In un’intervista a Repubblica spiega che bisogna individuare subito le aree dove la situazione è più grave, per evitare una chiusura totale a Natale
- Antonella Viola, immunologa dell'università di Padova, in un’intervista a Repubblica: «Bisogna individuare subito i Comuni più colpiti e metterli in lockdown» altrimenti «a Natale avremo tutta Italia chiusa in casa»
- Secondo l’immunologa, non serve un lockdown generalizzato ma «occorre studiare il territorio e chiudere dove il virus circola di più, dove gli ospedali sono in crisi, come Lombardia o Campania»
- Se avessimo dati utili a orientare le scelte, avrebbe senso aspettare e capire l’effetto delle misure prese, ma «la mancanza di dati è sempre stato un problema grave in Italia»
«Non si può andare avanti con un decreto ogni 15 giorni. Bisogna individuare subito i Comuni più colpiti e metterli in lockdown. L'alternativa? A Natale avremo tutta Italia chiusa in casa». Lo dice Antonella Viola, immunologa dell'università di Padova e direttrice scientifica dell'Istituto di ricerca pediatrica della città, in un'intervista a Repubblica.
Dove applicherebbe il lockdown? «Dove gli ospedali sono in crisi, come Lombardia o Campania. Ma non serve un lockdown generalizzato. Occorrestudiare il territorio e chiudere dove il virus circola di più, anche a livello di singoli comuni. Un valore di Rt sopra a 1,5 dovrebbe spingerci a intervenire. Un provvedimento importante secondo me sarebbe rendere le mascherine obbligatorie a scuola sempre, anche durante le lezioni. Le città universitarie, dove confluiscono giovani da diverse regioni, condividendo alloggi e svaghi, sono altri punti delicati. Le zone meno colpite invece potrebbero riaprire i locali la sera. Ma bisogna fare presto». Secondo l'immunologa, «se non agiamo subito, fra un mese i dati saranno peggiorati. A furia di rincorrere un'epidemia che è più veloce di noi, saremmo costretti a chiudere tutto per Natale».
Non ha senso aspettare e capire se le misure prese avranno effetto? «Avrebbe senso», chiarisce Viola, «se fra dieci giorni avessimo più dati utili a orientare le scelte. La mancanza di dati invece è sempre stato un problema grave in Italia, fin dall'inizio. Non abbiamo una mappa dettagliata della circolazione del virus, non sappiamo dove ci si infetta di più».
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