È stato l’avvento delle reti 5G a mettere il vento nelle vele di Huawei in Italia. Il più grande produttore di apparati per telecomunicazioni del mondo si è dimostrato uno dei migliori fornitori di infrastrutture per l’ultima generazione di comunicazioni mobili, il 5G appunto, togliendo quote di mercato alle europee Nokia ed Ericsson.

Tim e Vodafone sono state per anni ottimi clienti del gruppo cinese, tanto che, come sottolineato dalla società di consulenza Strand Consult in un rapporto del 2022, il 51 per cento delle infrastrutture per telecomunicazioni italiane era in capo a società cinesi (Huawei e Zte), e in particolare nel settore delle apparecchiature per le reti di accesso radio (Ran).

A far scendere la società di Shenzhen dal podio dei fornitori più apprezzati dai manager delle compagnie di telecomunicazioni sono stati i timori, da parte dei governi occidentali, che la forte presenza delle aziende cinesi in un settore così importante come il 5G potesse rappresentare una minaccia. Così il bando deciso nel 2019 dall’amministrazione Trump è stato seguito nel 2020 dalle raccomandazioni della Commissione Ue di proteggere le reti 5G dai fornitori ad alto rischio.

Secondo la Commissione, «miliardi di oggetti e sistemi connessi sono coinvolti, inclusi settori critici come l’energia, i trasporti, le banche e la salute» e «un Paese terzo ostile potrebbe esercitare pressione sui fornitori 5G al fine di facilitare cyberattacchi che servano i loro interessi nazionali».

Golden power Draghi

Il risultato è stato nel 2022 l’esercizio da parte del governo italiano guidato da Mario Draghi del “golden power” sui piani di sviluppo di Tim e Vodafone, per escludere gradualmente Huawei e Zte dalle infrastrutture, in favore di Ericsson, di Nokia e di alcuni fornitori statunitensi.

Tim e Vodafone hanno risposto riducendo la presenza del gruppo cinese dalle reti e in particolare nella parte radio. Ma la sostituzione di alcuni di questi apparati non potrà che essere graduale, bisognerà attendere che concludano il loro ciclo di vita utile che dura qualche anno.

Intanto la Commissione europea non è soddisfatta di quanto i governi dell’Unione stanno facendo: nel giugno scorso il commissario Ue al Mercato interno, Thierry Breton, ha ventilato la messa al bando dell’azienda cinese, constatando la lentezza dei governi nell’applicare le misure raccomandate nel 2020.

700 miliardi di yuan

Il business delle reti mobili è molto importante per Huawei, che naturalmente continua a professare la sua serietà e indipendenza dal governo cinese. Nato nel 1987, il gruppo è posseduto da 142.315 suoi dipendenti ed ex dipendenti, mentre il fondatore Ren Zhengfei possiede lo 0,73 per cento del capitale.

Dopo aver subito una caduta del giro d’affari in seguito al bando statunitense, il gruppo si è ripreso e ha chiuso il 2023 con un fatturato superiore ai 700 miliardi di yuan (circa 100 miliardi di dollari), in crescita del 9 per cento, dimostrando una certa capacità di reazione alle sanzioni americane.

1 miliardo in Italia

In Italia, Huawei è presente dal 2004, dà lavoro attualmente a oltre 700 persone. La società non fornisce il dato del fatturato che realizza in Italia: l’ultimo valore disponibile risale al 2019 quando i ricavi viaggiavano intorno al miliardo di euro.

A differenza dei concorrenti europei, la società cinese ha una visione a 360 gradi del mercato: produce tutto, dal chip alle reti fisse e mobili, dai server al cloud computing, dalle applicazioni industriali fino ai dispositivi che portiamo in tasca.

In Italia il gruppo cinese continua a fare affari con le aziende, a cui fornisce un ampio spettro di tecnologie digitali. E investe per migliorare costantemente la propria immagine in una serie di progetti: da quelli che riguardano la protezione della biodiversità alla collaborazione con la Sda dell’Università Bocconi per aumentare la partecipazione femminile.

Nel 2019 la società ha lanciato l’Huawei SmartBus per «fornire formazione agli studenti delle scuole sulla consapevolezza della sicurezza informatica e l’uso responsabile degli strumenti digitali». Nel febbraio 2023, il tour in Italia è iniziato con il progetto “SmartBus: Cybersafe on Board”. Nelle regioni Piemonte, Lombardia, Toscana, Lazio e Campania, la formazione ha coinvolto 4.500 bambini di 206 scuole.

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