Con un emendamento al dl Infrastrutture approvato nel pomeriggio del 25 ottobre dalle commissioni riunite Ambiente e Trasporti della Camera, il governo sta costituendo un polo pubblico per la proprietà delle autostrade, sottraendole alla gestione dell’Azienda nazionale autonoma delle strade (Anas).

Grazie alle due pagine dell’emendamento governativo all’articolo 2 del decreto, si potrà formare una nuova società, di proprietà del ministero dell’Economia e controllata dal ministero delle Infrastrutture, con un’operazione che porterà enormi potenziali guadagni alle casse dello stato e che prefigura una possibile soluzione ai problemi di bilancio che interessano Anas dal momento della sua incorporazione da parte delle Ferrovie dello stato nel 2018. 

Il nuovo polo 

L’emendamento è stato voluto da Alberto Stancanelli, capo di gabinetto del ministro delle Infrastutture, Enrico Giovannini. Alla new company controllata dal Mims dovrebbe passare la proprietà di tutte le quote di autostrade al momento di Anas.

Si tratta, quindi, del 50 per cento di Concessioni autostradali venete e di Concessioni autostradali lombarde, del 35 per cento dell’autostrada Asti-Cuneo, del 31,7 per cento di Società italiana per il traforo autostradale del Frejus e del 32,1 per cento della Società del traforo del Monte Bianco.

A queste, si aggiunge una quota del 92 per cento nel progettato quadrilatero Marche-Umbria, come anche una quota importante della futura Roma-Latina. Allo stato passerebbe anche il controllo della Salerno-Reggio Calabria e del Grande raccordo anulare. 

Per diverse di queste strade, ci sono concessioni prossime alla scadenza. Ma non ci saranno nuove gare d’appalto, nel momento in cui passeranno ad essere controllate direttamente dallo stato. 

Non è tutto. Secondo fonti vicine alle Ferrovie dello stato, una volta creata la nuova società, la prospettiva potrebbe poi essere quella di allargare ulteriormente il polo pubblico. Vista la situazione attuale, è difficile pensare che Autostrade per l’Italia, di cui ora Cassa depositi e prestiti sta per diventare azionista di maggioranza, possa direttamente passare sotto il controllo della nuova società. Ma non è escluso, anzi, è forse più che possibile che in futuro possa avvenire proprio questo. Così come è possibile che del nuovo polo vengano a fare parte altre autostrade, attualmente gestite da enti locali. Come la A22, la Modena-Brennero. 

Il vantaggio di questa operazione per le casse dello stato è chiaro: in gioco c’è un potenziale introito significativo, se il ministero avrà la forza politica di riscuotere i pedaggi su queste tratte. Sitaf, ad esempio, nel 2020 ha generato 32 milioni di euro di utili. Così come sarebbero grandi i guadagni derivati da un possibile 

La concessione di Anas

Con questa operazione, si attua quindi la separazione contabile e giuridica di Anas dalla compagnia alla quale passerà il controllo delle autostrade. In questo modo, il governo sta tentando di scongiurare una svalutazione di due miliardi di euro del patrimonio di Anas: dal 2017 al 2020, infatti, i bilanci della società di proprietà di Fs sono stati fatti incorporando la previsione del tutto infondata di un prolungamento della concessione statale dal 2032 al 2052. Ma il prolungamento della concessione al momento non esiste. 

Non è detto che il problema però possa essere risolto semplicemente con il passaggio della proprietà delle autostrade alla new company del ministero. Perché, se da un lato è vero che per Anas dal punto di vista dell’ammortamento la proprietà delle autostrade è la fetta più rilevante, dall’altro resta aperta la questione della concessione delle strade statali, oltre 30mila chilometri che restano in gestione alla società del gruppo Fs.

Inoltre, lo spostamento delle competenze alla nuova società controllata dal ministero delle Infrastrutture non è una soluzione per i bilanci presentati da Anas negli ultimi quattro anni, basati sul presupposto infondato de prolungamento della concessione. 

Negli ultimi mesi, il ministero delle Infrastrutture e le Ferrovie dello stato hanno cercato di trovare una soluzione al problema, rivolgendosi all’avvocatura dello stato. A giugno, l’avvocatura aveva dato al dicastero delle Infrastrutture un «parere negativo sulla possibilità per codesto ministero di procedere alla sottoscrizione di una nuova convenzione unica con Anas spa con scadenza al 31 dicembre 2052, in presenza di un nuovo piano economico finanziario».

Il ruolo dell’Europa 

C’è poi un secondo parere dell’avvocatura, del 30 settembre scorso, che riguarda la soluzione di una possibile divisione contabile della società, sul modello della Rai e delle Poste italiane e che è rilevante nella questione della formazione della nuova società del Mef.

Sebbene il parere dell’avvocato Gabriella Palmieri Sandulli non precludesse completamente la possibilità della separazione contabile per Anas, evidenziava però la questione del ruolo dell’Unione europea.

Infatti, nel rispondere sulla attuabilità della divisione contabile di Anas, l’avvocatura ha detto che dovrà essere «necessariamente subordinata alla previa interlocuzione con i servizi della Commissione europea competenti». Un’interlocuzione che resta rilevante anche nella formazione della compagnia in house del ministero dell’Economia. 

E per quanto possa essere già in corso un dialogo con l’Europa per la costituzione della nuova società, non sono arrivati dall’Ue espressioni ufficiali di approvazione di questa operazione. 

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