Tutte le circolari del ministero della Salute relative alle strategie vaccinali anti- Covid-19 si concludono con una raccomandazione che suona più o meno così: «L’esecuzione di test sierologici, volti a individuare la risposta anticorpale nei confronti del virus, non è indicata ai fini del processo decisionale vaccinale». Eppure sono moltissime le persone che hanno fatto un esame sierologico per definire il proprio livello anticorpale e che chiedono ai loro medici, spesso imbarazzati nel rispondere, se quei livelli anticorpali li proteggeranno o meno dall’infezione e se, di conseguenza, debbano vaccinarsi, o rivaccinarsi, o pensare ad una terza dose vaccinale. Questa incertezza è frutto tanto di incomplete conoscenze scientifiche, quanto di un deficit di comunicazione.

Numerosi studi (cito tra i tanti quello di David Khoury e collaboratori pubblicato su Nature Medicine nel luglio di quest’anno) documentano che vi è una correlazione diretta tra livello di anticorpi neutralizzanti  e livello di protezione dall’infezione e dalla malattia: quanti più anticorpi ho, tanto più sarò protetto.

I ricercatori  ricordano allo stesso tempo che una buona difesa è possibile anche in presenza di bassi livelli anticorpali, grazie alla immunità cellulo-mediata che è però più difficile da misurare  e da interpretare.

Dire semplicemente che i risultati dei test sierologici non vanno utilizzati per prendere decisioni vaccinali è dunque riduttivo e fuorviante. 

Meglio vaccinare

Se è generalmente accettato dagli immunologi il fatto che alti valori anticorpali siano protettivi, è molto meno chiaro se esista, e quale sia, un  livello di anticorpi (prodotti in seguita a malattia o a vaccinazione) che possa essere considerato sicuramente non  protettivo. Questo a causa delle informazioni ancora incomplete che abbiamo sull’immunità cellulo-mediata che potrebbe permanere più a lungo degli anticorpi mantenendo  una buona  protezione al momento di un nuovo contatto con il virus.

La cosa è resa più complessa anche dalla mancanza di uno standard condiviso per l’esame sierologico che viene ancora praticato nei diversi centri con metodiche diverse e diversi valori di riferimento. Risulterebbe dunque difficile, e probabilmente inappropriato, indicare uno specifico livello anticorpale come adeguato, per esempio, ad evitare una successiva vaccinazione.  

Ancora più difficile sarebbe trasformare un livello anticorpale in valore autorizzativo per il green-pass, visto che gli anticorpi si riducono velocemente dopo l’infezione o il vaccino, con tempi che variano significativamente da persona a persona.

Le difficoltà alle quali ho accennato, insieme al fatto  che  vaccinare chi abbia già elevati livelli anticorpali non crea particolari problemi,  rendono più semplice affermare sic et simpliciter che gli esami sierologici non devono e non possono essere utilizzati per prendere decisioni vaccinali di massa.

Ma visto che siamo tutti affamati di dettagli, le affermazioni ministeriali potrebbero forse adottare un tono più esplicativo. Propongo per esempio: «Cari concittadini, se avete un livello di anticorpi molto elevato al test sierologico, questo significa che la vostra protezione contro il Covid-19 è senz’altro buona. Purtroppo non siamo in grado di dire quanto a lungo questa protezione potrà durare, né quale sia il valore anticorpale al di sotto del quale non sarete più protetti. Quindi, per favore, non complicatevi la vita. Fate a meno dell’esame sierologico e seguite con fiducia lo schema vaccinale». Oppure, per chi si sentisse più rassicurato dalla saggezza popolare, anche questa volta  «Il meglio è nemico del bene».

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