Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. In questa serie, tocca al racconto della strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta: Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo.

Il 23 maggio 1992 i sismografi dell’Osservatorio geofisico di Monte Cammarata (Agrigento) registravano, attraverso un aumento di ampiezza relativo ad un segnale ad alta frequenza, gli effetti dello spostamento d’aria provocato dall’avvenuto brillamento di sostanze costituenti verosimilmente materiale esplosivo, verificatosi nel tratto autostradale Palermo Punta Raisi.

Secondo quanto riferito dal teste Smeriglio Giuseppe, primo ricercatore all'Istituto Nazione di Geofisica ed all'epoca responsabile della sezioni Dati Sismici, premesso che non v’erano dubbi che si trattasse di un’esplosione posto che di essa si era riscontrata la forma tipica, nettamente diversa dal segnale rilasciato dalle onde sismiche, la registrazione venne effettuata dai macchinari alle ore 15.56 secondo l’orario di Greenwich, corrispondenti alle 17.56.48 italiane.

La certezza di tale dato consentiva di risalire con esattezza all’ora della deflagrazione, che può fissarsi alle 17. 56. 32, essendo stato necessario detrarre dall’arrivo del segnale sedici secondi, cioè il tempo impiegato dall’onda, che si propaga alla velocità di 4 km al secondo, per percorrere la distanza dal punto di scoppio all’osservatorio, coprendo un tragitto di circa 65 km.

L’ esplosione investiva l’autovettura sulla quale viaggiavano gli agenti di Pubblica Sicurezza Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo, Vito Schifani e quella che seguiva immediatamente dopo, cioè quella nella quale si trovavano i giudici Giovanni Falcone e Francesca Morvillo con l’autista Costanza Giuseppe. A causa della deflagrazione si arrestava la marcia anche della terza auto del corteo, occupata dagli agenti Corbo Angelo, Capuzza Paolo e Cervello Gaspare, e di conseguenza anche di altra che la seguiva, una Lancia Thema targata Palermo 931166, nonchè di altre due autovetture che transitavano nella corsia opposta, una Opel Corsa targata Pa A53642 e una Fiat Uno targata Pa 718283.

I momenti immediatamente successivi allo scoppio vedevano il Corbo e gli altri colleghi che viaggiavano insieme a lui, impegnati, malgrado le ferite riportate, nell’opera di soccorso dei due magistrati e dell’autista, i quali, con l’ausilio dei primi soccorritori, venivano estratti dall’autovettura, ad eccezione del dottor Falcone, per il quale era necessario attendere l’intervento dei Vigili del Fuoco essendo il magistrato rimasto incastrato fra le lamiere dell’autovettura.

I primi soccorritori avevano modo di constatare che tutti gli occupanti della Croma erano in vita, avendo verificato che la dott. ssa Morvillo respirava ancora, pur se priva di conoscenza, mentre invece il dott. Falcone mostrava di recepire con gli occhi le sollecitazioni che gli venivano dai soccorritori. Malgrado gli sforzi profusi dai soccorritori prima e dai sanitari dopo, entrambi i magistrati sarebbero poi deceduti in serata, per le emorragie causate dalle lesioni interne determinate dall’onda d’urto provocata dall’esplosione, mentre per il Costanza la prognosi riservata veniva sciolta favorevolmente dopo trenta giorni.

Nell’immediatezza del fatto nessuna traccia si rinveniva dell’auto che era in testa al corteo, che si pensava in un primo momento fosse addirittura riuscita a sfuggire alla deflagrazione e quindi corsa avanti a chiedere soccorsi. Solo nel corso della serata la Fiat Croma veniva ritrovata completamente distrutta, in un terreno adiacente il tratto autostradale, con i corpi dei tre occupanti privi di vita. I tre agenti erano morti sul colpo, e più in particolare, secondo quanto rilevato dall’esame autoptico effettuato dai dottori Procaccianti, Albano e Maggiordomo la sera dell’attentato alle ore 23.45 presso l’Istituto di Medicina Legale di Palermo, il Montinaro e il Di Cillo per effetto dello squassamento della scatola cranica, mentre lo Schifani era deceduto per le gravissime lesioni cranio encefaliche riportate.

Testi tratti dalla sentenza della Corte d'Assise di Caltanissetta (Presidente Carmelo Zuccaro)

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