Una farsa. A questa è stata ridotta la prova d’esame d’italiano del campione di calcio Luis Suarez, che per vestire la maglia della Juventus avrebbe dovuto prendere la cittadinanza italiana. Ma prima appunto serviva superare la prova d’italiano all’università per stranieri di Perugia. La farsa però è stata architettata non tanto dai professori che hanno sostanzialmente eseguito ordini di personaggi molto potenti: i dirigenti della Juventus, in primis Fabio Paratici, direttore sportivo della squadra bianconera che non ha esitato a contattare una sua vecchia amica d’infanzia che oggi conta molto nel governo, la ministra dei trasporti Paola De Micheli.

La catena di comando

De Micheli sentita a sommarie informazioni dalla procura diretta da Raffaele Cantone, ha confermato la richiesta di Paratici: «Lo stesso ministro De Micheli, sentita il 13 novembre 2020, ha confermato che Paratici l’aveva contattata per chiedere un supporto per completare l’iter di ottenimento della cittadinanza italiana di Suarez e di avere messo in contatto lo staff della Juventus con la competente struttura amministrativa del ministero dell’Interno, in particolare con il capo di gabinetto prefetto Bruno Frattasi, che ha attivato le intelocuzioni con i responsabili degli uffici competenti». Ha dunque inizio qui quella che nella richiesta di misure cautelari i magistrati definiscono «la fase ministeriale» dell’inchiesta. 

Una fase rilevante per quante e che tipo di pressioni hanno subito gli anelli ultimi della catena: i professori che hanno esaminato il pessimo italiano del bomber, “il pistolero” Suarez. «La videoregistrazione dell'esame rappresenta allora poco più della riproduzione di una recita, nella quale gli interpreti Rocca (uno dei professori ndr) e Suarez si sono limitati a seguire il binario prestabilito. Il calciatore, con una pronuncia stentata e chiaramente ispanofona caratterizzata dalle “s” in fondo alle parole, si è limitato a ripetere le frasi riportate nei file che La Spina (altro indagato dell’Università ndr) aveva inviato a lui e a Rocca con le cinque parti dell’esame: dalla presentazione di sé e della sua famiglia, alla descrizione delle fotografie, alla conversazione su una immaginaria gita ad Assisi».

Una farsa, dunque, messa in piedi dai dirigenti della Juventus e sulla quale la procura di Perugia con la guardia di finanza vuole vederci chiaro. 

La fase ministeriale

«Le indagini successive, anche a seguito di quanto dichiarato, in data 25.9.2020, dai legali della Juventus e in particolare dall'avvocato Chiappero, si sono rivolte anche ad accertare eventuali contatti tenuti dai vertici della Juventus con le strutture ministeriali competenti per la pratica relativa al rilascio della cittadinanza del calciatore», si legge nella richiesta firmata dai procuratore capo Raffaele Cantone. Già, perché molte dichiarazioni messe a verbale inizialmente, sostengono gli inquirenti, non corrispondevano alla realtà, anzi «i riscontri» effettuati dalla guardia di finanza «smentiscono la ricostruzione fatta da Chiappero». 

«È, infatti, emerso che della questione della cittadinanza cli Suarez, sono stati interessati, a vario titolo, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti On. Paola De Micheli, diversi alti funzionari del ministero dell'Interno, lungo la linea gerarchica che, dal Capo di Gabinetto Prefetto Bruno Frattasi per il tramite del Capo Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione Prefetto Michele Di Bari e del Direttore Centrale Prefetto Rosanna Rabuano, conduce al Capo ufficio staff e vicario del direttore Centrale per i Diritti Civili e la cittadinanza e le minoranze, Vice Prefetto Antonella Dinacci che ha interloquito con l’avvocato Chiappero».

Insomma, la catena gerarchica del Viminale e la Juventus alla ricerca del colpaccio del calciomercato. Il prefetto Michele Di Bari, in particolare, ai magistrati ha confermato che si è attivato su richiesta di Frattasi a sua volta contattato dal ministro De Micheli. Il fatto curioso è che non è Chiappero a chiamare, ma una volta ricevuto il numero negli uffici del Viminale saranno i prefetti a farlo.

C’è poi un ultimo sospetto riportato dai magistrati nel loro atto d’accusa e sul quale ci saranno approfondimenti: «Sussistono, quindi, fondati dubbi che i rappresenti della Juventus abbiano potuto avere contezza, nel lasso temporale dall'8 al 14 settembre 2020, dell'esistenza di questo procedimento e delle attività tecniche in corso».

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