Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è incentrata su Trame, il festival dei libri sulle mafie che si tiene dal 22 al 26 giugno a Lamezia Terme.


Nella storia repubblicana crimine e politica si sono intrecciati spesso. Sono andati a braccetto per lunghi tratti, si potrebbe dire. Dalla strage di Portella delle ginestre (1947) ai sanguinosi tumulti di piazza degli anni Sessanta con i proiettili sparati ad altezza d’uomo; dalle bombe nere esplose tra il 1969 e il 1974 al terrorismo rosso culminato con il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro nel 1978, fino ai delitti di mafia: gli omicidi “eccellenti” degli anni Settanta e Ottanta, poi le stragi del 1992-93. E sullo sfondo le reiterate avvisaglie dei colpi di Stato, forse mai realmente tentati ma costantemente paventati, perché tanto bastava.

Morti e feriti si sono accavallati condizionando e indirizzando la gestione del potere, per garantire determinati equilibri o evitare pericolosi cambiamenti. Una strategia della tensione permanente, sia pure declinata in forme diverse.

Non c’è ovviamente un’unica regia, non fosse altro che per il trascorrere del tempo, in tutto quasi mezzo secolo. Ci sono però nomi che ritornano. E c’è un modus operandi, sia del crimine che del potere, che sembra ripetersi. Sia i terroristi che le organizzazioni criminali hanno inciso sul corso della vita istituzionale, ai livelli più alti, arrivando a togliere di mezzo (in un caso fisicamente, nell’altro politicamente) due potenziali presidenti della Repubblica: Moro nel 1978 e Giulio Andreotti nel 1992, con la sequenza omicidio Lima-strage di Capaci. Il terrore diffuso dalle organizzazioni neofasciste con le bombe di piazza Fontana e di piazza della Loggia, passando per Petano, la questura di Milano e il treno Italicus, s’è riproposto vent’anni più tardi con gli attentati in continente che nel 1993 hanno colpito Roma, Firenze e Milano, e sarebbero proseguiti nel 1994 se non si fossero verificati due “provvidenziali” coincidenze: il malfunzionamento dell’auto-bomba allo stadio Olimpico di Roma e, a seguire, l’arresto dei fratelli Graviano a Milano.

Ma accanto all’operare di mafiosi e terroristi, e in alcuni casi insieme ad esso, c’è l’attività di alcuni apparati di sicurezza che paiono riproporre gli stessi schemi: coperture e depistaggi, distruzione di prove e documenti spariti con modalità che si ripetono nel tempo, prima a protezione delle trame nere e poi di quelle mafiose. Oppure scelte politiche e prassi che finiscono per lasciare campo libero al terrorismo rosso dopo il 1974, quasi che gli obiettivi da colpire non fossero interesse esclusivo delle Br o gruppi simili, ma di centri di potere più o meno occulti; così come nel 1982 e poi ancora nel 1992 vittime della mafia come Pio La Torre, Carlo Alberto dalla Chiesa, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non sono – con ogni probabilità – solo vittime di mafia.

Misteri sui quali ci si interroga ancora oggi: trenta, quaranta, cinquanta anni dopo. E a volte anche di più. 

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