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Con la pena di morte la sconfitta è della civiltà tutta

(Foto: AP)
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Dietro ogni pena capitale c’è il fallimento di un sistema che dovrebbe cercare giustizia, non creare altro dolore. Come negli Stati Uniti con l’esecuzione di Lisa Montgomery: ecco perché ha senso raccontare la sua storia

  • Condannata a morte nel 2007, Lisa è stata uccisa con un’iniezione letale il 13 gennaio. Il mio intento non è sgravarle di dosso la colpa, ma umanizzare la colpevole. 
  • Lisa doveva pagare per i crimini commessi, sì, ma chi l’ha giudicata avrebbe dovuto fare giustizia, non cercare vendetta. È verso un mondo giusto che dobbiamo andare, non un mondo vendicativo, di paura e di dolore.
  • E se non come una vendetta, come giudicare la messa a morte di una donna così sofferente? Insomma, con l’omicidio di Lisa cos’ha ottenuto il popolo degli Stati Uniti, sul cui nome cade l’atto d’esecuzione? Cosa il suo governo?

Ci sono tipi umani che il mondo, per un istinto bastardo e inspiegabile, rigetta come pezzi di sé di cui non sa che farsene. Persone che, sfigurate dal fuoco quando ancora la corsa devono iniziarla, sembrano avere il destino già scritto. Lisa Montgomery è cresciuta all’inferno e, nella sostanza di cui era composta, le cicatrici che s’è procurata lì se le è portate addosso per sempre. Quei segni egocentrici e dolorosi, però, non ha mai voluto guardarli nessuno, e il dramma che l’ha marchiata

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