Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è incentrata sul giudice Giovanni Falcone e sulla strage di Capaci di trent’anni fa.


Da alcune settimane gli chiedono di candidarsi come Alto Commissario per la lotta alla mafia. Ci pensa, ormai ha pochi margini di manovra dentro l’ufficio istruzione. Se vuole continuare a combattere i boss forse l’Alto Commissariato – che ha poteri straordinari – è il posto ideale. Falcone accetta la proposta.

Il 5 agosto del 1988 il Consiglio dei ministri nomina Alto Commissario antimafia Domenico Sica. È un magistrato di consumata esperienza che ha attraversato gli anni del terrorismo. Ha aperto centinaia di inchieste, ne ha chiuse poche. Sbarca in Sicilia e, con i suoi uomini, inizia una sotterranea guerra contro il pool antimafia. I mafiosi sono i primi a capirlo. Giovanni Falcone comincia ad avere paura. Sente che è circondato da troppi nemici.

È trascorso un anno molto tormentato dalla sciagura provocata dal Csm. E una lettera anonima viene recapitata negli uffici dell’Alto Commissariato: De Gennaro, e con lui i vertici della Criminalpol romana, erano perfettamente a conoscenza del fatto che Contorno si recava a Palermo per colpire i corleonesi e stanare Totò Riina. Tutto ciò era stato peraltro concordato anche con dei magistrati e in particolare con i giudici Falcone, Ayala e Giammanco con i quali in questi ultimi tempi De Gennaro si è incontrato a Palermo… De Gennaro quindi e i magistrati suddetti hanno inviato Contorno a Palermo ben sapendo che avrebbe commesso dei gravi reati. Si tratta di gravissime responsabilità se si considera che Contorno ha ucciso Mineo, Baiamonte, Aspetti, Messicati e Cerva. Sono fatti gravissimi. Sono veri e propri omicidi di Stato.

Contorno “sicario di Falcone”

Sono i primi giorni di giugno del 1989. E un Corvo, che conosce tutti i segreti del Palazzo di giustizia di Palermo, accusa Giovanni Falcone di aver manovrato un sicario, «un killer di Stato». È una calunnia, ma è la mossa vincente di un piano per screditare davanti all’opinione pubblica la figura del giudice che per molti in Sicilia rappresenta sempre il pericolo più grande.

La storia comincia il 26 maggio del 1989 quando, nelle campagne di Bagheria, viene catturato Salvatore Contorno.

Il pentito vive nascosto in un paese alla periferia di Roma, sotto protezione, ma in quelle settimane arriva a Palermo per colpire i suoi nemici di cosca. Sfugge al controllo della polizia, qualcuno insinua però il sospetto che sia stata proprio la polizia a sguinzagliarlo e a spedirlo nell’isola per stanare Totò Riina. Con l’«autorizzazione» di Falcone.

La notizia dello sbarco a Palermo di Contorno è top secret, il Corvo è al corrente di indagini molto riservate. Solo tre o quattro magistrati conoscono certi dettagli. Scoppia uno scandalo. Dopo un paio di settimane, il Corvo viene individuato nel sostituto procuratore della repubblica Alberto Di Pisa. Lui nega di essere l’autore dell’anonimo, dichiara però di condividerne il contenuto e attacca pubblicamente il giudice Falcone.

Condannato in primo grado «come responsabile delle delazioni anonime», in appello sarà assolto. Ma Giovanni Falcone è ormai sulle prime pagine dei giornali. Accusato di fare «il gioco sporco». Di aver usato un mafioso contro i mafiosi. È il disonore più grande che gli piomba addosso da quando è a Palermo. È anche il movente ideale per ucciderlo. Perché è andato fuori dalle regole. Perché non è un vero giudice ma – come alcuni insistono da tempo – «uno sbirro».

© Riproduzione riservata