La mattina di giovedì 1 luglio il generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario straordinario per l’emergenza Covid, ha chiesto a santa Rita da Cascia (in mimetica, quindi a nome della Repubblica italiana) di aiutarci a uscire dalla pandemia. Come prima reazione verrebbe da ridere. Come seconda da piangere. Ma a pensarci meglio è doveroso occuparsi di un atto di straordinaria gravità sul quale il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, custode della Costituzione repubblicana, dovrebbe intervenire con severità. Figliuolo ha arbitrariamente introdotto una modifica radicale nella costituzione materiale del paese, affiancando la magia alla nostra architettura di istituzioni e valori. Non è un problema teorico: non solo questa alzata d’ingegno del devoto Figliuolo può portare gravissimi danni pratici alla campagna vaccinale, ma non sarebbe esagerato definirlo un colpo di stato militar-culturale.

Chiariamo subito che qui non si fanno esercizi di anticlericalismo o di ateismo irridente. Non è in discussione il rispetto per le fedi religiose e nemmeno per il culto dei santi. Al contrario, è il generale in mimetica che in un colpo solo, coinvolgendo lo stato in una materia di cui con tutta evidenza sa poco, ha mancato di rispetto alla fede religiosa e alla dignità dello stato laico che, con la mimetica addosso, rappresenta.

Il culto di santa Rita o quello di Padre Pio o di san Gennaro sono una realtà. Rappresentano la permanenza nella cultura e nella psiche di tutti noi degli elementi della cultura magica che millenni fa era il pilastro del il paganesimo di cui l’ebraismo, il cristianesimo e l’islamismo (ciascuno figlio del precedente) hanno costituito il (parziale) superamento. Gli dei greci erano pieni di difetti e intervenivano direttamente nella vita delle persone, spesso con azioni ostili perché ostile era il contesto in cui gli uomini sapevano di vivere. L’ebraismo ha inventato, e il cristianesimo ha ereditato, il monoteismo che stabilisce un rapporto diretto tra Dio e uomini: siamo suoi figli e ci ama, ma è anche severo. Il Dio cristiano ci dà precetti da seguire e si riserva il giudizio finale sul nostro comportamento con il quale ci manderà all’inferno o in paradiso. Ma è anche onnisciente e quindi sa già come ci comporteremo e chi di noi andrà all’inferno, per cui sulla questione del libero arbitrio e sulla responsabilità personale i teologi e i filosofi si accapigliano da secoli, così come su un interrogativo generale: visto che Dio ama i suoi figli, possiamo sperare che il giudizio universale si risolva in una sanatoria generale? Il punto è serio.

Vita spirituale

Non c’è religione o filosofia che risolva l’angoscia della morte. Perciò la vita spirituale di quasi tutti gli uomini e le donne è, all’insaputa di Figliuolo, complessa assai e piena di contraddizioni. Siamo razionali ma ogni miscredente sa che c’è stato un momento di disperazione in cui si è trovato, senza sapere come, a pregare. La cultura magica resta dentro di noi, continuiamo a credere a qualcosa di irrazionale che determina gli eventi inspiegabili della nostra vita, un malocchio che ci ha portato male, un miracolo che ha guarito un nostro caro.

Dire che chiedere la grazia a un santo è pura cultura magica non è dispregiativo. Da sempre i migliori intellettuali si dedicano allo studio dei rapporti complessi tra la cultura occidentale (che facciamo risalire a Aristotele) e il pensiero magico che sopravvive al suo interno. Il cristianesimo è un intreccio di razionalismo e magia, con pari dignità, che solo un buontempone butterebbe in barzelletta. Chiedere a un credente se pensa davvero che il vino diventi sangue implica lo stupido cinismo di chi non rispetta la fragilità dei suoi simili e non capisce che quella contraddizione custodisce l’angoscia di tutti. Poco prima che Figliuolo nascesse, la sua Lucania fu battuta palmo a palmo da una grande studioso come Ernesto De Martino che catalogò tutti i riti e le credenze magiche della regione, come il malocchio, la jettatura, l’esorcismo. Credenze che forse Figliuolo ha introiettato senza leggere De Martino. Legittimo, per carità, però se è così non parli a nome dello stato.

Della cultura magica fa parte a pieno titolo il culto dei santi che da un punto di vista razionale non starebbe in piedi. Perché rivolgersi a santa Rita e non direttamente all’Onnipotente? Forse perché lo riteniamo troppo impegnato e quindi organizzato con un sistema di deleghe? Vedete subito che applicare la razionalità al tema sarebbe pura e stupida cattiveria. Chi si rivolge a santa Rita cerca un riparo per la propria disperazione. Mia nonna le chiese di far guarire mio padre in pericolo di vita per un’otite perforante e, a guarigione avvenuta, non ha smesso per il resto dei suoi giorni di ringraziarla, non mancando di ricordare in modo martellante ai nipoti che senza quell’intervento miracoloso nemmeno noi saremmo nati. Nemmeno lo scienziato miscredente miracolato per le vie brevi dalla “santa degli impossibili” si è mai permesso di commentare, nemmeno quando santa Rita lasciò inevasa un’invocazione di miracolo per analoga emergenza.

Giana Petronio, moglie del grande economista e politico Nino Andreatta e scienziata, ha ammesso che, quando il marito è entrato nel coma profondo concluso dopo otto anni con la morte, le ha provate tutte: «Dopo la scienza, non mi vergogno di dire che intanto ho adito anche altre strade: un sacerdote pranoterapeuta, i neocatecumenali, nella persona di un certo padre John (abbreviazione di un lunghissimo nome indiano), noto su Rete 4 per i “miracoli” che faceva quotidianamente o quasi; una signora della buona borghesia romana, moglie di un conoscente, che portò un’amica che aveva risvegliato un ragazzino in stato vegetativo e uscì piangendo perché con noi aveva fallito, una comunità che faceva reiki tutta insieme per dargli forza, le suore di clausura mobilitate da mia nuora a pregare per lui, una signora che, in possesso di una foto, “parlava con i comatosi” e si faceva dire quale destino prevedevano di avere, fino al famoso Mario Azzoni, uomo da paginate di rotocalchi, che dal vivo o da una foto si diceva diagnosticasse malattie pregresse e presenti con relativa prognosi e “vide” che Nino si sarebbe svegliato». Di fronte a tanta disperazione privata, l’unico istinto umano è di abbracciare questa donna, non certo di prenderla in giro.

Una fesseria

Ma proprio questo è l’elemento scandaloso della performance di Figliuolo a favore di telecamere. Con la sua mimetica ha preso un sentimento popolare, ma privato e insondabile, e lo ha attribuito allo stato, con dichiarazioni di gravità inaudita: «Ho chiesto a santa Rita di aiutare l’Italia ad uscire da questa pandemia, far sì che la campagna vaccinale proceda e che tutti gli italiani ne capiscano l’importanza. Confidenti nella scienza ma anche nella spiritualità, auspico che santa Rita posi la sua santa mano sopra di noi per far in modo che ne usciamo». C’è di che trasecolare.

Ci sono italiani i quali, anche perché confusi dai messaggi contraddittori della scienza e della politica, non si fidano dei vaccini. E il responsabile primo della campagna vaccinale li avverte che ha chiesto a santa Rita di farli rinsavire? E il no-vax che non si fida della scienza si farà convincere dalla spiritualità? Figliuolo non ha considerato che chiedere il miracolo a santa Rita non è spiritualità ma (rispettabilissima) disperazione privata. E ha istituito la disperazione di stato, di fronte alla quale ogni domanda è lecita, anzi doverosa nei confronti dei vertici delle istituzioni.

La prima su tutte: il commissario, quando ci assicura che i vaccini sono sicuri, lo fa sulla base della scienza o confidando che santa Rita aggiusterà le formule biochimiche con la sua mano santa? Sapendo che la “santa degli impossibili” non sempre esaudisce le richieste, ci può dire Figliuolo quante probabilità assegna a una reazione positiva? La sua richiesta erga omnes affianca o sostituisce le istanze particolari per singoli intubati? Essendo sicuri che in un anno e mezzo di pandemia e 128 mila morti già molti credenti si siano (privatamente) rivolti a santa Rita, con risultati difficilmente stimabili, può dirci il generale se ritiene che la sua istanza a nome della Repubblica italiana troverà migliore accoglimento e perché? Se sì, non sarebbe stata più convincente una richiesta del presidente della Repubblica? E l’auspicato intervento agirà sul virus, magari seccando la variante Delta, oppure sulle difese immunitarie dei singoli? Il responsabile della campagna vaccinale, visto che si è avventurato in questi territori eversivi dell’equilibrio psichico di un’intera nazione, mettendo seriamente a rischio il successo della campagna vaccinale, deve rispondere a ogni domanda. Oppure ammettere che ha fatto una fesseria e chiedere scusa prima che qualcuno più autorevole lo faccia per lui. Qui si rischia che il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che ama farsi fotografare mentre bacia la teca con il sangue di san Gennaro, la prossima volta si senta legittimato a chiedergli la liberazione di Patrick Zaki, rivendicando che c’è la diplomazia ma anche la spiritualità. In questo abisso ci portano i colpi di genio del benedetto Figliuolo. E c’è poco da ridere.

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