Costretti a parlare una lingua nuova i tifosi della Salernitana non hanno perso tempo. E mostrando grande capacità di convertire il rischio in opportunità hanno piazzato un colpo di grande ingegno, perfettamente in linea col neo-vocabolario che i padroni del vapore calcistico usano come se fosse loro esclusiva, una sorta di codice esoterico da parlare con intenzioni escludenti nei confronti dei tifosi. Per questo sarebbe stato bello vedere la faccia di ciascuno di loro, quando hanno letto di una tifoseria pronta a definirsi formata da stakeholders. E anche se in realtà i sostenitori granata hanno preferito utilizzare la traduzione italiana del termine (“portatori d’interesse”), l’effetto non cambia. Il colpo coglie il bersaglio e segna un precedente cui potranno fare riferimento tutte le altre tifoserie italiane.

Quel trust un po’ troppo blind

Del resto, la situazione che i tifosi della Salernitana stanno affrontando (o meglio, subendo) è inedita. Ciò li ha costretti a un rapidissimo percorso di adattamento. Quale tifoseria italiana ha mai visto mettere in discussione, per una situazione di multiproprietà, un risultato conquistato sul campo? E quale altra tifoseria si è trovata a districarsi fra questioni di blind trust, di gestioni fiduciarie, persino di termini perentori da assolvere entro la conclusione dell’anno solare pena l’esclusione dal campionato?

Condizioni inedite, determinate dal fatto che la squadra sia arrivata in Serie A sotto una proprietà divisa al 50 per cento fra parenti di Claudio Lotito, presidente e proprietario della Lazio. A controllare l’U.S. Salernitana 1919 erano infatti la Omnia Service di Enrico Lotito (il figlio) e la Morgenstern di Marco Mezzaroma (il cognato). Una situazione contraria alle regole Figc sulle multiproprietà, che pure non sono esattamente draconiane ma almeno impediscono di giocare lo stesso campionato a due squadre controllabili dalla medesima proprietà. E dopo la bocciatura di una prima proposta è giunta l’approvazione, da parte della federcalcio, di un blind trust denominato Trust Salernitana 2021. Composto da due soggetti (i trustee) il cui compito è gestire la Salernitana (che intanto è stata affidata all’azione di un amministratore unico, individuato nella figura del generale Ugo Marchetti) e cederla a un nuovo acquirente entro il 31 dicembre 2021.

I due soggetti in questione si chiamano Melior Trust (la cui rappresentante è Susanna Isgrò) e Widar Trust (rappresentato da Paolo Bertoli). Lo scorso 17 luglio hanno comunicato attraverso il sito ufficiale del club di avere avviato la procedura per la vendita della società. Dunque si direbbe che la complessa architettura societaria, tirata su per sottrarre l'Unione Sportiva Salernitana 1919 al rischio di essere esclusa dalla Serie A in pieno campionato, stia facendo il proprio lavoro.

E tuttavia c’è qualcosa che dal punto di vista dei tifosi granata non funziona. Il problema è che questi trustee non comunicano con loro. Tutto ciò che fanno, lo stanno facendo in condizioni che i supporter giudicano opache. Insomma, quel trust è troppo blind (cieco). E poiché negli ultimi anni i tifosi granata hanno già dovuto convivere con parecchi equivoci, hanno deciso che la misura è colma. Vogliono sapere e usano un argomento tale da legittimare il loro diritto a essere informati. Lo status di stakeholders, appunto.

La lettera ultimativa

In assenza di parole di chiarezza i tifosi della Salernitana hanno deciso di battere in colpo con un comunicato firmato dal Centro Coordinamento Salernitana Clubs. E il punto più significativo del documento sta nel passaggio in cui si dice: «Per tali motivi, quali portatori di interesse collettivo e qualificato ed ancor più in nome di una passione popolare che arde attorno alla Maglia Granata, chiediamo di essere resi edotti sulle seguenti circostanze».

Le circostanze alle quali si fa riferimento riguardano le condizioni in cui la cessione deve essere condotta e possono essere lette nel dettagli attraverso la consultazione del documento. Che si conclude con l’annuncio di un possibile ricorso alle vie legali qualora non venissero assolte le richieste condizioni di trasparenza. Ma intanto resta quel riferimento chiaro ai tifosi come “portatori di interesse collettivo e qualificato”. Dunque un soggetto che ritiene di possedere una legittimazione di grado superiore, rispetto a quella che proviene dalla mera passione tifosa. Un profilo, quello da stakeholder, che a una tifoseria dovrebbe da tempo essere riconosciuto in modo automatico, poiché essa è rappresentante di una comunità (anche territoriale) e di una storia di lunga durata. Ma meglio tardi che mai. L’importante è indicare la strada.

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