Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è incentrata su Trame, il festival dei libri sulle mafie che si tiene dal 22 al 26 giugno a Lamezia Terme.


Il processo Gotha, che si è concluso in primo grado recentemente a Reggio Calabria, è uno dei più importanti processi contro la ’ndrangheta degli ultimi tempi. È importante, in parte, perché ha l’intento di gettare una luce processuale su uno degli aspetti più controversi della storia della mafia degli ultimi quarant’anni: il rapporto tra criminalità organizzata e massoneria.

Gotha è un processo complesso per due motivi: primo perché riguarda la struttura interna della ’ndrangheta—una struttura intricata e in continua evoluzione; secondo, perché ha avuto un iter processuale che adesso comincia a prospettarsi come particolarmente difficile dopo l’annullamento da parte della Cassazione di dieci condanne. Comunque sia, i risultati finora raggiunti ci permettono di trarre delle conclusioni significative sul legame ’ndrangheta-massoneria, conclusioni che dovrebbero indurre chi prende sul serio la lotta alle mafie a riflettere in modo assai profondo. Detto in poche parole, la lezione di Gotha è che i nostri luoghi comuni sulla massoneria non reggono il confronto con la realtà.

Prima di Gotha, gli esiti delle indagini delle forze dell’ordine e della magistratura sul rapporto mafia-criminalità erano stati deludenti. Tanto fumo e poco arrosto, tutto sommato. Emblematico il caso dell’ex-procuratore di Palmi Agostino Cordova che, partendo da un caso di certificati bancari rubati, nel 1992 fa partire una gigantesca inchiesta sulla massoneria che finisce per raccogliere qualcosa come 800 buste di documenti. Nel 2000, però, il processo viene archiviato dal GIP di Roma perché si rifà più «all’immaginario collettivo» sulla massoneria che a prove concrete. Verso la fine del 2021, Cordova perde una causa civile avviata contro il Grande Oriente d’Italia, il quale aveva definito l’inchiesta come «una caccia alle streghe finito con un buco nell’acqua».

Il processo Gotha, che rappresenta la confluenza di ben quattro inchieste separate, è partito da basi documentarie apparentemente più solide, anche se difficilmente componibili in un quadro coerente.

In un’intercettazione del 2011, il boss di Limbadi Pantaleone Mancuso dichiara: «La ’ndrangheta non esiste più! ... una volta... c’era la ’ndrangheta!... la ’ndrangheta fa parte della massoneria!» La massoneria controllerebbe la ’ndrangheta, dunque? Invece la testimonianza dell’ex Gran Maestro del Grande Oriente, Giuliano Di Bernardo, propone uno scenario diametralmente opposto: cioè una massoneria controllata dalla ’ndrangheta. Secondo quanto gli è stato detto da un importante massone calabrese all’inizio degli anni ’90, la ’ndrangheta avrebbe infiltrato ben 28 logge calabresi su 32.

Ci sono altre testimonianze preoccupanti come queste, ma che insieme non aiutano a chiarire il panorama, anche quando vengono da collaboratori di giustizia ritenuti credibili in altra sede. Si è parlato tanto di logge “deviate”, “segrete”, “occulte”, o “coperte”, ma con poche indicazioni sul loro reale funzionamento.

Il nuovo direttorio della ‘Ndrangheta

Alla fine, i giudici del processo Gotha hanno concluso (almeno in primo grado) che esiste un nuovo direttorio della ’ndrangheta, una specie di comitato d’affari apicale composto di “soggetti cerniera” tra il mondo della ’ndrangheta e quello delle istituzioni. Un risultato processuale altamente significativo, dunque. Ma dove è finita la massoneria? La risposta dei giudici, una risposta sulla quale il PM Giuseppe Lombardo non dissente, è deludente per i complottisti della situazione.

Il nuovo direttorio viene chiamato con due nomi dai pochi ’ndranghetisti che ne sono a conoscenza: “gli Invisibili” (perché alla maggior parte degli affiliati non è permesso vederli); oppure “la massoneria” (perché il direttorio opera secondo logiche affaristiche). Per la ’ndrangheta del processo Gotha, dunque, la massoneria è una metafora che non c’entra niente con massoni in carne, ossa e grembiulino. Soprattutto non c’entra niente con le obbedienze maggiori, con il Grande Oriente d’Italia e la Gran Loggia d’Italia. Si vede dunque che la ’ndrangheta, come gran parte del resto della cittadinanza italiana, ha una visione della massoneria fondata su luoghi comuni: cioè, in base ad un vago ricordo della vicenda P2, pensa che "massoneria” sia sinonimo di “potere occulto”, di “rete di affari loschi”.

Tutto i massoni sono innocenti, dunque? Non credo. Tutti i processi contro la massoneria sono destinati a fare lo stesso buco nell’acqua? È questo il rischio se magistrati, poliziotti, giornalisti e cittadini non s’informano molto meglio sul misterioso oggetto “massoneria”. Se continuiamo tutti a parlare di massoneria senza distinguo, come se fosse un mondo unico uniformemente corrotto, e non invece una confusione di gruppi diversi, con intenti molto diversi, in mezzo ai quali è doveroso distinguere i soggetti cattivi dai tanti cittadini per bene.

Se persistiamo nella nostra ignoranza sul vero significato dei giuramenti massonici, e se continuiamo a trattarli come il segno di una specie di omertà per colletti bianchi, legittimando così una presunzione della colpevolezza collettiva. Se lasciamo andare senza commento le tantissime idiozie dietrologiche in circolazione, le quali attribuiscono ad oscure trame massoniche ogni evento storico, dalla Rivoluzione francese all’Unità d’Italia, dall’avvento al potere del fascismo, alla caduta di Mussolini, dal crollo dell’Unione Sovietica alle stragi di mafia del ’92. E se ci facciamo perdere nelle nebbie del sentito dire che da sempre si sollevano quando si parla di massoneria.

Il mondo massonico è un pezzo di società come gli altri. Come tale ha i suoi specifici punti di forza e di debolezza quando si tratta di affrontare il rischio mafia e/o malaffare. La storia della massoneria avrebbe molto da insegnarci su questi aspetti. Le logge in Italia oggi, come in moltissimi altri contesti, sono il prodotto di una storia particolare in cui l’affarismo è lontano dall’essere l’unico fattore in gioco.

È in Italia che troviamo la tradizione più profonda e duratura di miti complottistici, una tradizione che affonda le sue radici nell’ostilità teocratica della Chiesa cattolica nei confronti della Massoneria. In Italia la massoneria, fino alla sua messa al bando dal fascismo nel 1925, è più politicizzata che altrove. In Italia, nel dopoguerra, la Massoneria ha la specificità di dover sopravvivere in una società dominata da due forze politiche, la Dc e il Pci, tutte e due eredi di fortissime tradizioni di ostilità nei confronti delle logge. Sono questi le coordinate di base di un’altra specificità della storia italiana, la P2, una loggia dedicata all’affarismo e al sovversivismo di destra, che tanto ha fatto per insediare nella nostra memoria collettiva un’equivalenza semplicistica e fuorviante: P2 = massoneria.

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