSA NOSTRA. Ulteriore conferma di tale circostanza il BRUSCA aveva poi avuto dal RIINA allorché i mezzi di informazione avevano dato notizia delle indagini sul dottor DI PISA quale possibile autore della lettera anonima summenzionata.

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