Deas, i fantasmi di Crosetto: «Indagate sui pm di Roma». Ma Csm e Cantone archiviano

La strategia del ministro della Difesa Guido Crosetto nel suo tentativo di bloccare articoli sgraditi compie un ulteriore salto di qualità: una nuova richiesta di indagare sulle fonti dei giornalisti di Domani, arricchita dal sollecito al dicastero della Giustizia di provvedere a un’ispezione alla procura di Roma. Un atto che configura un vero e proprio attacco alla magistratura, l’ennesimo, e in particolare alla procura capitolina guidata da Francesco Lo Voi: dopo le accuse lanciate dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni per l’indagine sulla gestione del caso sulla scarcerazione del generale libico Almasri, quelle di ormai due anni fa su presunti complotti orditi da un gruppo di toghe rosse per abbattere l’esecutivo a colpi di inchieste (copyright, ancora una volta, Crosetto), dopo le continue frecciate del ministro della Giustizia in persona, Carlo Nordio, dirette ai pm, ecco che l’ultima richiesta di Crosetto contro i giornalisti è allo stesso tempo un tentativo di delegittimare il palazzo guidato da Lo Voi. In quest’ultimo caso però i desideri di Crosetto non sono stati esauditi: è arrivata una doppia richiesta di archiviazione su un’indagine e un procedimento avviato al Consiglio superiore della magistratura, entrambi scaturiti dai suoi esposti. Partiamo dall’inchiesta finita a Perugia: riguarda il fascicolo che la procura guidata da Raffaele Cantone ha aperto contro ignoti dopo un esposto del ministro, che chiedeva all’Ispettorato del ministero della Giustizia di sanzionare e fare indagare le possibili fonti di Domani dopo la pubblicazione di una serie di articoli su un’inchiesta dei pm capitolini riguardanti l’azienda di cybersicurezza Deas. Le fonti, secondo il ministro, sarebbero da individuare negli uffici della procura di Roma. La pratica avviata dal Csm, invece, è stata aperta sempre dopo l’arrivo dell’esposto del capo della Difesa con cui chiedeva di verificare se all'interno della procura di Roma vi fossero stati comportamenti regolari in merito a una presunta fuga di notizie sul procedimento in cui sono indagati in concorso per tentato peculato Stefania Ranzato, proprietaria di Deas, e Cristiano Cannarsa, amministratore delegato di Sogei. Dunque, dopo il caso Striano, scaturito proprio da un altro esposto del ministro e in cui sono indagati tre giornalisti di Domani, la storia sembra ripetersi. Almeno nel modus operandi “allargato”, in questo nuovo capitolo, anche ad articoli che non riguardano il ministro, ma imprenditori della cybersicurezza in affari con il suo ministero. E, nel caso di Carmine Saladino, in rapporti diretti e amicali con il politico. Resta comunque un mistero il perché il ministro della Difesa firmi esposti a raffica per difendere aziende private che prendono appalti pubblici. Tuttavia sia i pm del capoluogo umbro sia il Csm hanno chiesto di archiviare i rispettivi procedimenti. Il plenum del Csm l’ha fatto ieri, con voto unanime. Deas punta su Festucci, era in affari con Crosetto jr. Le richieste di Crosetto A ricostruire la genesi della caccia alle fonti è proprio Cantone, sentito dal Csm il 24 novembre scorso: «ll procedimento nasce da una trasmissione dell'esposto da parte dell'Ispettorato, che riceve l'esposto dell'onorevole Crosetto e lo trasmette (a noi, ndr). Crosetto, senza mai riferire che ci fosse una responsabilità di magistrati, chiedeva semplicemente di verificare se all'interno della procura di Roma vi erano stati o meno comportamenti non regolari...Devo dire che in prima lettura abbiamo anche un po’ traccheggiato perché non vi era una evidenza specifica di possibili profili di competenza, però ci è sembrato doveroso, per rispetto anche nei confronti dell'Ispettorato, chiedere informazioni alla procura di Roma, per capire se i procedimenti che facevano riferimento a quegli articoli fossero o meno non più riservati», ha riferito il procuratore di Perugia. All’Ispettorato, come si legge proprio nell’esposto del ministro, veniva chiesto di «procedere ad ispezione presso gli uffici della procura interessati all’indagine di cui sopra, e all’esito delle risultanze dell’ispezione procedere, eventualmente, attraverso l‘applicazione delle sanzioni previste dalle norme di riferimento nei confronti dei soggetti in forza presso gli uffici della procura di Roma individuati quali responsabili; infine, di procedere alla trasmissione degli atti alla procura della Repubblica per i reati eventualmente ravvisati ad oggi delineati nella rivelazione di segreto istruttorio, anche in concorso materiale e morale con gli autori degli articoli». Per il ministro era «necessario intervenire» davanti a una «conclamata fuga di notizie, di un'indagine particolarmente delicata, attualmente assegnata al procuratore Gianfranco Gallo sotto la direzione del procuratore Aggiunto Giuseppe De Falco». Con questa indicazione, però, Crosetto innesca un cortocircuito: perché il pm De Falco è il magistrato che coordina l’indagine sul caso Striano, ossia l’inchiesta sulla presunta fuga di notizie dalla procura nazionale antimafia partita proprio da un esposto del ministro della Difesa contro Domani. Crosetto ha giustificato quest’ultima denuncia contro i giornalisti e la procura di Roma perché «il dicastero (della Difesa, ndr) subiva un forte danno di immagine e reputazionale, con conseguenze gravi, sulla credibilità in ambito europeo, impatto negativo sui rapporti internazionali e verso ministri omologhi». Tra le informazioni nel mirino del ministro quelle sulle commesse milionarie ottenute da Deas dal ministero della Difesa, ancora, quelle relative all’ipotesi di compravendita della società Deas da parte di Saladino, quand’era a capo di Maticmind, estraneo all’indagine su Deas, ma sentito come persona informata dei fatti dai pm. Cybersicurezza, Ranzato si rilancia con l’ex grillino. Cgi group: «Il boom della Deas con Sogei» La replica di Crosetto A seguito dell’esposto di Crosetto, la procura di Perugia ha chiesto informazioni ai magistrati romani, che gli hanno trasmesso la relazione inviata all'Ispettorato: nulla di penalmente rilevante nelle notizie oggetto degli articoli. Da qui la richiesta di archiviazione sia dei pm perugini sia del Csm. C’è da aggiungere che alcune delle notizie pubblicate non erano di natura giudiziaria, ma riguardavano affidamenti e appalti tra Deas e il dicastero della Difesa. Un lavoro di scavo che ha permesso a Domani di svelare la mole consistente di commesse ottenuta dalla società di cybersicurezza e i possibili conflitti di interesse. Il ministro contattato, da Domani, ha risposto che ha « compiuto esclusivamente un atto dovuto e previsto dall’ordinamento che qualsiasi cittadino può compiere». Inoltre sulle aziende private ha specificato: « Davanti al fatto che ci fosse un riferimento al Dicastero della difesa il mio compito era chiedere che fosse chiarito ogni elemento. A tutela dello Stato non di altri». Infine sulla richiesta di ispezione in procura: «Ho chiesto al ministero della Giustizia di valutare se vi fossero i presupposti per accertamenti, come previsto dalla legge, in presenza di una possibile violazione del segreto istruttorio Io ho fatto ciò che l’ordinamento richiede: segnalare una possibile anomalia e rispettare le determinazioni dell’autorità giudiziaria». L’inchiesta sulla cyber. Saladino: «Ho “prestato” il mio personale a Deas»