Il sottosegretario Alessio Butti ha assunto nel suo staff il giornalista Raffaele Barberio. Butti ha la delega all’Innovazione e dunque la gestione della partita della rete unica nazionale. Compito affidatogli dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. A Barberio la garanzia di un ottimo compenso da 80mila euro per undici mesi di contratto, dal febbraio 2023 a gennaio 2024.

Nulla di strano se non fosse che Barberio è il direttore responsabile del sito specializzato Key4biz. Testata sulla quale sono stati pubblicati una raffica di articoli al vetriolo contro Cassa depositi e prestiti e Open Fiber, gli attori in campo più importanti nell’affare della rete unica nazionale. Barberio è stato assunto di recente con l’incarico di «responsabile immagine e promozione» nell’ufficio del sottosegretario Butti, che come rivelato da Domani in un articolo del novembre 2022, gradirebbe una soluzione alternativa a quella proposta da Cdp e Open Fiber e dai loro amministratori delegati, Dario Scannapieco (nominato da Mario Draghi) e Mario Rossetti.

Butti infatti ha (aveva) in mente un piano ribattezzato “Minerva”: la rete deve restare in capo non a Open Fiber, ma a Tim, la quale dovrà tornare in mani statali con l’entrata di Cdp. Nessuno, però, ha ancora mai visto un documento ufficiale del progetto Butti, che avrebbe delle conseguenze non proprio irrilevanti per le casse pubbliche: lo schema del dirigente di Fratelli d’Italia costringerebbe Cdp e altri soggetti a lanciare un’opa su Tim, avvantaggerebbe i francesi di Tim (Vivendi), ma il debito di 25 miliardi di euro della società telefonica peserebbe sui bilanci statali. Sul tema Meloni non si esprime, ma la sua fiducia per il fedelissimi ha qualche mese ha cominciato a vacillare. Anche il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha da sempre molti dubbi sulle strategie del meloniano.

In pratica la situazione è di una partita che vede sulle tribune tifoserie opposte. Unite solo dall’obiettivo finale, cioè l’unificazione dell’infrastruttura a controllo statale, e divise nettamente dalla strada da percorrere per raggiungerlo.

C’è chi tifa per un ruolo predominante di Cassa depositi e prestiti, con l’amministratore Dario Scannapieco (scelto da Mario Draghi) che con Mario Rossetti (capo di Open Fiber) ha realizzato un piano per l’acquisto della rete di Tim così da unirla a quella di Open Fiber. Un percorso in parte formalizzato con un memorandum tuttavia scaduto alla fine di dicembre 2022. Ma superato dalle offerte di Kkr e Cdp e Macquarie (azionisti di Open fiber), ritenuta allo stato insufficienti dai francesi.

Il conflitto di interessi

Questo è il contesto in cui si muove Barberio, diventato nell’estate del 2022 un pasdaran del piano di Butti. Barberio è ormai componente essenziale della squadra del sottosegretario, tanto da avere un suo indirizzo mail @teamdigitale.gov. Per capire la sintonia dei due è utile rileggere un’intervista al sottosegretario premonitrice del “piano Minerva”. Intervista realizzata tre mesi prima che Meloni vincesse le elezioni e Butti diventasse sottosegretario all’Innovazione.

Il 25 agosto 2022 Butti rispondeva così alle domande del direttore Barberio: «Una delle mutate condizioni risiede nel fallimento della gestione di Open Fiber… Purtroppo, con la nuova gestione Cdp di Open Fiber molte cose sono cambiate nella strategia aziendale. I manager migliori sono scappati o stanno lasciando l’azienda… Open Fiber purtroppo, e lo dico con sincero rammarico, non ha più la credibilità né la capacità di essere il perno dell’operazione “rete unica”, cosi come pensata sino ad oggi da Cdp. Mi lasci anche dire che il management deve essere scelto sulla base delle competenze manageriali e non dell’appartenenza politica».

L’intervista «esclusiva» seguiva a una serie di servizi contro Cdp e Open Fiber, a settembre dello stesso anno Barberio lo ritroviamo a moderare un convegno sulle telecomunicazioni con Butti presente insieme ai rappresentati delle più importanti aziende del settore. All’epoca qualcuno non ha potuto fare a meno di notare l’assenza di Open Fiber tra gli ospiti. Gli articoli sul “disastro” Open Fiber pubblicati da giugno a novembre sono in totale 42, la campagna è iniziata a giugno del 2022, in concomitanza di un’interrogazione sul tema presentata, ça va sans dir, da Butti, allora parlamentare di Fratelli d’Italia e responsabile media e telecomunicazioni per il partito di Meloni.

E così a gennaio il cerchio si è chiuso: Butti firma il decreto per contrattualizzare il direttore di Key4biz, giornalista, pubblicista e non iscritto nell’elenco dei professionisti come è solito per un direttore responsabile di una testata. La società editrice del giornale è Supercom srl, una società di lobby fondata da Silvana Torquati e Raniero Dragonetti, già consigliere in una ventina di società di cinema, bingo e immobiliare. Presidente di Supercom è Alberto Mannelli, un professore di Ancona nominato negli anni dei governi Berlusconi nei cda di Buonitalia, Sace e dell’istuto Crea.

No comment

Il ruolo di Barberio imporrebbe ora un passo indietro dalla trincea giornalistica quantomeno su questioni direttamente collegate al sottosegretario per cui lavora. Eppure fino a pochi giorni fa il giornalista, senza curarsi del doppio ruolo, ha firmato un lunga analisi sul giornale che continua a dirigere dal titolo «Open Fiber al capolinea. Reset dell’azienda subito se si vuole rilanciare l’industria delle Tlc italiane».

Di certo c’è anche un altro fatto rilevante in questa guerra di trincea: Open Fiber ha avviato un’azione civile nei suoi confronti chiedendogli 1,5 milioni di euro. Cifra notevole per un piccolo giornale. Barberio contattato da Domani scambia qualche parola con il cronista, si lascia andare in commenti molto duri sul direttore di Domani, ma subito dopo ha rimosso i messaggi dalla chat WhatsApp. «No comment», è la replica definitiva, «scrivi e leggerò per vedere se scrivi le stesse menzogne del tuo direttore».

A questo punto è lecito chiedersi se il suggerimento firmato da Barberio sia farina del suo sacco o del suo nuovo datore di lavoro, il sottosegretario Butti, voluto dalla presidente del consiglio come arbitro della partita della rete unica. Per definizione gli arbitri dovrebbero essere neutrali, ma in questo caso siamo di fronte a un’eccezione che solleva dubbi e soprattutto palesa un rilevante conflitto di interessi del consulente-giornalista alla corte di Butti.

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