La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha condannato l’Italia per non aver protetto dalla violenza domestica una donna e i due suoi figli, poi terminata con la morte di uno di loro. La vicenda risale al settembre 2018, quando a Scarperia, in provincia di Firenze, Niccolò Patriarchi ha ucciso a coltellate suo figlio di un anno, ferito la convivente Annalisa Landi e cercato di colpire l’altra figlia di sette anni. 

  • Il risarcimento stabilito dalla Corte, che l’Italia dovrà versare alla donna, è di 32mila euro perché le autorità «sono rimaste passive di fronte ai gravi rischi che correva la donna». Nei tre anni precedenti alla tragedia, infatti, Patriarchi era stato responsabile di tre aggressioni nei confronti della compagna. Era intervenuta la polizia e l’uomo era stato anche ricoverato in ospedale. Un esperto, sottolinea la sentenza della Corte di Strasburgo, aveva anche consigliato un programma terapeutico per Patriarchi vista la sua pericolosità.
  • Nei suoi confronti si era aperto un procedimento per violenza domestica ma non era stato adottato nessun provvedimento per proteggere la famiglia da altre possibili aggressioni. Per usare le parole della Corte le autorità «avevano mostrato poca diligenza nel prevenire le violenze». Nel 2019, dopo l’omicidio, l’uomo è stato condannato a 20 anni di prigione e al risarcimento di 100mila euro a Landi e a sua figlia.
  • La Cedu ha stabilito che lo stato italiano ha violato il diritto alla vita della donna e di suo figlio, senza però riconoscere l’aggravante della discriminazione. Landi, insieme al suo avvocato Massimiliano Annetta, aveva infatti presentato ricorso alla Corte sostenendo che l’aggressione fosse in parte da ricondurre a un atteggiamento discriminatorio nei confronti delle donne da parte delle autorità nazionali.

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