«È tutto ok.. siamo ancora a casa e, insieme andremo avanti. Qualche guaio? Certo!.. ma so che, chi vive nella periferia, sa di cosa parlo: contratto di locazione inesistente», scrive il boss Roberto Spada sui social prendendosi gioco dello stato.

La storia dell’immobile del capo del clan omonimo è il racconto perfetto per capire il livello di omertà e disattenzione che soffoca la città di Roma. 

Solo grazie alla solerzia dei carabinieri del nucleo investigativo di Ostia, a 16 anni dall’occupazione dell’immobile, Spada ha ricevuto, nei giorni scorsi, un decreto di sequestro preventivo dell’appartamento dove abusivamente vive con la famiglia e continua ad alloggiare. 

Un sequestro che è stato motivato, risulta a Domani, per i reati che sarebbero stati commessi all’interno, spaccio (a carico di compagna e figlio minorenne) e furto di energia elettrica. 

Il ritorno tra i mi piace

Ma il boss, condannato per la testata al giornalista Daniele Piervincenzi, non è andato via, resta lì insieme alla compagna. Era tornato ad Ostia, libero e sotto sorveglianza, perché la corte di Cassazione deve definire i termini della condanna per associazione mafiosa, dall’accusa di omicidio è stato, invece, assolto. 

Sui social si mostra sorridente raccogliendo consensi, si contano mille like e duecento commenti di vicinanza, come se la vittima fosse lui e non lo stato e le persone alle quali sottrae la casa. In quell’appartamento vive abusivamente da 16 anni grazie all’inerzia del comune di Roma e delle autorità preposte.

Tutti sapevano, fino all’arrivo dei militari, anche perché per quell’occupazione c’è stato anche un processo. Il procedimento penale si è chiuso con l’assoluzione, chi abitava quell’immobile, ascoltata dagli inquirenti, ha negato ogni reato e parlato di un libero scambio di appartamenti. Assoluzione che non cancella un dato: quella di Spada resta un’occupazione abusiva. 

Questa era l’accusa per la quale Spada era stato inquisito:«Costringeva D.R., madre di C.M. detto ‘il sordo, a seguito del mancato pagamento di una partita di hanhsh da parte di quest’ultimo, a  cedergli l’appartamento popolare sito in Ostia, via Guido Vincon numero 27, assegnato alla persona offesa e di maggiore cubatura, e a trasferirsi nell’appartamento sito in via Marino Fasan, di proprietà del comune di Roma prima occupato da Roberto Spada». 

In pratica il boss ha scambiato la sua casa con quella di un indebitato guadagnando in metrature e mostrando il potere del clan. Nessun reato, ma resta l’occupazione abusiva che risale come si legge negli atti al luglio 2006,  quasi 17 anni fa. 

Moglie e figlio accusati di spaccio

Ma perché i carabinieri hanno agito solo ora? Basta leggere il decreto di sequestro preventivo dell’immobile per scoprirlo.

L’appartamento non solo è occupato abusivamente, ma è stato utilizzato per la commissione di attività illecite, fatti che non possono giustificare un eventuale stato di necessità. Nel settembre scorso moglie e figlio, ancora minorenne, sono stati arrestati per spaccio di droga mentre, lo scorso marzo, è stato scoperto il furto di energia elettrica. I carabinieri così hanno scritto al comune di Roma per chiedere conto dello stato dell’immobile ricevendo la conferma che quell’appartamento risulta occupato abusivamente. 

Il boss si difende così: «Ovviamente avevo un contratto Acea e pagavo regolarmente le bollette (non le pubblico ma le consegnerò agli avvocati). Inviavo soldi con bollettini emessi da me, per affitto (documentabili). Oltre al danno la beffa, anzi ulteriore danno: è stato scritto il nome di mio figlio, minore, per un fatto accaduto.. violazione deontologica. Lui sta affrontando, grazie a Dio, una messa alla prova in un ambiente sicuro», scrive Spada. 

E ora cosa succede? Entro dieci giorni il boss deve lasciare la casa, visto che il pubblico ministero, l’indagine è coordinata dall’aggiunto, Stefano Pesci, ha intimato di lasciare l’immobile. Trascorso il tempo necessario, nel caso di diniego da parte del boss, sarà emesso un decreto di sgombero e i carabinieri torneranno, forse l’ultima volta, per sanare un illecito che ha quasi compiuto due decenni. 

Il racket delle case popolari è uno dei grandi business del clan Spada in una città dove ai nomi Casamonica, Spada, Di Silvio corrispondono appartamenti abusivamente occupati da decenni. Un fenomeno che non riguarda soltanto le note famiglie criminali, ma che coinvolge l’intera città con zone dove la compravendita degli immobili è all’ordine del giorno e le graduatorie degli aventi diritto sono carta straccia. 

Per capire il potere degli Spada, cosa rappresenta nella città di Roma bisogna rileggere una deposizione al processo che ha riconosciuto la mafiosità del clan. A parlare è Tamara Iannì. «Quell’ordigno piazzato di recente dai miei, e quegli sguardi che puntavano a farmi tacere, ma sono qui per parlare, ho preso troppe botte. Non tornerei indietro.

Ce l’avevano con me, con mio marito, e pure con mio figlio, che allora aveva due anni. Volevano piegarci, annientare per sempre i Baficchio. Non hanno mai sopportato che mio figlio portasse questo nome, Giovanni, come Galleoni, che loro si vantavano di aver ucciso. Doveva essere morto per sempre».

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