Giulio Centemero, oltreché deputato, è il tesoriere della Lega scelto da Matteo Salvini per far dimenticare gli scandali del passato, quelli dell’epoca della truffa da 49 milioni sui rimborsi elettorali. E invece con la stagione di Salvini segretario è iniziata una nuova era di scandali nati sempre dalla gestione delle finanze del partito. Centemero è stato infatti condannato dal tribunale di Milano a otto mesi di carcere e 9mila euro di multa per finanziamento illecito di partito. La pena, ha stabilito il giudice della undicesima sezione Maria Idria Gurgo Di Castelmenardo, è stata sospesa ed è stata decisa anche non menzione nel casellario giudiziale.

Più Voci

La decisione del magistrato milanese ha ricalcato esattamente quella che era stata la richiesta della procura, che all'incirca un mese e mezzo fa aveva sottolineato l'illiceità di un pagamento da 40 mila euro effettuato dalla catena di supermercati Esselunga nel 2016 all'associazione Più Voci. Un ente fondato dagli uomini del cerchio magico di Matteo Salvini e domiciliato presso lo studio dei «commercialisti della Lega» Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, finito anche nell'inchiesta della procura di Roma che vede al centro il costruttore Luca Parnasi.

Quei soldi erano serviti, secondo la ricostruzione della procura, sia per sostenere Radio Padania sia per organizzare nel 2016 un convegno politico patrocinato dalla Lega che si è tenuto a Parma nell'auditorium Paganini nel quale è intervenuto anche il leader Matteo Salvini, cui Centemero è molto legato.

I soldi, nella ricostruzione della Guardia di finanza che ha svolto le indagini, erano entrati nella disponibilità del partito tramite un'oscura srl – la Mc – che è di proprietà di Pontidafin, a sua volta posseduta dal partito. L'ex direttore affari generali e rapporti istituzionali della catena di Esselunga Marco Zambelli a tal proposito aveva raccontato ai giudici di aver incontrato in un paio di occasioni proprio Centemero nella storica sede del Carroccio in via Bellerio a Milano e da lui aver ricevuto la richiesta di effettuare un versamento a Più Voci.

«L'associazione Più Voci non esiste» aveva detto senza tanti giri di parole il pubblico ministero Stefano Civardi durante la sua breve requisitoria per sottolineare la mancanza di un'attività propria che giustificasse il ricevimento di questo denaro. «Se la cercate sul web troverete solo notizie sul processo romano che riguarda Parnasi», aveva anche ironizzato davanti al giudice che poco prima aveva ricevuto dall'avvocato di Centemero le sue dichiarazioni spontanee per iscritto nelle quali si sottolineava invece il suo carattere sociale e culturale.

Per l'accusa un altro indizio di colpevolezza era rappresentato da una email dell'ottobre del 2017, inviata da Centemero a una serie di colleghi di partito o di personaggi contigui alla Lega, nella quale si faceva presente che il «veicolo» per supportare le future elezioni sarebbe dovuto essere un'associazione (quale era Più Voci), perchè una fondazione «avrebbe avuto profili di rischio».

L’altro processo a Roma

Centemero è sotto processo anche a Roma con la stessa accusa di finanziamento illecito per 250 mila euro ricevuti dal costruttore Parnasi, versati alla Più Voci. Una somma sostanziosa ricevuta tra il 2015 e il 2016, negli anni in cui la Lega di Salvini aveva bisogno di denaro per soddisfare la ambizioni di crescita del suo leader. 

Con il costruttore Parnasi, poi coinvolto nell’inchiesta per corruzione sul nuovo stadio della Roma, i leghisti avevano avuto incontri riservati nella sua abitazione e l’intenzione dell’imprenditore era quello di foraggiare ulteriormente il partito tramite varie modalità. Una di queste era la via già praticata della Più Voci, l’altro non più percorsa era pagare Radio Padania per della pubblicità fittizia. 

I tre contabili

La vicenda dell’associazione “inesistente” usata per veicolare denaro al partito si incastra nella più complessa gestione delle finanze del partito da quando Salvini ha messo ad occuparsene Centemero e i suo amici e colleghi commercialisti, Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba. Il tesoriere oltre a essere socio dei due ha delegato gran parte del lavoro di amministrazione allo studio dei professionisti bergamaschi, che sono stati condannati in primo grado per la distrazione di fondi della regione Lombardia. Un’altra storia che incrocia i fondi del partito: infatti i denari pubblici sono finiti a società del giro dei commercialisti che dalla Lega hanno ricevuto centinaia di migliaia di euro per servizi offerti. Di Rubba e Manzoni sono stati, fino a che l’indagine non li ha travolti, i revisori contabili dei gruppi parlamentari alla Camera e al Senato. Scelti da Centemero e da Salvini, hanno fatto grandi affari con il partito.

La condanna del tesoriere in primo grado è un problema per il leader della Lega, che si trova con l’ufficio finanziario del partito falcidiato dai processi. Tuttavia può ritenersi fortunato Salvini: ai tempi di tangentopoli, quando processarono il tesoriere dell’epoca della Lega Nord a processo finì anche il capo del partito nonché fondatore, Umberto Bossi, per un cifra inferiore a quella sganciata dal costruttore Parnasi all’associazione Più Voci. 

Le altre inchieste sui soldi

Il processo a Centemero non ha, però, chiuso il capitolo giudiziario sui fondi della Lega. A Milano i magistrato continuano a indagare sui due commercialisti, soci del tesoriere. E da ormai due anni gli investigatori stanno setacciando i conti correnti di aziende fornitrici del partito per verificare i sospetti avanzati dall’antiriciclaggio di Banca d’Italia, che a partire dal 2016 ha inviato numerose segnalazioni a diverse procure. 

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