A dicembre, quando il piano vaccinale anti Covid-19 italiano è stato messo per la prima volta per iscritto, in Italia ci aspettavamo di ricevere 28,3 milioni di dosi di vaccino nei primi tre mesi del 2021. Si trattava di una quantità sufficiente a vaccinare con due dosi 14 milioni di persone, ossia tutti gli operatori sanitari e sociosanitari, gli over 80 e metà della popolazione tra 60 e 79 anni.

Il buco

A fine marzo, però, di dosi ne abbiamo ricevute meno della metà di quante promesse inizialmente: poco più di 12 milioni. Una riduzione dovuta quasi completamente ai tagli nelle consegne decisi da AstraZeneca, l’azienda che avrebbe dovuto essere il nostro principale fornitore.

Ci sono state molte polemiche sulla scelta di vaccinare categorie come insegnanti e forze dell’ordine prima di aver completato la vaccinazione dei più anziani. Ma con questi numeri, anche se tutte le dosi fossero state usate per i più vulnerabili, ne avremmo avute a malapena per i circa cinque milioni di over 80 e ospiti delle Rsa, per una parte degli operatori sanitari, ma nessuna per la fascia di età 70-79 o per le altre categorie vulnerabili.

Ma come siamo arrivati a questa situazione? Chi non ha consegnato le dosi promesse e con quale motivazione?

CureVac

Verso la fine dell’anno scorso, la Commissione europea aveva firmato contratti per acquistare più di un miliardo di dosi vaccini, abbastanza per vaccinare due volte l’intera popolazione europea, avanzando qualche centinaio di milioni di dosi per distribuirle nei paesi in via di sviluppo. Di queste, all’Italia ne spettavano 28,3 milioni di dosi di vaccino nei primi tre mesi del 2021.

Quasi subito, però, sono iniziati i problemi. CureVac, l’azienda tedesca che avrebbe dovuto fornirci circa due milioni di dosi tra gennaio e aprile, a dicembre ha fatto sapere che non sarebbe riuscita a far approvare in tempo il suo vaccino.

Tra i problemi denunciati dall’azienda, c’è stato anche l’ictus che a marzo ha colpito il nuovo amministratore delegato, chiamato dall’azienda proprio per accelerare lo sviluppo del vaccino, e che lo ha reso inabile per settimane.

CureVac non era tra i produttori su cui la Commissione e i governi degli stati membri contavano in modo particolare. In Italia, la perdita di due milioni di dosi è stata a malapena notata.

Pfizer-BioNTech

Nei piani europei e italiani, il vaccino prodotto in collaborazione dagli americani di Pfizer e dai tedeschi di BioNTech avrebbe dovuto essere molto più centrale di CureVac. A dicembre, l’Italia si aspettava di ricevere 8,7 milioni di dosi di vaccino dalle due società, circa un terzo del totale atteso nel primo trimestre.

I vaccini Pfizer-BioNTech sono stati i primi a essere distribuiti nei giorni dell’inizio “simbolico” della campagna vaccinale a dicembre e poi nelle prime settimane di gennaio.

Verso la fine del mese, però, le due società hanno mancato alcune consegne, suscitando una reazione immediata da parte del governo italiano. «Ricorreremo a tutte le iniziative legali», ha detto in quei giorni l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

In risposta, Pfizer e BioNTech hanno comunicato che il ritardo era frutto di un «fraintendimento» e che l’azienda intendeva rispettare le consegne previste nel trimestre, anche se qualche consegna settimanale avrebbe potuto subire qualche piccolo ritardo.

Nei giorni successivi, l’azienda ha raggiunto un nuovo accordo con la Commissione per la vendita di ulteriori dosi all’Unione Europea. Nella versione del piano vaccinale italiano di marzo, comparivano quindi circa 11 milioni di dosi di vaccino Pfizer-BioNTech. Ma queste dosi aggiuntive non sono mai arrivate nel primo trimestre. Alla fine di marzo, dopo un sali e scendi durato mesi, le dosi consegnate sono state pari alla cifra che ci si attendeva all’inizio: 8,7 milioni.

AstraZeneca

Per la strategia europea e italiana, il vaccino più importante era quello prodotto dalla società anglo-svedese AstraZeneca. Purtroppo, è stato anche il vaccino che ha avuto maggiori problemi. A dicembre, nel piano vaccinale italiano era prevista la consegna di oltre 16 milioni di dosi di AstraZeneca nel primo trimestre, più di quanto ci si aspettava da tutti gli altri produttori gli altri messi insieme. Facile da trasportare e conservare, il vaccino AstraZeneca avrebbe dovuto essere l’arma principale del nostro piano vaccinale.

A gennaio però, negli stessi giorni in cui Pfizer annunciava i suoi ritardi settimanali, AstraZeneca ha comunicato che anche le sue consegne sarebbero state ridotte del 60 per cento. E non solo per qualche settimana. L’annunciò ha segnato l’inizio di uno scontro tra Commissione, stati membri e azienda che non è ancora terminato. AstraZeneca sostiene che il suo contratto prevede una clausola del cosiddetto “best effort”, cioè non è tenuta a consegnare le dosi pattuite, ma soltanto a fare ogni sforzo per farlo. La Commissione ha risposto accusando l’azienda di avere clausole identiche con tutti i suoi clienti e di averne privilegiati alcuni, come ad esempio il Regno Unito, che non ha subito alcuna riduzione nelle consegne.

Così nel piano italiano di marzo, le dosi attese da AstraZeneca sono state dimezzate. Ma l’azienda non è riuscita a mantenere nemmeno questo impegno. Dopo un nuovo giro di annunci di ritardi e di proteste degli europei, alla fine di marzo l’azienda ha consegnato in Italia 2,7 milioni di dosi di vaccino: meno di un sesto di quanto prometteva a dicembre.

Non sembra una situazione destinata a migliorare presto: ieri l’azienda ha già annunciato un nuovo taglio del 50 per cento sulla prossima consegna.

 

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