A settembre il Comune di Venezia ha approvato una misura a lungo discussa: una tassa di ingresso per i turisti che visitano la città antica in giornata. Sono esentati dal pagamento, dunque, i turisti che pernottano nel Comune, i minori di 15 anni, i veneti e altre categorie specifiche.

«Non è una rivoluzione, ma il primo passo di un percorso che regolamenta l’accesso dei visitatori giornalieri» ha detto il sindaco Brugnaro. «Una sperimentazione che ha l’obiettivo di migliorare la vivibilità della città, di chi ci abita e di chi ci lavora. La porteremo avanti con grande umiltà e con la consapevolezza che ci potranno essere dei problemi». Il calendario, in particolare, prevede 29 giornate in cui la misura sarà applicata nel 2024, a partire dal 25 aprile fino al 5 maggio, e poi in tutti i week end di maggio, giugno e luglio.

L’approvazione arriva dopo che l’Unesco ha valutato per ben due volte in tre anni la possibilità di inserire Venezia nel registro dei siti in pericolo, limitando così l’autonomia decisionale degli organi locali. La prima volta risale a quando, nel 2019, una nave da crociera colpì la banchina di San Basilio, causando quattro feriti e sollevando uno scandalo a livello internazionale. Seguì la pausa pandemica, l’ammonimento dell’Unesco nel 2021 e la decisione da parte del governo Draghi di impedire alle grandi navi il passaggio nel Canale della Giudecca.

La seconda, lo scorso luglio, motivata dal fatto che “il continuo sviluppo, gli impatti dei cambiamenti climatici e del turismo di massa rischiano di provocare cambiamenti irreversibili”. Allora il 12 settembre il Consiglio comunale approva la misura e due giorni dopo l’Unesco vota, stabilendo di non inserire Venezia fra i siti in pericolo.

«Il tema dell’overtourism interessa sempre più le città europee. Venezia, tra queste, è forse la più fragile» commenta l’assessore Venturini. «Il nostro obiettivo, infatti, non è di fare cassa ma di mettere a punto, primi al mondo, uno strumento in grado di individuare un nuovo equilibrio tra le esigenze di chi a Venezia ci abita, ci lavora o ci studia e chi Venezia la intende visitare e conoscere».

Eppure questo approccio potrebbe eludere il vero problema. Secondo l’Eurostat, nel 2021 Venezia è stata la prima città in Europa per pernottamenti turistici: in particolare, i posti letto prenotati nelle strutture ricettive sono stati 27,1 milioni. Più di Parigi, più della Lombardia, della Puglia o della Liguria, più dell’intera Finlandia. Non fosse che il centro storico della città lagunare, quello in cui si concentrano alberghi, bnb e flussi turistici, è un’isola di appena 7,6 chilometri quadrati: un quattordicesimo di Parigi. Quindi se anche il sovraffollamento turistico, detto oggi overtourism, non è estraneo a molte città italiane ed europee, a Venezia acquisisce dimensioni macroscopiche. Inoltre, non significa solo che è complicato attraversare il Ponte dei Sospiri a causa delle frotte di persone che vi sostano per scattare una foto, ma coincide con l’esodo dei residenti.

Le associazioni Venissa.com e Ocio hanno installato in due diversi negozi della città, cioè la Farmacia Morelli e la libreria usata Marco Polo, due contatori che segnano rispettivamente i posti letto per residenti e i posti letto ad uso turistico. Sempre a settembre è avvenuto il superamento ufficiale: mentre i primi sono 49.254, i secondi sono 49.980. I posti letto dedicati ai turisti, dunque, sono più di quelli dei residenti.

«Sono nato e cresciuto a Venezia. Nel tempo ho visto sparire i bambini che giocano nei campi (piazze veneziane, ndr), ho visto sparire i negozi di vicinato, parlo di panifici, alimentari, ferramenta. Poi, da quando c’è il gps, i turisti si riversano anche nelle piccole calli (strade veneziane, ndr) che noi del posto usavamo per evitarli e andare in fretta» racconta il portavoce dell’associazione Venissa.com Matteo Secchi. «Lavoro come portiere in un albergo e non ho niente contro i turisti. Ma loro stessi mi dicono che vogliono visitare una città viva, comprensiva dei suoi abitanti, non una città morta come Pompei».

L’esodo dei residenti verso quella che viene chiamata “terraferma”, soprattutto nei comuni limitrofi di Mestre e Marghera, è un processo iniziato negli anni ’50, quando gli abitanti della città storica erano più di 170 mila, e oggi continua ininterrotto.

«Quando ad aprile abbiamo posizionato il contatore dei posti letto turistici, non ci aspettavamo il superamento in pochi mesi» commenta Maria Fiano, portavoce di Ocio, che è la sigla di Osservatorio CIvicO indipendente sulla casa e sulla residenzialità. «La situazione è grave» prosegue, «perché segna la trasformazione da città a non città, dove invece di abitanti stabili ci sono visitatori temporanei. Persone che ovviamente pernottano nel settore ricettivo, per cui molti edifici che una volta erano servizi per la città, come la Camera di commercio e la Casa di cura, sono stati trasformati in alberghi e le case dei residenti sono diventate locazioni turistiche. Il resto è un bar continuo». E commenta così il regolamento approvato dal Comune: «Dopo che abbiamo segnalato con allarme il superamento dei posti letto ad uso turistico rispetto ai residenti, mi sembra più urgente regolamentare l'offerta ricettiva».

Fra le ragioni per cui i residenti si trasferiscono in terraferma spesso vengono menzionati, in primo luogo, gli alti costi dell’isola e poi uno stile di vita più “comodo”, che per esempio consente l’uso della macchina. Questa prospettiva è condivisa anche dagli studenti universitari fuori sede, attirati a Venezia da eccellenze come Iuav e Ca’ Foscari.

Valentina Rizzi è dottoranda in Arti Visive allo Iauv e viene da Milano. Si è trasferita nel 2018 per il corso magistrale: «All’inizio vivevo a Mestre in una casa ideale come rapporto qualità-prezzo, ma la situazione sta diventando difficile anche lì» racconta. «Per noi studenti i prezzi sono proibitivi e le disponibilità sono limitate. Oggi mi considero fortunata, perché con moltissime difficoltà ho trovato finalmente una stanza con contratto lungo 3+2 sull’isola, grazie a una proprietaria disponibile ad aiutare studenti e giovani lavoratori». Oltre alle lunghe ricerche, non sempre di successo, può capitare che gli studenti si trovino ad accettare condizioni particolarmente disagevoli. «Conosco personalmente diversi studenti» conclude Valentina Rizzi, «che vivono da privati o in residenza e devono lasciare la propria stanza da giugno a ottobre, perché proprietari e gestori preferiscono affittare ai turisti».

Certamente il turismo è un’entrata di denaro ingente in Italia. In particolare, nel 2019 ha generato quasi 100 miliardi di euro, circa il 6% del Pil. D’altro canto, il fenomeno dell’overtourism è stato ormai messo a fuoco, e viene definito come quel sovraffollamento turistico che comporta un impatto negativo sui residenti, sui luoghi e sui turisti stessi. Proprio con l’obiettivo di contrastarlo il Comune di Venezia ha approvato la misura.

Ma davvero potrà riuscirci una tassa da 5 euro, in una città dove una singola corsa in vaporetto costa a un visitatore 9,50 euro? Avrà un qualche effetto sull’esodo dei residenti? E poi, quale turismo ha di mira? Quello dei gruppi che prenotano un pacchetto in agenzia? Quello dei tour organizzati? Quello delle crociere, che ancora attraccano in Laguna?

Cal e Daisy sono due studenti, in arrivo da Irlanda e Scozia. Alloggiano al Camping Fusina, perché più economico. Avrebbero, per la stessa ragione, potuto fermarsi nei pressi di Padova, magari con l’idea di sfruttare ciò che da visitare offre il territorio fra le due città. «Capisco la misura perché le strade qui sono veramente affollate, però ho idee contrastanti su questa misura, perché siamo studenti e non possiamo spendere molto» commenta Daisy. E Cal afferma: «Penso che pagherei, perché è la prima volta che vengo e ci tengo. Ma non sarei contento: cinque euro per passeggiare in città mi sembrano tanti».

© Riproduzione riservata