I magistrati della procura di Roma non hanno dubbi. Il presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati quando era membro del Csm sarebbe stata “trafficata”, dunque usata, da Filippo Paradiso. Un poliziotto suo amico chiamato come collaboratore a Palazzo Madama che avrebbe, scrivono i pm nell'avviso di conclusioni delle indagini, «sfruttato e vantato» le relazioni con lei e altri pubblici ufficiali in modo da «farsi indebitamente promettere e consegnare denaro o altre utilità indebite da Piero Amara come prezzo della propria mediazione».

Amara non è un imprenditore qualsiasi: ex legale dell'Eni, insieme al suo amico e socio Giuseppe Calafiore, è al centro di delicate inchieste giudiziarie in mezza Italia, e da tempo ha deciso di collaborare con gli inquirenti. Indagato insieme a Paradiso, Amara avrebbe fatto favori al funzionario del Viminale con l'obiettivo di procurarsi gli agganci giusti nelle sedi istituzionali, e in quella che è la vera stanza dei bottoni del potere giudiziario: il Consiglio superiore della magistratura, di cui Casellati è stata membro dal 2014 al gennaio 2018.

Domani ha scoperto che la seconda carica dello Stato, che non è indagata, è stata sentita come persona informata sui fatti lo scorso luglio dai magistrati di Piazzale Clodio, proprio in merito ai suoi rapporti con Paradiso e con alcuni magistrati poi arrestati per corruzione: uno di questi, Giancarlo Longo, gli fu presentato proprio dall'ex consigliere.

Soldi e case

Andiamo con ordine. Paradiso oggi è distaccato al ministero dell'Interno, negli uffici del sottosegretario grillino Carlo Sibilia. Entrature importanti in Vaticano e saggista per diletto (ha pubblicato un libro su corruzione, concussione e, paradosso, sul traffico di influenze illecite) il poliziotto in passato ha lavorato con i ministri forzisti Claudio Scajola e Saverio Romano, e successivamente con l'ex capo di gabinetto di Matteo Salvini, Matteo Piantedosi. La Casellati ha per lui solo buone parole. «Paradiso? Lo conosco dal 2016. Il sottosegretario Gianni Letta me ne parlava assai bene per averlo conosciuto nel periodo del governo Berlusconi.

Per tali ragioni propose la sua candidatura per il partito chiedendomi di caldeggiarla, ma non venne accettata» dice a verbale il 10 luglio. «A seguito di tale fatto, Letta mi chiese se potevo accoglierlo nel mio staff. Lo accolsi a titolo gratuito a ottobre 2018, nella qualità di consigliere di convegni. In realtà avevo avevo in animo di sostituirlo con il dottor Claudio Maria Galloppi». Cosa avvenuta a gennaio 2019, quando i giornali accennano la prima volta all'inchiesta della procura sul consigliere.

Ora la Guardia di Finanza, i pm Paolo Ielo, Rodolfo Maria Sabelli e Fabrizio Tucci hanno chiuso le indagini e dovranno decidere se chiedere il rinvio a giudizio o l'archiviazione. Il documento è severo: «Paradiso sfruttando e vantando relazioni con pubblici ufficiali in servizio presso ambienti istituzionali (Consiglio di Stato, Corte dei Conti, Consiglio Superiore della Magistratura, e in particolare con la consigliera Elisabetta Casellati) si faceva indebitamente promettere e consegnare denaro e altre utilità indebite da Piero Amara come prezzo della propria mediazione», scrivono gli inquirenti.

I magistrati elencano «somme di denaro per un valore non inferiore ai 2000 euro», la messa a disposizione di una carta di credito usata da Paradiso per comprare anche biglietti aerei, fino «alla messa a disposizione per più di un anno di un appartamento a Trastevere».

Una casa offerta al poliziotto da Amara, ma di proprietà dell'ex magistrato contabile Luigi Pietro Caruso, che a luglio 2019 per alcune sentenze pilotate a favore di Amara ha patteggiato due anni e mezzo per corruzione in atti giudiziari. «Il reato è commesso tra il 2015 e il 2018, ed è aggravato per essere il Paradiso pubblico ufficiale», conclude l'accusa.

I legali del poliziotto hanno presentato corpose memorie difensive e, sentiti al telefono, provano a smontare le ipotesi degli inquirenti. «Amara e Paradiso erano solo buoni amici: lui gli ha comprato i biglietti aerei, ma nel contempo Paradiso gli offriva altre cose. Parliamo comunque di somme minime. La casa? Era a disposizione di più persone, il nostro cliente ci andava due giorni a settimana». Anche l'avvocato di Amara, Savino Mondello, getta acqua sul fuoco: «Nessuna utilità a Paradiso, ma solo scambi di natura amicale. E la Casellati Amara non l'ha mai nemmeno conosciuta».

Il pm corrotto

I magistrati romani durante l'interrogatorio chiedono alla Casellati anche di un suo incontro con Giancarlo Longo. Un pubblico ministero allora di stanza a Siracusa che cercava una promozione, e che aveva venduto la sua funzione pubblica ai due avvocati siciliani (come lo stesso Longo ha ammesso patteggiando una condanna a cinque anni di carcere). «Paradiso», ha detto l'ex magistrato prima ai pm di Messina e Perugia «organizzò» l'incontro con Casellati «in un bar fuori al Consiglio superiore della magistratura. Ho parlato con la Casellati della mia candidatura. Lei ha preso copia della mia domanda con i pareri di professionalità».

Per ottenere l'appoggio della Casellati, «sono andato insieme a Paradiso che mi era stato presentato un paio di settimane prima da Giuseppe Calafiore. Con la Casellati Paradiso era in ottimi rapporti...lei comunque non mi ha garantito nulla». L'agognata promozione alla fine non si concretizzò: Longo dopo poco subì un procedimento disciplinare, e il Csm promosse altri candidati sia a Ragusa che a Gela.

Se Paradiso ammette di aver accompagnato Longo dall'amica ma di non aver partecipato all'incontro, la presidente del Senato, quando i pm gli chiedono se ha mai incontrato Longo, dice: «Non ho memoria di tale incontro. Non sono in grado di escluderne o di affermarne l'esistenza. Quello che mi ricordo con certezza è che nel corso dei lavori relativi alla nomina del procuratore di Gela il nome di Longo non venne mai fuori».

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