Il manager dei misteri finanziari della Lega di Matteo Salvini è stato in affari con un fondo del governo russo. Nell’ottobre del 2012 Angelo Lazzari, manager bergamasco originario di Sarnico, era un finanziere noto più che per i legami con il partito di Salvini al massimo per aver lavorato in Unicredit e per il suo ruolo di amministratore delegato del gruppo di investimento Arc con sede in Lussemburgo.

La stessa sigla che ritroviamo nel decreto di perquisizione della procura di Genova, del dicembre 2018, che da tempo indaga sul riciclaggio di parte dei 49 milioni di euro della truffa sui rimborsi elettorali. Lazzari è, dunque, l’anello di congiunzione tra i commercialisti del partito, sotto indagine a Milano, e il giallo dei 49 milioni.

Arrivano i russi

C’è un altro capitolo però che aiuta a capire il profilo di Lazzari. Ad aprile 2013 Arc lancia il fondo Isam, insieme a Rvc Infrafund, cioè un fondo di investimento della società di venture capital del governo russo, Russian venture company: destinato a finanziare imprese innovative e tecnologicamente promettenti.

Attraverso il fondo di private equity Isam, il fondo russo e la Arc di Lazzari vorrebbero «favorire lo scambio reciproco di competenze» tra Russia e Italia mettendo capitali al servizio delle imprese italiane che cercano espansione in Russia e di imprese russe interessate al mercato italiano. Al portale Private equity international Lazzari ha spiegato che l’obiettivo del fondo è di raccogliere 100 milioni di euro, di cui metà di capitali russi.

Il fondo Isam è gestito da una società lussemburghese, la Isam Sarl, che ha un capitale sociale di 100mila euro, sottoscritto per la metà dal fondo russo e per metà dal gruppo Arc. I documenti del registro delle imprese lussemburghesi mostrano che nel momento della costituzione della società, il 31 ottobre 2012, Lazzari rappresentava entrambi gli azionisti: il gruppo Arc ma anche il fondo russo, grazie a una delega ricevuta ai primi di settembre 2012. Una prova di fiducia non da poco in ambito finanziario.

Al momento della costituzione i manager della Isam sono cinque: oltre a Lazzari, c’è Riccardo Aimerito che era anche il rappresentante di un altro fondo del gruppo Arc, Iris fund sicav; Ferdinando Pelazzo responsabile della filiale moscovita di Ubi Banca; e due gestori di investimento russi, Mikhail Ievenko e Aleksej Medevedev. Il fondo del governo russo esce di scena a fine luglio 2014, dopo che il Consiglio europeo ha approvato nuove sanzioni alla Russia in seguito all’annessione della Crimea da parte di Mosca. Il fondo Rvc, interpellato sui progetti finanziati in quel periodo, non ci ha risposto.

La Isam ha cambiato nome in Innexto ma è ancora attiva. Fino al 2017, come azionista al posto del fondo russo è entrata la SoGeFid Spa, società fiduciaria e di revisione dei conti di Sarnico, il paesino della provincia di Bergamo da cui viene Lazzari. Non proprio lo stesso status di un investimento del fondo di venture capital di Mosca.

Contattata dal Domani la società si è rifiutata di parlare. Eppure al 31 dicembre 2019 tra i gestori della Innexto risultava il nome di Luigi Passeri che è anche amministratore delegato di SoGeFid Spa. Oltre a a Vito Luciano Mancini, un altro uomo che torna nelle inchieste sui fondi della Lega.

Da Mosca a Bergamo

Infatti, Mancini, così come Lazzari, lo ritroviamo nell’inchiesta della procura di Genova sul riciclaggio di parte dei 49 milioni. I magistrati di Genova sbrogliando la matassa societaria e seguendo i flussi di denaro sono arrivati in Lussemburgo. Al gruppo Arc di Lazzari, ma anche al fondo di investimento Pharus management, al quale è collegato Mancini. L’ipotesi dei magistrati genovesi è che almeno tre milioni di euro del partito siano rientrati in Italia tramite Pharus.

È Mancini, quindi, a connettere il fondo nel mirino della procura al gruppo Arc di Lazzari, l’apice della catena di controllo societario di sette piccole aziende bergamasche, tutte domiciliate nello studio di via Angelo Maj 24 a Bergamo di proprietà dei due commercialisti della Lega: Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, revisori contabili dei gruppi parlamentari e incaricati di gestire le finanze del partito di Salvini a partire dal 2014.

Fino al loro arresto, l’11 settembre scorso per peculato e turbativa d’asta, hanno affiancato il tesoriere del partito Giulio Centemero. Lo studio di via Angelo Maj resta ancora oggi il punto di contatto tra le fiduciarie lussemburghesi di Lazzari e gli uomini di Salvini. Qui infatti la guardia di finanza ha trovato il server della Pharus ripulito di ogni dato. E sempre in via Angelo Maj hanno sede le sette aziende controllate dalla catena societaria con la testa in Lussemburgo: tutte costituite a partire da giugno 2014, due amministrate direttamente dal tesoriere del partito e dal commercialista della Lega. Nel periodo, dunque, in cui Lazzari era ancora in società con gli uomini d’affari del Cremlino.

Un’operazione finanziaria effettuata tramite una di queste aziende, la Alchimia, mette in collegamento diretto il partito e il Lussemburgo. L’antiriciclaggio di Banca d’Italia l’ha segnalata come sospetta: il 10 agosto 2016 Centemero ha versato poco meno di 15mila euro sui conti della Alchimia «utilizzando provviste derivanti dall’accredito lo stesso giorno di un bonifico della Lega Nord e di un bonifico di una società riconducibile» alla coppia Manzoni-Di Rubba.

Nel nome di Putin

La procura di Genova, a dicembre 2018, ha perquisito lo studio dei commercialisti del partito. Nel decreto si legge che le sette aziende potrebbero aver partecipato al riciclaggio di parte dei 49 milioni. Nel documento firmato dal procuratore Francesco Pinto tornano i nomi di due società del gruppo Arc di Lazzari: Arc asset management e Arc advisory.

Quest’ultima azionista di Isam insieme al fondo governativo di Putin. Ombre russe che hanno accompagnato fin dall’inizio il percorso della nuova Lega di Matteo Salvini. Fin dal giorno della sua incoronazione a segretario, passando, poi, per la trattativa a Mosca gestita dal leghista Gianluca Savoini con lo scopo di finanziare il partito. 

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