- Il nostro rapporto con la morte era già monco e irrisolto quando avevamo tempo di riflettere e modo di tenere per mano persone affette da malattie incurabili.
- Ora, ci troviamo con esplose tra le mani le cifre impensabili dei morti per Coronavirus, persone che spariscono dalle nostre comunità di riferimento in modo spesso fulmineo e senza il conforto della vicinanza fisica.
- In questo contesto viviamo combattuti tra due fattori opposti e complementari. Da un lato c’è l’importanza di insistere sul mantenimento della memoria. Dall’altro c’è la necessità di riconoscere il diritto a una stanchezza emotiva profonda.
Con altre 318 vittime, l’Italia ha superato la soglia dei 100.000 morti dall’inizio della pandemia. In tutto il mondo si è superata la soglia dei due milioni e mezzo. «La ricerca intorno alla morte e al morire è stata relegata all’ambito degli studi accademici, disertando il campo della riflessione esistenziale tanto nella vita di tutti i giorni quanto nella pratica clinica», leggo nell’introduzione di un saggio appena aperto, e che prosegue spiegando l’importanza di non sottovalutare gli effet



