Dopo un liceo di Ravenna, hanno aperto a questa possibilità tre scuole di Roma e due di Potenza. Le ragazze con patologie legate al ciclo possono astenersi dalla frequenza per due giorni al mese. L’appello al ministro dei docenti di Diritti umani: «Serve una norma nazionale»
«Riconoscere il dolore mestruale è il primo passo per scardinare i tabù legati alle tematiche di genere». Bianca studia Scienze politiche alla Sapienza, ma con la Rete degli studenti medi (Rsm) porta avanti la battaglia del congedo mestruale nelle scuole. La misura, che non è regolata da una legge dello Stato, è stata approvata in prima battuta da un liceo di Ravenna, e oggi è in vigore in alcuni istituti di Roma – il Pilo Albertelli, il Morgagni e il Cavour – e recentemente è diventata realtà in due scuole di Potenza. Prevede che le ragazze affette da patologie legate al ciclo possano astenersi per un massimo di due giorni al mese dalle lezioni senza che le assenze vengano calcolate ai fini della bocciatura o che incidano sul voto di condotta. Per usufruirne, occorre compilare un modulo disponibile sul sito della scuola e presentare una certificazione medica che attesti il disturbo.
Appello a Valditara
Secondo il Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei diritti umani (Cnddu) il riconoscimento delle difficoltà legate al ciclo non configura alcuna forma di privilegio. In un appello rivolto al ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, lanciato a margine del via libera dalle scuole di Potenza, il Cnddu ha chiesto di avviare un percorso istituzionale strutturato per definire linee guida nazionali sul congedo mestruale in ambito scolastico: «La scuola è chiamata a farsi carico delle condizioni reali degli studenti, promuovendo un ambiente inclusivo, rispettoso e attento al benessere della persona», recita l’appello, che continua: «Si ritiene opportuno che il ministero promuova momenti di formazione e sensibilizzazione rivolti ai dirigenti scolastici, al personale docente e agli studenti, al fine di favorire una corretta informazione sul tema del benessere psicofisico e della salute di genere, contrastando pregiudizi e disinformazione».
Storie di studentesse
Per Bianca è una questione di civiltà. La scelta di indicare due giorni di permesso nasce dalla necessità di dare alle studentesse degli istituti più ostili maggiori possibilità di vedere il congedo approvato. L’iniziativa, che guarda a una scuola più inclusiva, prende le distanze dal cosiddetto “metodo Valditara”, che «limita agli studenti e alle studentesse la possibilità di discutere di una serie di tabù che ancora persistono nelle scuole», incalza Bianca.
È d’accordo anche Elena (nome di fantasia perché minorenne): «Molti ragazzi non condividono l’approvazione del congedo e sottovalutano i nostri dolori». Racconta il senso di liberazione provato quando ha saputo che sarebbe potuta restare a casa senza sentirsi assente ingiustificata. Non soffre di endometriosi, ma ogni mese ha crampi forti, nausea e dolore ai reni. Alcune volte non riesce ad alzarsi dal letto. «In questi anni ho perso molti giorni di scuola, il che è stato sempre motivo di turbamento. Oggi mi sento meno colpevole», dice. Ma non basta.
«È sempre più difficile parlare di questi temi, specialmente dopo la proposta di legge che limita la discussione sull’educazione sessuo-affettiva», continua Giulia (nome di fantasia perché minorenne). Milita nel collettivo studentesco del Morgagni e spesso è lei a dover spiegare alle studentesse in cosa consiste il permesso: «Non tutti sanno che esiste perché c’è poca informazione. E spesso provano vergogna all’idea di consegnare il certificato medico a coordinatori maschi». E continua: «Molte studentesse, quando stanno male, non possono tornare a casa perché nessuno può venirle a prendere. Anche questo andrebbe affrontato».
Alla fine dell’anno scorso, quando l’approvazione del congedo mestruale era ancora in discussione, sul libretto di Chiara – nome di fantasia perché minorenne – si contavano 47 assenze su un limite di 50. Nel suo liceo, il Cavour, a pochi passi dal Colosseo, se ne parlava da anni. «Prima le mestruazioni duravano otto giorni, più dieci di pre-ciclo. Avevo emorragie e svenimenti. Ora che il flusso è diminuito va meglio, ma due giorni al mese non riesco ad alzarmi dal letto», spiega Chiara. Laura, anche lei al Cavour, non usufruisce del congedo, ma sapere che esiste la fa sentire protetta. «Siamo riusciti a farlo approvare a settembre, grazie al sostegno della nuova preside. Quella precedente riteneva fosse inutile», dice Laura. Tra le studentesse, invece, il consenso è ampio. E il prossimo passo è quello di introdurre un corso di educazione sessuale: «Se il governo li ostacola sta a noi aprire spazi di dialogo».
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