Un peschereccio con 573 persone a bordo è arrivato a Lampedusa lo scorso lunedì 27 novembre. Era partito da Zuwara, città nell’estremo ovest della Libia, al confine con la Tunisia. La maggior parte delle persone a bordo erano uomini, poi donne con i figli e minori non accompagnati. Si tratta del terzo barcone con oltre cinquecento persone a bordo arrivato da Zuwara da inizio mese. Dopo poche ore, ne è arrivato un altro, sempre dalla stessa città. Questa volta sono sbarcate 259 persone.

Fino a metà ottobre dalle spiagge di Zuwara in media partiva un barchino ogni due giorni con non oltre cinquanta persone a bordo. Il 20 ottobre scorso ne è invece partito uno con 245 migranti a bordo. Da lì in poi sono arrivati un barcone con 347 persone, un peschereccio con 426, un altro ancora su cui viaggiavano 531 migranti e, il 20 novembre, un altro peschereccio con 576 persone.

A questi vanno sommati i gommoni con a bordo dalle 50 alle 130 persone che tutti i giorni vengono messi in mare dalle spiagge della città libica. In sintesi, in poco più di un mese, sono arrivate in Italia da questo pezzo di Libia oltre cinquemila persone. Ma i numeri poco dicono di quello che sta succedendo nella città che dista un braccio di mare dalle nostre coste.

Gli uomini mascherati

Banalmente gli uomini che si occupano di attività di contrasto al contrabbando e in particolare alla lotta contro la rete dei trafficanti di esseri umani, da metà ottobre hanno incrociato le braccia. Lo scorso 12 ottobre un attacco di droni ha prima colpito un’imbarcazione nel porto di Zuwara e, subito dopo, una seconda nave attraccata nei presso del club sportivo acquatico Nadi Rimal. Mentre il governo di unità nazionale guidato dal primo ministro Abdul Hamid Dbeibah rivendicava l’operazione aerea contro imbarcazioni usate per il contrabbando, gli uomini dell’unità anticrimine accusavano Tripoli di aver colpito il porticciolo antistante allo sporting club dove ci sono anche i loro asset per il pattugliamento.

L’unità investigativa anticrimine di Zuwara è meglio nota con il nome di “uomini mascherati” per via della balaclava che indossano. Una forma di protezione della propria identità e quindi della propria incolumità in un paese come la Libia dove chi osa ostacolare i grandi business e traffici diventa automaticamente nemico da abbattere.

Sin dalla loro nascita, nel 2012, gli uomini mascherati sono rimasti a presidiare le strade, i punti di ingresso della città e le sue spiagge per tenere a freno quella rete di contrabbandieri che si è strutturata nei decenni a partire dai tempi dell’embargo degli Stati Uniti nei confronti della Libia di Gheddafi. All’epoca si contrabbandavano zucchero e banane via Tunisia. Alla fine degli anni Novanta sono arrivati i primi eritrei in cerca di un passaggio via mare verso l’Europa e gradualmente, a Zuwara, si sono attrezzati per organizzare le traversate.

Nessuno in città aveva nulla da recriminare: da una parte c’era anche un senso di solidarietà verso quei disgraziati alla ricerca di una tavola di legno per attraversare il Mediterraneo, dall’altra il business rappresentava una forma di resistenza identitaria contro il regime panarabista di Gheddafi.

Zuwara è la principale città Amazigh, o Berbera, in Libia. Per anni repressa, la sua gente è stata tra coloro che, per primi, sono scesi in strada per protestare contro il regime nel 2011. I berberi al fianco degli arabi, per la prima volta dopo quarant’anni. Tuttavia il connubio è durato solo pochi mesi, e già nel 2012 gli Amazigh si contendevano con le città arabe vicine la leadership sul pezzo di litoranea che passa davanti all’impianto Mellitah Oil and gas dell’Eni.

L’attacco con i droni

Dopo le accuse degli uomini mascherati contro il governo di unità nazionale, Tripoli è tornata sui suoi passi dicendo che per certo i suoi droni avevano distrutto l’imbarcazione presente nel porto perché sospettata di essere utilizzata nel traffico di diesel, prendendo invece le distanze dall’attacco sulla barca attraccata all’interno dello sporting club. Una versione che non ha convinto gli uomini dell’unità investigativa, che così hanno sospeso le attività di contrasto al traffico di esseri umani. Nell’attesa di capire se non la strategia quantomeno la tattica di Tripoli, gli uomini mascherati hanno mantenuto le loro posizioni a Ras Jadeer, il valico di frontiera tra Libia e Tunisia.

A metà novembre il ministro degli Interni Emad Trabelsi ha inviato a sud di Zuwara una coalizione di gruppi armati con il compito di supervisionare le operazioni di controllo alla frontiera di Ras Jadeer. Gli uomini mascherati hanno incassato il messaggio e sono rimasti lì.

A una trentina di chilometri da Ras Jadeer, quei contrabbandieri che negli ultimi anni si erano visti costretti a ridimensionare il proprio giro di affari per via degli uomini mascherati, oggi possono lavorare praticamente senza nascondersi. Così da Zuwara le partenze verso l’Italia sono di nuovo aumentate.

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