Oggi la cucina tedesca riflette pienamente la poderosa presenza di italiani e figli di italiani, come testimoniano le circa 33mila insegne tricolori presenti in tutto il paese, dalle città più grandi a quelle più piccole. Ma che piatti cercano?
Questo articolo è tratto dal nostro mensile Cibo, disponibile sulla app di Domani e in edicola
Oltre gli stereotipi. Da anni ormai la cucina italiana in Germania sta evolvendo la sua offerta gastronomica, superando i noti piatti della tradizione. Ad agevolare il tutto c’è anche una presenza tricolore che rimane importante: secondo l’Istat sono 822.251 i connazionali presenti nel paese, circa un quarto di quelli che si trovano in tutta Europa e un settimo di quelli nel mondo.
A questi vanno aggiunti i circa 850mila tedeschi di origine italiana, figli di quei “lavoratori ospiti”, noti anche con il termine di Gastarbeiter, che, soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, si sono trasferiti in Germania in cerca di migliori condizioni di vita.
Oggi la cucina riflette pienamente questa presenza, come testimoniano le circa 33mila insegne tricolori presenti in tutto il paese, dalle città più grandi a quelle più piccole.
«Tra i milioni di immigrati italiani arrivati in Germania negli anni Cinquanta e Sessanta, molti hanno scelto di aprire ristoranti, pur essendo privi di una certa formazione professionale, e si sono adeguati a fare una cucina di paese, con ricette che conoscevano. In questo modo, però, hanno favorito una visione dei piatti italiani un po’ distorta: oggi ci sono ancora ristoranti che seguono ricette con ingredienti sbagliati, come la carbonara con l’aggiunta della panna. Un esempio ovviamente non corretto, anche se il cibo in Germania è più grasso rispetto a quello italiano a causa delle temperature più rigide», racconta lo chef Gianluca Casini, patron del ristorante italiano L’arte della cucina di Düsseldorf e presidente dell’Associazione italiana cuochi in Germania.
Il punto, secondo Casini, «è che questi locali hanno poi avuto successo e reso noti piatti italiani sbagliati. Oggi queste ricette si trovano soprattutto in molti ristoranti che si spacciano per “italiani”, ma che con il nostro paese non hanno alcun legame: sono infatti spesso gestiti da stranieri che magari hanno lavorato in un ristorante italiano e poi hanno deciso di aprirne uno, portando però avanti la stessa offerta degli anni Sessanta e Settanta».
Saper educare il pubblico
Saper far comprendere al pubblico tedesco il valore dell’ingrediente italiano è uno degli scopi dell’azienda Viani di Gottinga, città della regione nordoccidentale della Bassa Sassonia.
A dirigerla oggi è Remo Viani, nato in Germania da madre tedesca e padre italiano di Pietra Ligure. «Ci consideriamo ambasciatori della cultura culinaria italiana. Venuto in Germania per amore, mio padre ha aperto l’azienda nel 1973 iniziando a importare tartufi conservati e freschi, questi ultimi molto apprezzati soprattutto dai ristoranti. Successivamente i locali ci hanno richiesto anche prodotti diversi provenienti dalla tradizione mediterranea, come l’olio, il pesto e il prosciutto, e così abbiamo allargato il nostro business», sottolinea Viani.
E oggi qual è la percezione che ha il consumatore tedesco nei confronti del cibo italiano? «Secondo me, il primo step è stato fatto: noto che il cittadino tedesco comincia a interessarsi all’origine, alla produzione, all’uso dell’ingrediente italiano, ma fatica a riconoscere la qualità. Un esempio è l’olio d’oliva: per capire se vale oppure no raccomandiamo sempre di guardare l’etichetta e capire se c’è il marchio Dop o Igp. Di sicuro non manca la curiosità, anche nei confronti di prodotti particolari come la colatura di alici o il cappero di Pantelleria, diversi dai prodotti che si trovano in Germania», sottolinea il titolare dell’azienda Viani che, oltre a vendere prodotti italiani a consumatori, negozianti e ristoranti, organizza anche corsi di cucina.
Un’offerta autentica
«Da tempo vedo che il pubblico tedesco ha iniziato a capire: sente il fascino dell’Italia, si è documentato e ha viaggiato, conoscendo così la vera tradizione italiana e cominciando a chiedere un’offerta altrettanto autentica in Germania. Il problema maggiore, però, restano i costi: il trasporto dei prodotti dall’Italia ha subìto rincari significativi che non avvicinano il cibo made in Italy ai consumatori. Storia diversa, invece, per il vino, dove c’è maggiore cultura e con i prodotti che arrivano regolarmente grazie anche a Prowein, il Salone internazionale organizzato a Düsseldorf», racconta Casini.
La seconda generazione
A cercare i ristoranti italiani sono però anche i cittadini italo-tedeschi, che sperano di ritrovare i profumi e i sapori assaporati durante le visite ai parenti in Italia.
«La prima generazione è rimasta convinta che la loro fosse l’offerta migliore; quindi, ciò che è diverso viene malvisto. La seconda invece, nata in Germania, quando torna dai viaggi in Italia non trova quei piatti, quei profumi e quei sapori visti nel nostro paese. I tempi diversi, su cui chiaramente incide una certa differenza di informazioni e conoscenze, cambiano le percezioni tra le due generazioni», continua Casini. Per Viani, invece, tutto ciò ha un aspetto più personale.
«Cosa significa per me la cucina italiana? Per me è la patria, la nostalgia, il lungomare, la vita bella. Per me è tutto. Tra gli ingredienti dei piatti italiani sento le mie radici. Avere una casa e la mia famiglia paterna in Italia mi dà ancora una connessione con il mio paese d’origine», dice il titolare dell’azienda, che ricorda il suo lungo periodo a Milano e i viaggi in giro per l’Italia per conoscere i fornitori. Un doppio lato che lo aiuta ancora oggi. «Essere nato da madre tedesca e padre italiano mi permette di essere tedesco in Italia e italiano in Germania: un cambio di prospettiva che mi aiuta a conoscere entrambe le culture».
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