Sono giorni strani a Milano. Siamo tornati di nuovo in zona rossa, proprio mentre ci stavamo abituando a pranzare fuori. I contagi aumentano e i vaccini sono un problema reale. L’ho capito ieri quando ho messo la mia data di nascita sul sito della regione Lombardia e ho scoperto che gli appuntamenti li danno, al massimo, ai nati nel 1941.

La sofferenza è diffusa, siamo stufi di ordinare delivery e mangiare il pita gyro sul divano sognando Mykonos. I ristoratori, rassegnati, alzano le spalle e abbassano le saracinesche. Stavolta i saluti coi proprietari dei bar amici sono stati più malinconici, come quando finiscono le vacanze, carichi la macchina per tornare a casa e non sai quando ti rivedrai.

Andare al ristorante, a Milano, è un secondo lavoro. Si incontrano gli amici, sì, ma soprattutto si fanno affari, si mettono in cantiere i “deal” che verranno, ci si annusa per capire se, tra un piatto esotico e una cotoletta, l’intesa può diventare fruttifera. «L’acqua divide, il vino unisce», mi disse una volta la compianta Marta Marzotto, mentre sorseggiava una “piscina” di champagne con ghiaccio, in una calda serata estiva nel giardino dell’Hotel Bulgari. Quanta saggezza non avevo colto allora. Tanta ne ha avuta, più laconica, anche la Gastronomia giapponese Yamamoto, che prima di chiudere, per farci sentire meno la sua assenza, ha creato una t-shirt con Uniqlo. Un souvenir che è già andato esaurito online.

Vita sociale nelle aree cani

Se un volta la vita sociale milanese si svolgeva nei salotti, ora ci si riversa nelle aree cani recintate. Tutti hanno preso un amico a quattro zampe. Sono salite le quotazioni dei lupi cecoslovacchi, dei dalmata con le macchie marroni e dei corgi, il cane della regina. Qualcuno, per fortuna, adotta dal canile come l’industriale Umberta Beretta che ha preso un segugio. Per rimanere in tema di tamponi ne hanno fatto uno anche al cane, nel suo caso per il test del Dna.

«Ottone è un incrocio, vogliamo sapere chi sono i genitori. Presto dagli Stati Uniti arriverà la risposta», racconta candida. Dimmi in che area cani vai e ti dirò chi sei, è il titolo del libro che sogno di scrivere ogni volta che apro il cancelletto verde e osservo il proprietario con cui dividerò lo spazio. Molti parvenue si trovano all’area dei giardini Indro Montanelli, artisti incompresi di ogni età frequentano piazza Vetra, i comunisti col Patek Philippe sono al parco Sempione. Bocconiani e vecchia Milano sono in piazzale Libia.

Frequentare le aree verdi durante il lockdown è un esperimento antropologico. Se fino all’anno scorso i cani erano sempre coi dog sitter – alcuni di loro sono ambìti per bravura, altri perché hanno 20 mila follower su Instagram – oggi che siamo tutti a casa, è il proprietario a portarli fuori. E le ansie dei padroni ricadono sul quadrupede.

«Durante il primo lockdown abbiamo avviato circa 400 adozioni. Ma chi prende un cane per bisogno è lontano da qualsiasi concetto etologico. Sarebbe necessario, prima, fare un corso», spiega Gianluca Maletti, fondatore del canile Pet Rescque Italia Onlus di San Giuliano Milanese. In passato l’ho consultato perché è tra i massimi conoscitori di pitbull, e io ne ho adottata una, Olga. Non mi dilungo sulla mia storia, ma vi basti sapere che, da quando frequento le aree cani con la mia simpatica canaglia, ho pensato più volte di avvicinarmi al buddismo. «Servirebbero aree cani divise per taglie», sostiene saggiamente Cristina Rivolta fondatrice del marchio di animali United Pet, il più amato dai milanesi. Lei e il marito Costantino Psilogenis vent’anni fa hanno lasciato i rispettivi lavori – lei architetto, lui uomo di finanza – per un’avventura di successo. I loro oggetti, dalla ciotola alla brandina del cane, sono di design e fatti di materiali ecosostenibili. Due parole che ai milanesi piacciono già sulla carta. «Abbiamo ciotole per ogni razza, anche per i molossi: pesano un chilo e non possono spostarle», dice osservando il mio su Zoom che ulula a un uccello ignaro sul balcone. I loro pezzi sono apprezzati in tutto il mondo, in Spagna va forte il Bon Ton Pì, una bottiglia con un tappo a spruzzo che lava la pipì del cane. «Lì se sporchi c’è un’ammenda di 500 euro. Succederà anche a Milano», dice, gettandomi nello sconforto.

Diete e chirurgia

Intanto in galleria Vittorio Emanuele lo stacanovista Carlo Cracco lavora giorno e notte, dietro le saracinesche chiuse, per far quadrare i conti del ristorante. Poteva rimanere a vita a fare il giudice di Masterchef e invece ha scelto la trincea. Chi gliel’ha fatto fare, penso, ogni volta che passo da lì. Questa è la seconda Pasqua che passiamo a casa e lui, per allietarci i palati, ha creato la colomba con lievitazione naturale di 48 ore. Dal negozio virtuale nessuno ha il coraggio di dirgli che, però, sono le sue uova di cioccolato a essere andate a ruba. Dentro ci sono le carte da gioco col suo nome, in onore dell’inverno passato con la moglie Rosa a giocare a Burraco: è il marketing, bellezza.

Tra i posti che bramo di frequentare quando tutto riaprirà, c’è il ristorante dello chef Eugenio Boer: tra moquette blu e boiserie sembra di trovarsi in un servizio di Ad. Nel frattempo, la sua torta Pasqualina della nonna Carlotta, che bramo altrettanto, la possiamo ordinare sulla sua pagina Instagram. Anche lo stellato Andea Berton si è deciso per il menù pasquale da spedire a casa. Insieme all’uovo di mango e yogurt, gli suggerisco di aggiungere nel menù anche i suoi cioccolatini “speciali” a base di micrococktail. Per il mio compleanno, un paio d’anni fa, ne provai due a base di gin tonic e tornai a casa in taxi, dimenticando il motorino parcheggiato fuori. Per questa Pasqua servirebbero più dell’ulivo benedetto.

Ha scelto drink dietetici invece l’amico pierre Andrea Caravita. Si chiamano Barba’n’Juice e mi assicura che in due giorni ha perso già un chilo. Come lui sono in tanti a voler ottimizzare il tempo passato a casa. E trovarsi in forma quando l’incubo Covid-19 sarà finito. Il chirurgo estetico Alessandro Gualdi pochi giorni fa mi segnalava che anche tra i suoi pazienti ha percepito nuove esigenze. Causa mascherine, nessuna chiede più le labbra di Belen Rodriguez. Stazionario è rimasto il botox, usato per riempire le rughe d’espressione degli occhi, sempre in vista. Tra le novità, c’è l’aumento della chirurgia del volto che richiede almeno un paio di settimane di degenza dopo l’intervento. Quale occasione migliore se non la Pasqua in lockdown, effettivamente.

Un amico che se ne va

Sono giorni strani a Milano, dicevamo. Una settimana fa è mancato l’amico di tanti, il fotografo Giovanni Gastel. Il ricordo più divertente me l’ha dato un collega, che con Gastel aveva lavorato alla rivista Rolling Stone. «Gli sarò sempre grato per avermi fatto capire che non è che non amassi la vodka, è che ero troppo povero per apprezzarla. Una mattina, sul set di un servizio fotografico, succedeva che Gastel dicesse: “Ragazzi, vodka?”. E arrivava l'assistente con un’elegante bottiglia di Belvedere. Con bicchieri rigorosamente gelati. Un signore d’altri tempi», sussurra. Nel cuore di Brera, davanti alla basilica romanica di San Sempliciano, dove viveva, qualcuno lascia dei fiori per lui. Tanti sono gli amici che lo piangono, a New York c’è Carlo Traglio a Casale Marittimo il collega Oliviero Toscani. Poi c’è la moda, tutta, e poi gli amici di una vita, come Stefano Boeri, Remo Ruffini, Adriano e Laura Teso, Giovanni Stabilini, Piero e Massimo Lissoni, Bedy, Massimo e Milly Moratti, Marco Tronchetti Provera, Matteo Marzotto, Sergio Dompè, Paolo Veronesi. Perfino Antonio Ricci, sempre schivo, ha voluto salutarlo con un necrologio pubblico. La sua eleganza e gentilezza rimarranno il simbolo della Milano migliore.

Ristrutturare casa

Lasciando indietro la malinconia, volevo aggiornarvi sul mio cambio di abitazione in zona rossa. Comprare casa a Milano, dopo un anno di lockdown, non è conveniente come speravo. Il mercato residenziale è l’unico a non essere crollato. Me lo spiega in parole semplici l’amico economista Guido Maria Brera: «Ci sono tassi di interesse molto bassi che, da una parte, danno l’opportunità di comprare casa grazie ai mutui. Dall’altro, liberano molti capitali in cerca di rendimento, che vanno a investire proprio in beni rifugio, come l’appartamento a Milano». Un gatto che si morde la coda insomma.

Intanto, mentre tutti parlano del magnate indiano Rishal Shah che ha acquistato l’attico Gucci in piazza San Babila, l’amico immobiliarista Niccolò Belingardi Clusoni si è accaparrato un palazzo dietro al Bosco verticale che diventerà residenziale, e poi, all’asta, un palazzo in corso di porta Romana che, con un progetto di Piero Lissoni, diventerà un hotel della catena Edition. Per intendersi, Niccolò è lo stesso che un mese fa ha fatto acquisire il Baglioni di Venezia ai gemelli inglesi Reuben, quelli dell’Eden Roc, che a loro volta, si sono innamorati anche di Capri e hanno appena acquisito l’Hotel Palma. Sarà pronto ad aprile 2022.

Tutto questo per dirvi che per quella data, i colossi immobiliari contano di vederci fuori dalla pandemia. E qui a Milano le previsioni del real estate contano più dell’Oms.

 

© Riproduzione riservata