Chi è davvero Filippo Paradiso? Un semplice assistente di polizia, come segnalano dal Viminale, che ha lavorato nelle segreterie di politici di ogni partito? O un lobbista pagato sottobanco dall’avvocato dei misteri Piero Amara per fare pressioni su membri del Csm, compresa l’attuale presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati? Un referente dei servizi segreti? Oppure un trait d’union tra ecclesiastici e pezzi delle istituzioni?

Paradiso, arrestato per una presunta corruzione dell’ex capo della procura di Taranto Carlo Maria Capristo e ad Amara, è tutte queste cose insieme. Un “facilitatore”, in grado – ipotizzano i pm – di congiungere il mondo di sopra del potere romano e quello di sotto, dove vivono faccendieri, imprenditori e professionisti che talvolta provano ad agganciare chi è più in alto attraverso mediatori. Paradiso, ha scoperto Domani, non è solo un novello poliziotto-lobbista, ma pure un pubblico ufficiale con uno stipendio da poco più di duemila euro al mese che, in appena dieci anni, è riuscito a creare un tesoretto personale di oltre due milioni di euro. Denaro dall’origine misteriosa custodito in una polizza assicurativa finita nel mirino dell’antiriciclaggio.

Poliziotto «relation man»

L’amico della presidente del Senato non ama essere definito assistente di polizia. Anche perché lui su una volante ci è salito solo da giovanissimo. Paradiso è innanzitutto un «relation man», come lo definisce un testimone nei verbali agli atti dell’indagine della procura di Potenza guidata da Francesco Curcio. Non a caso Paradiso è stato preso nella squadra di Casellati (per tre mesi: alle prime avvisaglie di tsunami giudiziari gli uscieri di palazzo Madama gli hanno indicato l’uscita) per organizzare eventi.

La carriera dell’agente segue due binari. Uno ufficiale e uno ufficioso. Direttrici che spesso si incrociano. Poliziotto arrestato negli anni Novanta con l’accusa di omicidio volontario durante una rapina (accusato da un pentito, fu del tutto scagionato tanto da ricevere 270mila euro dallo stato per ingiusta detenzione), nel tempo si è creato ottime entrature anche Oltretevere. Ostentando pure, si legge nelle carte dell’inchiesta di Potenza, «solide entrature nei servizi di sicurezza».

Amico di Marco Mancini, caporeparto del Dis “pensionato” da Mario Draghi e Franco Gabrielli, e di politici di destra e sinistra (Francesco Boccia ha ammesso di conoscerlo da anni) e magistrati di rilievo di varie correnti (da Luca Palamara a Cosimo Ferri), Paradiso appena uscito dal carcere comincia a collaboratore nelle segreterie di ministeri e palazzi del potere. Parte nel 2004 dagli uffici dell’ex ministro Rocco Buttiglione, passando poi a quelli dell’ex portavoce di Berlusconi Paolo Bonaiuti, fino a quelli dell’ex ministro Saverio Romano e – nel 2018 – alla segreteria di Matteo Salvini: più volte Paradiso ha raccontato ai suoi interlocutori delle sue buone entrature (millantava?) con l’ex capo di gabinetto del leghista, l’attuale prefetto di Roma Matteo Piantedosi. Dopo la breve esperienza a palazzo Madama su chiamata di Casellati (in un’altra inchiesta, il poliziotto è accusato con Amara di traffico di influenze proprio per aver “usato” a sua insaputa la presidente del Senato per fini privati) Paradiso è planato nella segreteria del grillino Carlo Sibilia, il sottosegretario dall’Interno che l’ha voluto con sé nonostante il suo nome fosse già accostato a pregiudicati e affaristi.

Il prezzo dei contatti

Camaleontico e trasversale, per gli inquirenti Paradiso nasconde più di un segreto. Uno dei più rilevanti è quello della sua enorme capacità di risparmio. Come fa il poliziotto ad avere nel portafoglio una polizza da oltre due milioni di euro?

Secondo le procure di Potenza e di Roma, infatti, Amara lo foraggiava. Ma con piccole somme e altre micro-utilità: c’è chi ha messo a verbale di aver visto l’ex legale dell’Eni consegnare 2.100 euro in contanti, si parla di un appartamento usato senza pagare il canone, agli atti c’è pure qualche viaggio gratis sulla tratta Roma-Bari. Robetta. Anche il risarcimento da 270 mila euro incassato dallo Stato nel 2007 non spiega come mai un agente che prende 2.200 euro al mese abbia potuto accumulare una fortuna simile. «La polizza assicurativa tuttora in essere, è stata accesa in data 26 giugno 2007. Il totale dei premi versati ammonta a € 2.160.650,00, tutti corrisposti con addebito sul conto corrente n. 1149 intrattenuto da Paradiso presso la Banca Popolare di Puglia e Basilicata», si legge in una relazione dell’Uif, l’unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia.

In pratica, il poliziotto-lobbista che ha lavorato per Amara, negli anni in cui collaborava nei gabinetti e negli uffici di ministeri e in Senato, versava di continuo somme a cinque zeri, che andavano a costituire il capitale di una polizza diventata milionaria in meno di dieci anni. Gli investigatori finanziari riportano un elenco dei versamenti divisi per anno: nel 2007, l’anno in cui Paradiso sostiene di aver percepito il primo risarcimento da 160mila euro, ne versa 250 sulla polizza; l’anno dopo ben mezzo milione; tra il 2016 e il 2017, periodo delle trame con Amara, altri 130mila accrescono il capitale. Ogni anno l’investimento garantisce così a Paradiso anche un rendimento, una sorta di stipendio extra sulla base di quanto ha reso la polizza: si passa dai quasi 4mila del 2007 agli oltre 24mila del 2019.

I sospetti

Anche i pm di Potenza hanno più di un sospetto e scrivono che la polizza «di gestione patrimoniale» è «incompatibile con il suo regime reddituale». La domanda è semplice: come ha fatto un semplice agente di polizia a mettere da parte una cifra del genere? Come e da chi ha ottenuto somme così rilevanti? Un anno fa, davanti ai magistrati di Roma che gli chiedevano conto dell’origine del tesoro milionario, Paradiso si è avvalso della facoltà di non rispondere. Quello della polizza è solo l’ultimo dei segreti di un assistente di polizia dai mille volti. Un poliziotto che secondo qualcuno vendeva quello che a Roma vale più della Fontana di Trevi: l’agenda telefonica e le capacità relazionali.

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