Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. In questa serie, tocca al racconto della strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta: Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo.

È il magistrato più amato e più odiato d'Italia, il primo che mette paura a Cosa Nostra. Da vivo perde quasi tutte le sue battaglie, da morto è esaltato e osannato, il più delle volte dagli stessi nemici che ne hanno voluto le sconfitte. Detestato, denigrato, guardato con sospetto dai suoi stessi colleghi in toga, temuto e adulato dalla politica, resiste fra i tormenti schivando attentati dinamitardi e tranelli governativi.

Per tredici lunghissimi anni provano ad annientarlo in ogni momento e in tutti i modi. Per quello che fa o per quello che non fa. Prima tremano per la forza delle sue idee, poi si impossessano della sua eredità. È celebrato come eroe nazionale solo quando è nella tomba.

La collinetta da cui Brusca premette il telecomando per la strage di Capaci, oggi (illustrazione di Dario Campagna)

Dalla morte di Giovanni Falcone sono passati ventinove anni e questa serie del Blog Mafie la dedichiamo alla strage di Capaci pubblicando ampi stralci della prima sentenza della Corte d'Assise di Caltanissetta (Presidente Carmelo Zuccaro) che ha condannato gli assassini del magistrato. Un documento che ricostruisce la dinamica dell'attentato e il movente partendo dalle 17,56 minuti e 48 secondi del 23 maggio 1992, quando gli strumenti dell’Istituto di Geofisica e di Vulcanologia di monte Erice registrano «un piccolo evento sismico con epicentro fra i comuni di Isola delle Femmine e Capaci». Ma non è un terremoto, sono cinquecento chili di tritolo che fanno saltare in aria Giovanni Falcone. 

Il giudice è ancora vivo, lo spazio aereo chiuso, la prima auto blindata è scaraventata a oltre duecento metri di distanza e i tre poliziotti che lo seguono come ombre - Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo - non ci sono più. Muore anche Francesca Morvillo, la moglie di Giovanni Falcone. Sono feriti i poliziotti dell'altra blindata, Angelo Corbo, Paolo Capuzza e Gaspare Cervello. E' sanguinante Giuseppe Costanza, l'autista. Sull'autostrada che corre dall'aeroporto di Punta Raisi a Palermo è l'inferno. Dall'ospedale civico arriva la comunicazione ufficiale: Giovanni Falcone non ce l'ha fatta. La notizia fa il giro del mondo. I sicari sono già lontani, ma non lo saranno per molto. Hanno lasciato tracce sulla collinetta che guarda l'autostrada. Palermo è un grande microfono, due boss parlano di un “attentantuni”, le microspie intercettano le loro voci. La caccia ai killer è appena cominciata. L'ordine della strage è partito da Totò Riina, il capo dei capi di Cosa Nostra. Ancora sconosciuti, dopo quasi tre decenni, quelli che vengono chiamati "i mandanti altri”.

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