Lunedì sera, a ventiquattr’ore dall’inizio della partita di Champions tra Milan e Paris Saint-Germain, i Navigli milanesi sono diventati teatro di scontro tra le due tifoserie. Tutto è iniziato intorno alla mezzanotte, mentre i locali erano ancora pieni di gente, con sedie e tavoli in strada.

Una quarantina di ultras rossoneri con bastoni, caschi e bengala ha assalito un gruppo di tifosi parigini, per poi fuggire nelle vie limitrofe. Bilancio: un tifoso del Psg accoltellato due volte e altri feriti. Con l’arrivo di polizia e camionette ci sono state cariche contro i francesi: un agente è stato accoltellato e l’aggressore arrestato. In totale sono stati identificati 73 tifosi parigini, risultati tutti senza biglietto.

Ogni settimana

Episodi di questo tipo, seppur minori, si verificano ogni settimana. È difficile dimenticare gli scontri del gennaio scorso sull’A1 tra i tifosi di Napoli e Roma, nella stessa area di servizio dove morì Gabriele Sandri, il tifoso della Lazio ucciso nel 2007 da un colpo di pistola sparato dall’agente Luigi Spaccarotella. Ci furono 180 identificati e quattro arresti. La viabilità era stata bloccata dalla guerriglia; lanci di oggetti, fumogeni e manganellate causarono una decina di chilometri di coda. I due gruppi si stavano dirigendo in direzioni opposte, per trasferte diverse.

«C'è una differenza abissale tra i tifosi che vanno allo stadio, in casa o in trasferta, per cantare, abbracciarsi, gioire o soffrire per la propria squadra e i delinquenti», aveva condannato il ministro per lo Sport, Andrea Abodi. In seguito all’episodio ci fu una riunione con a capo il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, quello dello Sport e i presidenti di Figc e Lega, erano seguite trentatré perquisizioni, ma senza conseguenze sull’andamento del campionato e nessun atto da parte del governo, sensibile invece ad altri episodi considerati di estrema pericolosità pubblica, fino a intervenire con la legge sui rave o il decreto Cutro, approvati in tutta fretta e con tratti chiaramente incostituzionali.

I divieti inutili

Che le tifoserie organizzate si spostino anche solo per mostrare la propria presenza e intimorire gli avversari lo dimostrano i tanti olandesi arrivati nella capitale per seguire Lazio-Feyenoord ieri sera, altra partita di Champions.

Ai tifosi di Rotterdam – dopo gli scontri del 2015 – è vietato venire in trasferta. Quell’anno il centro storico della capitale per ore fu invaso dalla guerriglia, con il danneggiamento della Barcaccia in piazza di Spagna, numerosi feriti, arresti, condanne, oltre che richieste di risarcimento e polemiche tra i due paesi. Il divieto è stato più volte ignorato, perché, se si può bloccare la vendita di biglietti, non si può impedire di prendere un aereo e raggiungere una città o arrivare con pullman organizzati.

L’ultimo divieto violato da parte del Feyenoord c’era stato in aprile, quando un gruppo di ultras era stato ospitato dai napoletani, in aperta rivalità con i romanisti. La rivalità Roma-Napoli va avanti da decenni e si è acuita dopo il 2014, anno dell’omicidio di Ciro Esposito, ferito a colpi di pistola dall'ex ultrà romanista Daniele De Santis e morto dopo 53 giorni di agonia. Dieci giorni fa il centro di Roma è stato invaso dai tifosi dello Slavia Praga, con sei poliziotti feriti e quattro arresti.

Gli incontri tra tifoserie sono partite che si giocano fuori dagli stadi e coinvolgono i gruppi organizzati e l’onore nel difendere i colori della maglia. Le tensioni sui Navigli e l’agguato ai parigini sarebbero il seguito delle violenze avvenute nella partita di andata giocata in Francia, dove le due fazioni erano venute a contatto, sempre a causa del gemellaggio del Psg con i napoletani. Prima della partita era andata in scena una coreografia intimidatoria: “Ti ho nel mirino”, c’era scritto sullo striscione spuntato nella curva francese, un omaggio a Jean Paul Belmondo, raffigurato con una pistola, pronto a colpire.

Negli ultimi quindici anni tanto è cambiato, complice il giro di vite, con l’istituzione della tessera del tifoso e controlli maggiori negli stadi. Anche se resistono, come evidenzia l’attività della Guardia di finanza, gli affari legati alla compravendita di merci contraffatte, che alimentano il mercato parallelo della criminalità e il riciclaggio di denaro.

I dati

Dopo la pausa Covid, che ha rallentato tutto, i numeri sono tornati quelli del pre pandemia. A confermarlo sono i dati dall’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive del Viminale, nel suo ultimo rapporto, in riferimento al 2021-2022. Nei 2.498 incontri di calcio monitorati, i feriti fra i tifosi sono stati 66, tra le forze dell’ordine 72, tra gli steward 17; i denunciati sono stati 1.480 e gli arrestati 59. Sono stati poi emessi 1.741 Daspo, i divieti di accesso alle manifestazioni sportive, mentre 6.343 erano già in vigore durante il 2022.

Gli scontri nel 2021-2022 sono stati 113. Teatro dei conflitti è spesso lo spazio all’esterno degli stadi, ma anche piazze e centri storici, per cui sono spesso gli stessi ultras a trovare un accordo sul luogo dell’incontro-scontro.

La Digos, nel suo ultimo censimento sulle tifoserie organizzate delle serie professionistiche, ha contato 455 gruppi, tra cui 171 apertamente connotati da un orientamento politico, e 41.200 affiliati. I rapporti evidenziano che molti neo gruppi politicizzati, non solo nel calcio ma anche nel basket e nell’hockey, seguono un impianto “popolare”, si autofinanziano e sostengono campagne in tema di antirazzismo, antifascismo e antisessismo, un progetto politico e sociale prima che sportivo.

Ma il razzismo nel calcio rimane una piaga: nella stagione 2021-2022 si sono registrati 50 episodi di discriminazione, cinque dei quali di natura antisemita, con otto violazioni delle norme sull’ostentazione di simbologie vietate. Con spostamenti e trasferte sono riprese altre criticità: negli autogrill si verificano furti, risse e danneggiamenti. Nell’ultimo biennio si contano 94 eventi: le tifoserie maggiormente coinvolte sono quelle di Milan (17), Genoa (11), Roma (10) e Napoli (7).

© Riproduzione riservata