Luca racconta che il suo abuso è avvenuto quando aveva appena otto anni, durante una gita della chiesa in un paese di montagna: «Ero seduto sulle sue ginocchia e don Luigi all’improvviso mi ha toccato i genitali. I miei genitori erano a trenta metri da noi, insieme a un altro gruppo di parrocchiani». Due fratelli, adesso anche un loro cugino. È arrivato a tre il conto dei bambini abusati da monsignor Luigi Gabbriellini, oggi 74enne parroco di Santa Maria madre della chiesa e Santa Marta a Pisa, attualmente sottoposto a processo canonico.

La vicenda è emersa dopo la denuncia al vescovo di Pisa, Giovanni Paolo Benotto, da parte di due fratelli. Qualche giorno prima Benotto aveva dichiarato di aver accettato le dimissioni del sacerdote e chiesto perdono a nome della chiesa pisana per lo scandalo. Adesso un cugino alla lontana dei due fratelli si è rivolto al Servizio diocesano per la tutela dei minori per segnalare di essere stato anche lui molestato dal sacerdote.

A distanza di venti anni

Giulio, 39 anni, suo fratello Davide, 35, e il cugino Luca, di 33, hanno deciso di raccontare i fatti accaduti più di vent’anni fa, quando don Luigi era parroco della chiesa di Santo Stefano a Pisa. I nomi sono di fantasia: le vittime hanno chiesto l’anonimato per non esporre le proprie famiglie. «Vogliamo rendere nota la nostra storia non soltanto per un desiderio di verità ma anche per evitare che quello che abbiamo sofferto possa accadere ad altri bambini», precisa Giulio, che si è deciso a denunciare la violenza quando ha scoperto che anche il fratello era stato abusato dal prete amico di famiglia.

«Ancora oggi non riesco a perdonarmi di aver permesso a questo prete di officiare il mio matrimonio e il battesimo della mia prima figlia – spiega – vivevo in una bolla che è finalmente scoppiata quando ho parlato con mio fratello e mi sono reso conto di non essere il solo a portare questo peso».

Davide, che oggi vive all’estero, un anno e mezzo fa ha mandato una mail al prete per chiedergli conto dell’abuso subito quando era piccolo. «Mi ha risposto che non era stato lui e che si trattava di un caso di omonimia», racconta. Invece era proprio lui, come ha confermato il vescovo ai due fratelli. «Monsignor Benotto in primavera ci ha detto che don Gabbriellini aveva confessato e di non preoccuparci perché lo avrebbe tenuto lontano dai bambini. Invece il prete ha celebrato le comunioni e le cresime in parrocchia come se nulla fosse». La investigatio previa sul sacerdote, avviata a fine aprile, è in corso ma Benotto ha scritto a Giulio che a breve il dossier verrà mandato in Vaticano al Dicastero per la dottrina della fede. Le vittime però non hanno più fiducia nella giustizia ecclesiastica. «Da quando la storia è uscita sui giornali, il vescovo, prima molto sollecito nei nostri confronti, ha preso le distanze», spiega ancora Giulio.

Come uno “zio”

I rapporti fra monsignor Benotto e i due fratelli si sono raffreddati ulteriormente quando, a settembre, le vittime hanno saputo da amici che frequentavano la parrocchia di Santa Maria della chiesa e Santa Marta, che don Luigi si stava preparando a lasciare l’incarico. «Eravamo preoccupati che lo facessero sparire senza una spiegazione», dice Giulio, «e quando ci siamo incontrati il vescovo ci disse che, a seconda della gravità della sentenza, don Luigi poteva essere ridotto allo stato laicale, o destinato altrove, o mandato a occuparsi di una casa di riposo: quest’ultima opzione monsignor Benotto la definì la peggiore punizione per un prete». Evidentemente, stare in mezzo a chierichetti e bambini dell’oratorio è considerato più gratificante che occuparsi della pastorale degli anziani.

Don Gabbriellini in parrocchia si trovava bene, stimato e rispettato da tutti, tanto da non faticare a stringere legami di amicizia con i fedeli anche fuori dalla chiesa. In casa dei due fratelli, infatti, veniva spesso invitato a cena e con la famiglia condivideva vacanze e giorni di festa.

Il fatto che giocasse con i bambini e li facesse ballare sulle ginocchia era visto come normale, il segno della confidenza e dell’affetto di uno “zio”. Aveva la fiducia totale dei genitori e anche la riconoscenza, visto che era sempre lui che aveva prestato loro del denaro in un momento di difficoltà economiche.

Questa aura di prete buono, sempre presente e disponibile ad aiutare in caso di bisogno, impediva ai parrocchiani di vedere ciò che accadeva ai bambini. Eppure lui non si nascondeva e accarezzava i piccoli sotto la maglietta anche di fronte a tutti in chiesa o durante le gite della parrocchia. Nessuno trovava niente da ridire.

«Sono convinto che con questi gesti volesse normalizzare la sua propensione a toccare i bambini – riflette Giulio – era una strategia per abituare le persone a vederlo vicino ai piccoli». Non uno, nella parrocchia di Santo Stefano, sembrava notare qualcosa di strano nel suo comportamento, nemmeno gli altri sacerdoti. «Ho chiesto a un altro prete se si fosse accorto delle inclinazioni pedofile di don Luigi – riferisce Luca – ma lui mi ha risposto subito di no». Salvo poi ricordarsi qualcosa: «In seguito mi ha detto che in effetti aveva visto don Luigi mettere una mano sotto la maglia a un ragazzino mentre lo confessava».

In casa e in chiesa

La tecnica di avvicinamento graduale ai minori, fino a un rapporto di disinvolta confidenza in contesti rassicuranti come la famiglia o le attività ricreative organizzate dalla chiesa, ha permesso al prete di molestare per anni i bambini praticamente davanti agli occhi di tutti, compresi i genitori. Racconta Davide: «Eravamo in sala da pranzo, seduti al tavolo, e io ero seduto sulle ginocchia di don Luigi: i miei piedi non toccavano terra, avrò avuto otto o nove anni al massimo, i miei genitori erano seduti dall’altra parte del tavolo e parlavano con il prete, che intanto aveva la mano nei miei pantaloni». Una tortura che è andata avanti per più di mezzora: «La tovaglia nascondeva le nostre gambe, io ero congelato ma i miei genitori erano presenti e ho pensato che non c’era niente di male».

Monsignor Gabbriellini non si è fermato alla prima volta. Davide era chierichetto e il prete ha colto ogni occasione per insidiarlo: «Ci trovavamo il sabato pomeriggio e io non avevo voglia di andare in parrocchia, perché sapevo che sarei rimasto da solo con lui in sacrestia. Cercava sempre di baciarmi e ancora oggi potrei riconoscere l’odore del suo dopobarba».

Gli assalti del sacerdote a Davide sono andati avanti dal 1995 fino al 2000, quando il ragazzo ha lasciato Santo Stefano. Il maggiore dei fratelli, Giulio, invece è stato abusato più volte nel 1994, quando aveva undici anni, e le molestie sono continuate fino al 1997, soprattutto durante i campi estivi e una volta in occasione di un colloquio personale.

Il prete esercitava il suo potere per favorire le occasioni propizie alle molestie. «Era dispotico, sapeva imporsi ed esercitava una grande influenza nella vita delle persone – spiega Giulio, che è stato chierichetto e catechista – noi ragazzi eravamo in soggezione e lui ne approfittava per entrare in intimità con noi. Prima ti abbracciava, poi ti prendeva in collo e lì già sapevi come sarebbe andata a finire». Il predatore conosceva bene il suo territorio di caccia, dove si muoveva con disinvoltura. «Individuava con precisione i bambini più vulnerabili e si dedicava a loro con costanza – dice ancora Giulio – li faceva sentire importanti: chi subiva abusi riceveva più attenzioni degli altri».

Non si sa dove si trovi oggi Gabriellini. Subito dopo la denuncia al vescovo, Giulio ha detto tutto a parenti e amici e, in soli due giorni, in tre lo hanno cercato per raccontargli che a loro era successa la stessa cosa. «Mio cugino Luca e un’altra persona mi hanno riferito di essere stati abusati da don Gabbriellini e una terza vittima ha invece parlato di un altro prete in provincia di Pisa», dice. La responsabile del Servizio per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, suor Tosca Ferrante, il 19 settembre ha detto che non c’erano altri casi di abuso nella diocesi oltre ai due fratelli. Contattata in seguito per un aggiornamento, ha risposto di non essere al corrente di altre vittime.

Giulio, Davide e Luca a breve chiederanno un risarcimento in sede civile. Invitano altre persone che abbiano informazioni di fatti recenti che riguardano don Gabbriellini a rivolgersi alla Rete L’Abuso per accertarsi insieme che il prete non sia in condizioni di nuocere ad altri bambini. «Nella condotta compulsiva di queste persone si riscontra un pericolo per la collettività – spiegano le vittime – e dato che conosciamo bene la prassi dei vescovi di spostare i preti pedofili in altre parrocchie, vogliamo evitare che continui ad essere a contatto con i minori».

(continua)

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