Un suo decreto impedì di estendere l’amministrazione straordinaria ai patrimoni di Isabella Bruno Tolomei. Il documento è rimasto finora inedito e ha penalizzato i creditori, proteggendo i signori del calcestruzzo
È il 12 ottobre del 2021 quando l’allora ministro dello Sviluppo economico, il leghista Giancarlo Giorgetti, oggi a capo del dicastero dell’Economia e delle finanze, prende una decisione destinata a incidere sul futuro di Condotte d’acqua spa, l’azienda delle grandi opere, che in Italia e nel mondo ha realizzato dighe, strade e autostrade, ferrovie, porti, tribunali, scuole, ospedali e infrastrutture famosissime come la Nuvola di Fuksas e il Mose di Venezia.
Un’azienda che ha anche subito uno dei più grandi fallimenti del nuovo secolo: per il crac del colosso delle costruzioni, come anticipato da Domani a marzo, rischiano grosso gli ex amministratori di fatto della società, i coniugi Isabella Bruno Frigerio Tolomei e Duccio Astaldi, l’ex ministro Franco Bassanini e altri trentanove indagati a cui i pubblici ministeri capitolini tre mesi fa hanno notificato l’avviso di conclusione indagini e presto, in base a quanto appreso da questo giornale, sarebbero pronti a notificare, almeno per alcuni dei principali iscritti, anche il decreto di rinvio a giudizio.
Il decreto
Ma torniamo a Giorgetti. Cosa scrive il ministro nell’atto del 2021? E perché il suo decreto, finora rimasto inedito, sembra aver penalizzato i creditori della spa e, al contempo, protetto il re e la regina del calcestruzzo? Ecco quanto si legge. «Valutata, ai fini dell’estensione della procedura di amministrazione straordinaria alla persona fisica Isabella Bruno Tolomei Frigerio (...), non essendo configurabile, allo stato, una impresa commerciale facente capo alla persona fisica (...), (il ministro, ndr) decreta di non disporre l’ammissione della persona fisica Isabella Bruno Tolomei Frigerio alla procedura di amministrazione straordinaria del Gruppo Condotte».
Tradotto: il ministro Giorgetti respinge al mittente, e a cioè alla vecchia terna di commissari straordinari di Condotte, l’istanza, anche reiterata, di poter “aggredire” il patrimonio personale dell’ex amministratrice della spa con lo scopo di «risanare l’impresa».
Un’azione che viene appunto negata dal leghista. Nonostante, sempre secondo i commissari straordinari, Isabella Bruno Tolomei Frigerio avesse «gestito l’attività di direzione e coordinamento del gruppo Condotte disponendo, in via diretta e immediata, delle risorse materiali e umane delle società del Gruppo».
Nella specie l’ex amministratrice di Condotte «disponeva – si legge nell’istanza dell’ex terna commissariale – di beni di proprietà della spa; disponeva di un prestigioso appartamento sito in Roma in via in Lucina in cui aveva proceduto a far traslocare quadri e arredamenti; utilizzava risorse finanziarie di Condotte per interessi extrasociali e rispondenti a una logica personalistica, utilizzava personale alle dipendenze del Gruppo per perseguire interessi extrasociali».
Avanzare pretese sul patrimonio personale, in altre parole, sarebbe stato, stando sempre alle parole dei commissari, come avanzarle sul patrimonio della società fallita. Giancarlo Giorgetti, tuttavia, non sarà d’accordo e negherà quanto richiestogli.
«Come emerge per tabulas, il ministero – si legge in un atto inoltrato dai commissari al tribunale fallimentare di Roma – senza argomentare e sviluppare qualsivoglia deduzione che, anche sul piano logico e anche solo meramente fattuale, consenta di valutare e ricostruire le ragioni addotte a suffragio del diniego posto, si è limitato a sostenere in via apodittica l’insussistenza dei requisiti di legge richiesti ai fini della estensione».
Il ministro non motiva le sue ragioni, è l’“accusa”, in altre parole, dei precedenti commissari straordinari a cui, però, anche il tribunale di Roma nel 2022 rigetterà la richiesta su Isabella Bruno Tolomei Frigerio.
Perché? I giudici, nelle motivazioni, si “appelleranno” al decreto di un anno prima del ministro. «Nella procedura in oggetto sono demandate al Tribunale esclusivamente le valutazioni sulla sussistenza della insolvenza del soggetto nei riguardi del quale è stata richiesta l’estensione spettando invece al solo Ministero dello Sviluppo economico ogni valutazione e determinazione in ordine alla esistenza dei presupposti di legge per disporre tale estensione», scriveranno non a caso i magistrati della sezione fallimentare.
Vale a dire: secondo i giudici la valutazione in questione – quella sull’estensione della procedura di amministrazione straordinaria dalla persona giuridica (la società) alla persona fisica (Isabella Bruno Tolomei Frigerio) – sarebbe spettata solo a Giancarlo Giorgetti. Che però, come detto, si esprime, all’epoca, in maniera negativa.
Dopo il crac
Oggi, tuttavia, nelle carte giudiziarie che hanno portato i vertici di Condotte a vedersi notificato il 415bis con l’accusa di bancarotta fraudolenta sembra che si giunga alle stesse conclusioni dei commissari.
I vertici della società, compresa pertanto Isabella Bruno Frigerio Tolomei, avrebbero «cagionato un danno patrimoniale» di oltre un miliardo. Come? «Concorrendo – si legge nell’ordinanza del gip di Roma di dicembre 2024 – a distrarre e a dissipare» somme di denaro «acquistando in nome e per conto di Condotte beni e servizi distinti ad esclusivo beneficio personale o dei prossimi congiunti, come ad esempio i lavori di manutenzione, ripristino e giardinaggio effettuati presso Palazzo Tolomei, villa Mirabello e ulteriori immobili. Lavori, poi, di riscaldamento, relativi alla pavimentazione o alla fornitura di posa delle piante».
A Bruno Frigerio Tolomei (e ad Astaldi) viene contestato anche l’utilizzo «delle risorse umane alla dipendenze» della spa «presso le loro abitazioni private». Ancora tutta una serie di operazioni finanziarie, legate e riconducibili a ulteriori società, che avrebbero portato alla crisi e al fallimento di Condotte d’Acqua.
Nelle oltre duecento pagine di ordinanza (quella di rigetto delle misure cautelari personali, antecedente all’avviso di chiusura indagini) i pm scrivono: «La pg ha individuato le fatture da imputare a spese estranee al perseguimento dell’oggetto sociale di Condotte, sia perché relative a immobili nella titolarità o comunque disponibilità degli indagati sia perché relative a prestazioni che pacificamente esulano dall’oggetto sociale di Condotte».
Qualche esempio? I magistrati della procura di Roma specificano: «La realizzazione di un campo da tennis, la manutenzione di un affresco di palazzo Tolomei, l’acquisto di mobilio e biancheria di pregio, vari servizi». La stessa Tolomei, in sede di interrogatorio, si difenderà dichiarando che «si trattava di immobili di proprietà della sua famiglia, messi da sempre a disposizione di Condotte per motivi di rappresentanza o simili».
Ma i pm non ci stanno: «In realtà – si legge nel provvedimento – anche solo la natura delle spese sopra riportate (la caldaia, una cucina, il rifacimento del campo da tennis) è già di per sé incompatibile con i riferiti “eventi di rappresentanza”: si tratta di beni durevoli, destinati a soddisfacimento di immobili di soggetti diversi da Condotte».
Un buco, insomma, miliardario. Che, se ci fosse stato l’ok di Giorgetti, almeno secondo i commissari, sarebbe stato in parte recuperabile, andando a soddisfare i creditori che poi ne avrebbero avuto la peggio. Ma per il ministro nulla quaestio. «Non risultano elementi certi – scrive Giorgetti nel 2021 – a supporto della ricorrenza dei requisiti per l’identificazione degli atti posti in essere dalla persona fisica in nome proprio, né per la stabile organizzazione, nonché per l’idoneità dell’attività svolta dall’interessata a tradursi in una plusvalenza per il gruppo». Qualcuno gli ha dato torto.
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